Uno studio guidato dall’Italia offre uno nuovo strumento per indirizzare le cure e capire qual è il momento migliore per un trapianto di midollo. Un importante passo avanti sulla strada della medicina di precisione
Il trapianto di cellule staminali è l’unica terapia potenzialmente curativa per i pazienti con sindromi mielodisplastiche (Mds), malattie del sangue che fanno registrare in Italia oltre 3mila diagnosi l’anno, specie tra gli anziani, e che possono preludere a una leucemia acuta. Capire quali sono i pazienti più a rischio di un’evoluzione maligna e qual è il momento migliore per un trapianto di midollo è fondamentale per definire il trattamento più efficace. Ora uno studio guidato dall’Italia offre uno nuovo strumento per indirizzare le cure, un passo avanti sulla strada della medicina di precisione. I risultati, frutto di una collaborazione tra medici, ricercatori e data scientists del Center for Accelerating Leukemia/Lymphoma Research (Calr) di Humanitas, Humanitas Ai Center e Politecnico di Milano – sono stati pubblicati sul ‘Journal of Clinical Oncology’ e sul ‘Journal of Clinical Oncology Cci‘ viene descritta la metodologia innovativa utilizzata.
Matteo Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas e docente di Ematologia dell’Humanitas University, e Francesca Ieva, docente di Statistica al Politecnico di Milano, hanno coordinato il gruppo internazionale che ha messo a punto il nuovo strumento di supporto alle decisioni cliniche (Clinical Decision Support System). Tra i parametri chiave da considerare c’è una ‘firma molecolare‘ che include caratteristiche genomiche della malattia, diverse da paziente a paziente. Lo studio è stato possibile grazie ai finanziamenti di due progetti europei – GenoMed4All e Synthema – e al sostegno di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. “Il trapianto di staminali, soprattutto in età avanzata – spiegano da Humanitas – presenta rischi e criticità. Oggi gli ematologi basano le loro decisioni su uno score clinico chiamato Ipss-R. È un indice calcolato a partire da valori come il numero di cellule leucemiche nel midollo osseo, i livelli di globuli bianchi, rossi e piastrine nel sangue ed eventuali anomalie cromosomiche nelle cellule ematiche, che però non fornisce informazioni sulla presenza nelle cellule tumorali di specifiche mutazioni genetiche determinanti per l’evoluzione delle Mds e per l’efficacia delle terapie”.
L’anno scorso lo stesso team capitanato da Della Porta aveva dimostrato l’utilità di un nuovo score molecolare detto Ipss-M. Un indicatore basato anche sulle mutazioni di 31 geni, che migliora la capacità di predire sia l’efficacia del trapianto di staminali sia l’aspettativa di vita dei pazienti con Mds. Con il nuovo studio, partito dall’analisi retrospettiva di oltre 7mila persone con Mds seguite in 26 centri tra Europa e Stati Uniti, gli scienziati hanno dimostrato che “l’utilizzo del nuovo sistema di supporto alle decisioni cliniche basato sullo score Ipss-M cambierebbe le scelte terapeutiche nel 17% dei casi”. In particolare, riporta Humanitas, usando il nuovo sistema “il 15% dei pazienti a cui oggi verrebbe effettuato il trapianto immediatamente beneficerebbe di una procedura dilazionata, mentre il 19% dei pazienti a cui normalmente il trapianto verrebbe ritardato beneficerebbe al contrario di un intervento immediato”. Questo, precisa Della Porta, accade “perché alcune mutazioni genetiche del tumore forniscono informazioni chiave sul reale rischio di progressione della malattia, oltre che sulla probabilità di recidiva. Includere tali mutazioni tra le informazioni su cui è basato il nuovo sistema di supporto decisionale permette di affinare la valutazione clinica, aumentando il profilo di rischio di alcuni pazienti e riducendo quello di altri, a parità di altri indicatori clinici”. Oggi molti ospedali non sono ancora in grado di effettuare test molecolari e genomici di routine. Tuttavia “i costi di queste analisi si stanno abbassando e le tecnologie necessarie per questi test stanno diventando sempre più accessibili”. Ecco perché, secondo gli esperti, “il passaggio a un approccio molecolare è oggi sempre più vicino”.
“Lo strumento che abbiamo realizzato rappresenta un passo avanti significativo nel campo della medicina personalizzata per i pazienti ematologici – rimarca Della Porta -. Con il nostro modello è possibile prevedere l’evoluzione della malattia di ciascun paziente con maggior precisione e suggerire il momento migliore per effettuare il trapianto – aggiunge l’autore, evidenziando che – questo risultato è stato possibile solo grazie a un ecosistema multidisciplinare per la ricerca, dove i medici sono in contatto con ricercatori esperti in ambito tecnologico, con il comune obiettivo di migliorare le cure per le persone con malattie del sangue. Questo ecosistema si è formato all’interno di Calr, una realtà innovativa per affrontare la sfida globale di creare programmi di medicina di precisione per tutti i pazienti”.
“Siamo molto orgogliosi e soddisfatti di questo risultato – commenta Ieva – esempio di come una proficua sinergia tra prassi clinica e analisi dei dati possa far fare passi avanti significativi alla ricerca, portando soprattutto beneficio ai pazienti. Questo risultato, basato su microsimulazione e modelli statistici avanzati, dimostra che oggi l’analisi dei dati è un partner irrinunciabile per i clinici. Sono molto grata al Politecnico per aver investito in modo significativo in questi anni sui temi della Health Data Science”.
“Il risultato ottenuto – conclude Della Porta – è stato possibile solo grazie alla collaborazione tra medici, data scientists ed esperti di intelligenza artificiale, e alla possibilità di accedere a migliaia di dati messi in condivisione all’interno del consorzio dei progetti Europei GenoMed4All e Synthema. Un bell’esempio di cosa si può fare per migliorare le cure collaborando a livello internazionale e mettendo insieme discipline e competenze diverse”.
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