La ricerca, iniziata cinque anni fa, ha analizzato i dati raccolti grazie ai test prescritti alle pazienti seguite dal Centro senologico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana in circa vent’anni e relativi a circa 5mila famiglie
Finora è stato comunemente chiamato gene Jolie, ovvero con il cognome dell’attrice – Angelina Jolie – che ha reso pubblica la sua decisione di sottoporsi ad una mastectomia preventiva, e poi anche alla rimozione delle ovaie, dopo aver scoperto di essere positiva al Brca 1, gene che aumenta il rischio di ammalarsi di tumore della mammella e delle ovaie. Ora, alla luce di una recente scoperta, gli scienziati potrebbero ribattezzarlo gene della Garfagnana o della Versilia. Stando ai risultati di uno studio pubblicato sull’International Journal of Molecular Science, la variante patogenetica del gene Brca1 proverrebbe, infatti, da un’antenata o da un antenato della Garfagnana o della Versilia, comunque della provincia di Lucca, vissuta/o 3mila anni fa. La scoperta, opera della sezione di Genetica molecolare dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (Aoup), è stata presentata al convegno dei Breast ovarian cancer Consortia, tenutosi a Riga la settimana scorsa.
Le varianti patogenetiche dei geni Brca1 e Brca2 sono responsabili di una percentuale che va dal 30 al 50% dei tumori ereditari della mammella e delle ovaie: le donne portatrici hanno una probabilità particolarmente elevata di sviluppare cancro al seno (tra il 45 e il 79%) e/o cancro alle ovaie (tra il 39 e il 48%).”La ricerca, iniziata cinque anni fa – spiega Maria Adelaide Caligo, direttrice della Genetica molecolare dell’Aoup e coordinatrice dello studio – ha analizzato i dati raccolti grazie ai test prescritti alle pazienti seguite dal Centro senologico dell’Aoup in circa vent’anni e relativi a circa 5mila famiglie. Una volta individuate le portatrici delle varianti patogenetiche, sono stati testati anche i familiari: fratelli, figli e, quando possibile, i genitori. Da questa estesa e approfondita ricerca sono emerse ventisette famiglie che, tra loro non avevano alcuna apparente correlazione, ma che condividevano la stessa variante patogenetica del gene Brca1″.
Utilizzando poi gli strumenti della genetica di popolazione, che studia l’ereditarietà genetica in gruppi di individui, è stata “individuata la progenitrice (o progenitore), comune alle 27 famiglie, della mutazione che provoca tumore ovaie e mammelle: è vissuta (o vissuto) circa 3mila fa, lo spazio di 155 generazioni, e presumibilmente era nata (o nato) in Garfagnana o in Versilia. “La nostra ricerca – spiega la dottoressa Caligo – è inquadrata tra gli obiettivi del Consorzio internazionale Enigma, che si occupa di studiare il significato patologico delle varianti identificate nei geni che predispongono ai tumori di mammella e ovaio. Siamo parte di un sottogruppo di Enigma che si è occupato di questa variante del gene Brca1: c’era bisogno di classificarla come variante patogenica e questo è avvenuto a Riga sulla base anche della nostra ricerca” che ha coinvolto la Fondazione Pisana per la scienza, il Dipartimento di ricerca traslazionale e nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, l’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr.
A sottolineare l’importanza delle ricerche genetiche è Manuela Roncella, direttrice del Centro senologico dell’Aoup che ha preso parte allo studio: “Gli esiti vengono declinati sul paziente che viene preso in carico dai professionisti del Centro senologico in base ai fattori di rischio con controlli personalizzati o chirurgia profilattica, sempre con un approccio multidisciplinare. Avere la possibilità di questa ricerca all’interno del centro clinico ci consente di essere all’avanguardia con le cure proposte alle pazienti. L’identificazione di portatori di mutazioni di geni di predisposizione allo sviluppo di tumori – conclude – è un dato utilissimo per pianificare efficaci strategie di screening e prevenzione”.
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