In occasione del congresso dell’American society of clinical oncology (Asco), a Chicago, Aiom e Fondazione Aiom hanno illustrato le principali criticità che i malati oncologici devono affrontare in Italia
“Il cancro è epidemia continua: in Italia sono oltre mille le nuove diagnosi che si registrano ogni giorno e si stima che i nuovi casi aumenteranno stabilmente di circa l’1% ogni anno. Per questo, il governo ed il Parlamento devono avere ben chiaro che l’oncologia rappresenta una parte importante ai fini della tenuta del Sistema sanitario nazionale, ed ha bisogno di investimenti veri e congrui”. È questo l’appello lanciato dal presidente dell’Associazione italiana di oncologia clinica (Aiom), Franco Perrone, in occasione del congresso dell’American society of clinical oncology (Asco) a Chicago. “Grazie ai continui progressi della ricerca – spiega Perrone – assistiamo ad un enorme aumento della domanda di assistenza, in termini di visite ed esami, da parte dei pazienti oncologici. Questi pazienti, infatti, in moltissimi casi oggi fortunatamente si cronicizzano e la sopravvivenza è notevolmente migliorata. Di contro, però, negli ultimi 20 anni la crescita del personale sanitario e medico e delle strutture non è andata di pari passo. Siamo, dunque, inadeguati e non riusciamo a rispondere alla crescente richiesta dei pazienti”. Una criticità da affrontare subito poiché , avverte Perrone, “nei prossimi anni aumenteranno ancora i pazienti che si cronicizzeranno e avranno bisogno di cure ed esami su un lungo periodo”.
Secondo gli oncologi il quadro attuale della situazione imporrà, in un futuro non troppo lontano, anche una rivisitazione dei criteri con cui seguire i pazienti in follow up. Infatti, rileva il presidente eletto Aiom Massimo Di Maio, “aumentano i casi di tumore ma anche la complessità del follow up dei pazienti: oggi, ad esempio, un paziente oncologico necessita di un numero di tac molto maggiore proprio perché la malattia si cronicizza, e questo vale per una serie di altri esami”. Da qui, la necessità di “aumentare il numero di strutture sanitari disponibili, così da poter rispondere alla domanda crescente di esami, coinvolgendo sempre più centri esterni agli ospedali”.
Le medesime difficoltà di accesso agli esami, a causa di liste di attesa troppo lunghe, sono state messe in evidenza anche dal Presidente di Fondazione Aiom, Saverio Cinieri: “Come dimostrato da uno studio pubblicato su Annals of Oncology – spiega – nel 2024 il tasso di mortalità per il carcinoma al colon-retto tra i giovani, tra i 25 e i 49 anni, in Italia aumenterà dell’1,5% tra gli uomini e del 2,6% tra le donne rispetto al periodo 2015-2019. Invece nella fascia d’età compresa fra 50 e 69 anni, inclusa nell’attuale programma di screening colorettale, nel 2024 è prevista una diminuzione dei decessi del 15% negli uomini e del 16% nelle donne. Anticipare l’età dello screening per questa neoplasia, quindi non più a partire dai 50 anni ma dai 45, consentirebbe di salvare più vite”. Anche negli Stati Uniti il tumore del colon-retto sta diventando sempre più diffuso negli under 50: alla fine degli anni ’90 era la quarta causa di morte per cancro sia negli uomini sia nelle donne più giovani, oggi è la prima negli uomini e la seconda nelle donne. Le nuove raccomandazioni della U.S. Preventive Services Task Force, sottolinea Cinieri, “hanno dunque abbassato l’età iniziale dello screening per cancro colorettale a 45 anni”. Questo programma di prevenzione secondaria “è in grado di individuare, oltre alla presenza di un tumore in persone asintomatiche, anche adenomi, cioè polipi, potenzialmente in grado – conclude – di trasformarsi in cancro”.
In Europa, dal 1988 a oggi, i progressi contro i tumori hanno salvato più di sei milioni di vite. Risultati ottenuti grazie alla combinazione di più fattori: riduzione del fumo di sigaretta e maggiore attenzione agli stili di vita sani, più diagnosi precoci grazie agli screening, terapie sempre più efficaci e multidisciplinarietà. Il risultato è che oggi in Europa sono 23,7 milioni i cittadini (12,8 milioni donne e 10,9 milioni uomini) vivi dopo una diagnosi di cancro, con un aumento del 41% in 10 anni (2010-2020). E il nostro Paese fa registrare nel Vecchio Continente il più alto numero di donne vive dopo la diagnosi in rapporto alla popolazione (6.338 casi per 100mila abitanti, pari a circa 1.939.000 donne). È la “dimostrazione dell’eccellente livello del nostro Ssn – afferma Il presidente Aiom, Francesco Perrone -. Tuttavia c’è una forte criticità: devono essere affrontati aspetti organizzativi, a partire dai tempi troppo lunghi per l’accesso all’innovazione. In Italia, i cittadini colpiti dal cancro attendono ancora oltre un anno – conclude – per poter essere trattati con terapie innovative già approvate a livello europeo”.
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