Un gruppo di scienziati del Karolinska Institutet in Svezia ha sviluppato nanorobot che possono essere utilizzati per uccidere le cellule tumorali e agire in maniera specifica, senza danneggiare i tessuti sani
Sembra fantascienza, ma non lo è: un gruppo di scienziati del Karolinska Institutet in Svezia ha sviluppato nanorobot che possono essere utilizzati per uccidere le cellule tumorali e agire in maniera specifica, senza danneggiare i tessuti sani. Stando a quanto pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, i ricercatori hanno testato l’innovativo approccio antitumorale su un modello murino. Lo stesso gruppo di ricerca aveva sviluppato delle strutture in grado di provocare la morte specifica delle cellule, agendo grazie a specifiche strutture presenti sulla superficie delle cellule.
“Queste formazioni presentano sei catene di amminoacidi in un motivo esagonale”, spiega Björn Högberg, che ha coordinato lo studio. “Per evitare che il farmaco agisca in modo indiscriminato su tutte le cellule del corpo, abbiamo aggiunto una nanostruttura realizzata dal DNA stesso. Siamo riusciti a fare in modo che il meccanismo si attivi solo quando si trova all’interno e intorno a un tumore solido. In altre parole – continua – abbiamo creato un nanorobot in grado di colpire specificatamente le cellule tumorali”. In analisi cellulari precliniche, gli autori hanno dimostrato che l’arma peptidica è nascosta all’interno della nanostruttura a un pH normale di 7,4, ma che ha un effetto citotossico drastico quando il pH scende a 6,5.
Successivamente, gli esperti hanno testato l’iniezione del nanorobot in un modello murino con tumori al seno. Stando a quanto emerge dalla sperimentazione, il trattamento poteva portare a una riduzione del 70 per cento della crescita tumorale, rispetto agli esemplari a cui è stata iniettata una versione inattiva del nanorobot. “Nei prossimi step – afferma Yang Wang, altra firma dell’articolo – indagheremo per capire se questo trattamento è efficace in modelli di cancro più avanzati. Prima di valutare un trial con pazienti umani, dobbiamo inoltre comprendere i potenziali effetti collaterali di questo metodo”.
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