Dal 19 al 21 giugno a Roma la 16° edizione di ICAR: attenzione per prevenzione e trattamento dell’HIV, ma anche per Infezioni Sessualmente Trasmesse, Covid, Epatiti, vaccini, infezioni emergenti
“Le sfide poste dall’HIV si stanno rinnovando: la popolazione affetta dal virus invecchia come la popolazione generale grazie all’efficacia delle terapie, ma d’altro canto aumentano le comorbidità e le possibili interazioni farmacologiche”. Così, Roberto Parrella, Presidente SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali –, presenta la 16° edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research che, dopo sei anni, torna a Roma dal 19 al 21 giugno, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Novità scientifiche e un nuovo approccio sempre più deciso della comunità scientifica, supportata dalle istituzioni e con il contributo della Community, verso una corretta informazione sulle malattie infettive trasmesse per via sessuale saranno gli spunti principali dai quali prenderà vita l’evento. “Accogliamo con soddisfazione il coinvolgimento di tanti giovani ricercatori, che devono essere preparati a questa nuova fase: oggi abbiamo strumenti di prevenzione come la PrEP, mentre la terapia antiretrovirale permette alle persone con HIV di avere una qualità di vita simile alla popolazione generale – continua Parrella -. Tuttavia, l’infezione è ancora presente e minacciosa e come tale deve essere considerata. Per questo, è necessario rilanciare campagne di informazione corrette e sempre più aggiornate”.
“Il claim di questa edizione di ICAR ‘Research and care: from bench, to bedside, to community’ evidenzia il nostro intento: non esiste ricerca clinica senza un pieno coinvolgimento del paziente – aggiunge la Prof.ssa Antonella Cingolani, Ricercatore Malattie infettive, Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, Roma -. Oggi la terapia antiretrovirale permette di garantire una sopravvivenza ai pazienti HIV positivi che si avvicina sempre di più a quella della popolazione generale. Se la terapia è assunta regolarmente, la viremia si può azzerare fino a rendere il virus non trasmissibile, come sancito dall’equazione U=U, Undetectable=Untrasmittable. Ciò non significa che l’HIV sia sconfitto, anzi, resta un ampio sommerso, come dimostrano le diagnosi tardive che emergono ogni anno, con pazienti talvolta già in AIDS. I nuovi strumenti a disposizione poi ci impongono di pensare a un trattamento personalizzato per ogni paziente e a una terapia che possa durare per decenni”.
I nuovi farmaci a lunga durata, i cosiddetti long acting, rappresentano il traguardo più recente raggiunto dalla ricerca, con ulteriori prospettive di sviluppo. Già oggi la terapia antiretrovirale ha reso l’HIV un’infezione cronica, con la corretta assunzione che rende il virus non rilevabile nel sangue. “Siamo a una svolta nella terapia per l’HIV – sottolinea il Prof. Antonio Di Biagio, professore Associato Malattie Infettive, Università di Genova-. Già con i nuovi farmaci, disponibili da circa due anni, abbiamo potuto allungare la periodicità della somministrazione a otto settimane per la terapia iniettiva intramuscolo e a sei mesi per la via sottocutanea. Tuttavia, con i long acting attualmente a disposizione si stima che solo il 50% delle persone con HIV (dati coorte ARCA – Antiviral Response Cohort Analysis) possa accedere a questi trattamenti. Con i nuovi farmaci, i cui studi sono in fase 2 e 3, che in Italia probabilmente saranno disponibili dal 2025, la stragrande maggioranza dei pazienti potrà fruire di trattamenti a rilascio prolungato, con benefici per l’aderenza terapeutica, per la qualità della vita, per la lotta allo stigma, visto che si tratta di una terapia che impatta pochissimo sulla quotidianità, garantisce efficacia a lungo termine e bassa tossicità”.
Finanziato dal Ministero della Salute, ispirato all’approccio estensivo all’educazione alla sessualità (Comprehensive Sexuality Education – CSE) raccomandato dall’UNESCO, il progetto EduForIST è giunto nel 2024 alla sua terza edizione. “EduForIST è un’iniziativa di ampio respiro che parte dai cambiamenti che si incontrano in età adolescenziale nel corpo, nelle emozioni, nelle relazioni, affronta l’orientamento sessuale e l’identità di genere, per poi arrivare a temi come la prevenzione dell’HIV e delle Infezioni Sessualmente Trasmesse – spiega Massimo Farinella, Responsabile Salute Circolo Mario Mieli –. In Italia non è istituzionalizzata l’educazione sessuale e affettiva, quindi riveste particolare importanza per la capacità di diffondere informazioni rilevanti. Ad oggi è organizzato da una molteplicità eterogenea di enti e associazioni, ma auspichiamo che possa essere istituzionalizzato e implementato, con dei protocolli di riferimento e una formazione continua anche del personale docente. In alcune zone d’Italia mancano associazioni sul territorio, pertanto EduForIST può rivelarsi uno strumento potentissimo per la prevenzione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse, nonché l’unico canale informativo per i più giovani”.
Oltre all’HIV, non mancano approfondimenti su altre tematiche infettivologiche di attualità. Tra gli argomenti di rilievo, la ricerca del sommerso per l’Epatite C, per la quale i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta permettono di eliminare il virus definitivamente, in poche settimane e senza effetti collaterali. “A distanza di oltre quattro anni dalla comparsa del Sars-CoV-2, sappiamo che la popolazione è ampiamente immunizzata e che il virus ha cambiato natura, ma resta l’allerta sui pazienti fragili, come gli anziani, i malati cronici, gli immunodepressi, i quali possono andare incontro a malattia grave – spiega la Prof.ssa Giulia Marchetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università degli Studi di Milano –. Per proteggere queste persone servono le vaccinazioni, di cui auspichiamo un’ampia copertura nella prossima campagna autunnale, e l’impiego precoce di anticorpi monocolonali e farmaci antivirali. L’altro aspetto che sarà analizzato a ICAR è il Long Covid, ossia quelle forme di stanchezza cronica, dolori muscolari, brain fog. Secondo alcuni studi americani ancora in svolgimento, gli antivirali – conclude – potrebbero prevenire anche questi sintomi”.
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