Si chiama “Current challenges in focal epilepsy treatment” ed è un documento pubblicato sulla rivista “Epilepsy & Behavior” redatto da 52 esperti, con il supporto di Ethos. Il testo evidenzia anche l’importanza della diagnosi precoce, la gestione delle complicanze associate alla resistenza ai farmaci e l’analisi dei Patient Reported Outcomes (PROs) per valutare qualità della cura
Interventi tempestivi, piani di trattamento personalizzati, follow-up regolari. Sono alcune delle raccomandazioni per il trattamento dell’epilessia focale contenute nel documento di consenso intitolato “Current challenges in focal epilepsy treatment”, pubblicato sulla rivista “Epilepsy & Behavior”. Risultato di un impegno congiunto di 52 esperti, con il supporto di Ethos, il testo evidenzia anche l’importanza della diagnosi precoce, la gestione delle complicanze associate alla resistenza ai farmaci e l’analisi dei Patient Reported Outcomes (PROs) per valutare qualità della cura. “Dalla ricerca è emerso un forte consenso, pari al 90%, sull’importanza di intervenire tempestivamente sin dall’esordio della malattia – spiega Oriano Mecarelli, professore presso il Dipartimento di Neuroscienze Umane, La Sapienza Università di Roma e Past President LICE, la Lega Italiana contro l’Epilessia – ma si evidenzia anche una lacuna nei protocolli standardizzati di cura. Inoltre, l’86% dei partecipanti ritiene che ogni Regione dovrebbe avere un Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per l’epilessia, attualmente presente solo in cinque Regioni. Infine, il 79,6% ritiene che la consapevolezza sui Centri per l’epilessia e i trattamenti disponibili sia ancora insufficiente”.
Tra le problematiche emerse anche “un significativo gap nella gestione ottimale dell’epilessia focale, con il 30-40% delle persone con Epilessia che non raggiunge il controllo ottimale della malattia – spiega Giancarlo Di Gennaro, Direttore del Centro Epilessia presso l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed IRCCS di Pozzilli -. Eppure, la completa cessazione delle crisi è un obiettivo possibile”. Necessario anche un focus sul passaggio delle cure pediatriche a quelle dell’adulto. “È importante definirne le tappe – continua Federico Vigevano del Dipartimento di Neuroriabilitazione Pediatrica, IRCCS San Raffaele, Roma -. Penso, ad esempio, al passaggio ad un diverso specialista che si interseca con diverse esigenze di vita nelle dimensioni mediche, psicosociali ma anche professionali”.
L’epilessia è una malattia neurologica caratterizzata dalla persistenza di crisi epilettiche. Si tratta di una delle patologie neurologiche croniche più diffuse, tanto da essere riconosciuta, già dal 1965, come malattia sociale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nei paesi ad alto e medio sviluppo, come l’Italia, l’epilessia interessa circa una persona su 100. Si stima, quindi, che nel mondo vivano oltre 50 milioni di persone con epilessia in fase attiva (con crisi persistenti e/o tuttora in trattamento), in Europa circa 6 milioni e in Italia circa 500-600 mila, ma si pensa che la sua frequenza sia sottostimata, perché talvolta ancora oggi viene tenuta nascosta per motivi psicologici e sociali. Esistono delle forme di epilessia definite farmaco-resistenti, che non rispondono alla terapia farmacologica pure se assunta in maniera corretta. “In questo caso è coerente pensare ad una ulteriore opzione di trattamento” aggiunge Simona Lattanzi, Clinica Neurologica, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona. Ad oggi abbiamo circa una trentina di farmaci per curare le Epilessie ma, purtroppo, il 30% dei pazienti risulta farmaco-resistente.