Lavoro 10 Maggio 2024 11:26

Giornata Infermieri. Testimonianze: “Chi va via, e chi ritorna…”

Rosaria ha accolto l’ordine di servizio arrivato a dicembre 2013. Ad accompagnarlo una frase: “Sono pazienti particolari, si prenda cura di loro”. Era il 2013 e Rosaria da allora non ha mai smesso

Giornata Infermieri. Testimonianze: “Chi va via, e chi ritorna…”

C’è chi va via e chi torna. Rosaria Vilardo, per tutti Sara, ha 51 anni, da 30 è infermiera, vive e lavora a Caltanissetta. È una di quelle professioniste che, in controtendenza con l’attualità, dopo più di 10 anni di servizio nelle Asl del Nord Italia, insieme al marito, infermiere anche lui, ha deciso di tornare nella sua terra di origine, facendo ciò che fanno tutti gli infermieri: porsi in ascolto di chi ha bisogno per dare risposte soprattutto nel caso di malattie rare.

Nelle Provincia di Caltanissetta, c’è prevalenza elevata di pazienti affetti da talassemia e emoglobinopatie, patologie dalle quali non si guarisce, con le quali si convive, meglio se con servizi dedicati che forniscano assistenza continua. L’Unità Operativa Semplice Dipartimentale Talassemia è uno di questi servizi cui si rivolgono per le cure 94 pazienti, ed è nato 10 anni fa.

Rosaria ha accolto l’ordine di servizio arrivato a dicembre 2013 ad accompagnarlo una frase: “Sono pazienti particolari, si prenda cura di loro”. Era il 2013 e Rosaria da allora non ha mai smesso.

Ha avviato, nel vero senso della parola, il progetto U.O.S.D di Talassemia, dove per i primi mesi è stata l’unica unità infermieristica presente. Una storia di buona sanità in cui protagonisti sono i pazienti e il loro rapporto costante con i professionisti sanitari.

“Esiste una medicina basata sulle evidenze narrative – racconta Rosaria – dove al centro c’è il paziente con il suo vissuto, con la sua storia di vita (nelle varie fasi della loro vita: bambini, adolescenti, adulti), ma anche la storia genitoriale e familiare. Tale narrazione è integrata con le sensazioni, i dubbi e le emozioni provate da noi operatori sanitari nel prenderci cura. Privilegiare il contatto empatico con il paziente, per una medicina più umana, etica ed efficace . Mi fu affidato un mandato che richiedeva sapere, saper fare e saper essere: il cuore, l’empatia e poi la concretezza”. Rosaria proveniva dalla sala operatoria, esperienza utile nello sviluppo di un atteggiamento resiliente e della capacità di valutazione del rischio clinico.

“Nei primissimi mesi – continua Rosaria – l’attività lavorativa quotidiana era in divenire. Mentre facevo, ascoltavo i racconti dei pazienti. Non conoscevo il mondo della cronicità, provenivo da una realtà lavorativa diversa, la sala operatoria, dove il rapporto empatico con il paziente è contenuto in termini di quantità e, per la prima volta, confesso di aver provato tenerezza per persone che non hanno un tempo limitato di sofferenza che perdurerà per tutta la loro vita”. Ecco allora che il suo operato si è trasformato in un dovere morale da far convivere e collimare con il ruolo di mamma di tre bambini. “Mi sono trovata spesso nella condizione – continua l’infermiera -di dare ai miei pazienti certezze, entrando a tutti gli effetti nella loro vita e guidandoli anche nei vari cambiamenti che, per la sicurezza dei pazienti e degli operatori, sono stati compiuti. Tutto sempre in collaborazione, con i pazienti, ma anche con la Direzione Strategica , con le strutture sanitarie e gli operatori che fanno parte del sistema di assistenza e con cui è indispensabile creare alleanze”. Collaborazioni guidate da una priorità che da sempre orienta chi sceglie di essere infermiere: la formazione. “Bisogna essere lungimiranti – sottolinea Rosaria – essere pronti ad affrontare con competenza le necessità assistenziali che emergeranno. E soprattutto per il personale infermieristico della talassemia è indispensabile acquisire una formazione specifica per essere autonomi e permettere ai pazienti, anche giovanissimi, di vivere al meglio una malattia che non li abbandonerà mai”.

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