Aumenti salariali, turni di lavoro, nuove assunzioni e coperture assicurative: sono questi gli argomenti principali che secondo Massimo Cozza, segretario nazionale della Cgil medici, dovranno essere affrontati in autunno dal tavolo negoziale che, dopo otto anni di attesa, dovrà trovare un accordo sul rinnovo del contratto dei camici bianchi
Si dovrebbero chiudere entro l’anno le trattative per il nuovo contratto dei medici. Ma in ogni caso per l’esito dei negoziati si dovrà attendere un passaggio fondamentale: l’approvazione della Legge di Bilancio 2018 che dovrà prevedere lo stanziamento dei fondi destinati all’aumento dei salari dei camici bianchi. Inizia da qui l’intervista al segretario nazionale della Funzione Pubblica – Cgil Medici, Massimo Cozza, con cui prosegue l’indagine di Sanità Informazione per sondare proposte, intenzioni e dubbi dei sindacati di categoria sul rinnovo.
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Tra i temi toccati dal Segretario Cozza anche le modifiche agli orari di lavoro, che ad oggi costringono i medici a turni spesso massacranti, da accompagnare a nuove assunzioni e alla stabilizzazione di un vero e proprio «far west dei contratti»; infine, gestione del rischio clinico e assicurazioni, così come modificati dalla recente Legge Gelli. Queste le questioni principali che, a detta di Cozza, dovranno essere affrontate e risolte dal tavolo contrattuale Sindacati – ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni).
Segretario, iniziamo con una delle notizie che probabilmente interesserà più i medici: il capitolo degli aumenti salariali. Nel novembre si era raggiunto un accordo con il governo che prevedeva un aumento di circa 85 euro al mese, ma ci sono effettivamente questi fondi?
«Ad oggi i fondi non ci sono, quindi noi chiediamo che siano stanziati nella prossima Legge di Bilancio, altrimenti senza soldi non si può chiudere un contratto dopo ben otto anni di congelamento degli stipendi dei medici pubblici. Inoltre bisogna ricordare che nell’accordo fatto da Cgil, Cisl e Uil si parlava di un aumento di almeno 85 euro di media e come base di partenza, che adesso si sono trasformati in 85 euro per tutti… però noi abbiamo aperto tutta una serie di capitoli che dovranno essere affrontati nei prossimi mesi, a cominciare dalla possibilità di recuperare la retribuzione di anzianità».
Un altro tema che dovrà essere affrontato è quello dell’orario di lavoro, che dovrà adeguarsi alla nuova normativa europea. Quali sono le prospettive in merito?
«Il riposo è fondamentale sia per il medico che per il cittadino che ha il diritto a non farsi operare, tanto per fare un esempio, da un medico stanco, ma ha diritto a un chirurgo nel pieno dell’efficienza psico-fisica. Con questo contratto dobbiamo rimettere a posto una situazione che negli ultimi otto anni ha visto medici sempre più anziani e sempre più soli fare le notti e turni di reperibilità incontrollati. Ma per cambiare tutto questo è ovvio che a monte debba esserci la volontà politica di investire nel servizio pubblico, di porre fine a un indiscriminato blocco del turn over e a piani di rientro non solo regionali ma anche aziendali: i tagli, o le razionalizzazioni, come li chiama qualcuno, che le aziende ospedaliere sono costrette ad affrontare, alla fine ricadono sempre sulle spalle del personale, quando aree in cui lo spreco di denaro è importante, dagli appalti alla trasparenza alla corruzione, non vengono mai toccate. Per avere un risparmio immediato la pratica più comune è il blocco del turn over, a nocimento di medici, infermieri e cittadini».
Quindi è necessario procedere con nuove assunzioni e immettere forze nuove e più fresche nel sistema?
«Sicuramente nuove assunzioni, ma noi per il rinnovo del contratto chiediamo anche il superamento di tutti i rapporti di lavoro atipici: non è ammissibile che aziende pubbliche utilizzino medici a gettone o facciano delle gare con cooperative di medici; stiamo veramente andando verso un totale Far West dei contratti degli operatori in sanità. Se serve un medico deve essere assunto, a tutela della qualità del lavoro per medici e cittadini».
Che impatto avrà sul nuovo contratto la Legge Gelli sulla responsabilità professionale?
«La possibilità di avere un osservatorio di monitoraggio dei rischi clinici è sicuramente un bene, anche perché la medicina non solo non è una scienza esatta, ma come in tutte le cose della vita c’è una percentuale di possibilità di errore che dobbiamo ridurre al minimo. E per fare ciò bisogna mettersi tutti intorno a un tavolo e vedere cosa non ha funzionato nella catena. Anche perché adesso si pretende la guarigione a tutti i costi, nonostante ancora purtroppo non siamo in grado di curare o intervenire in maniera efficace su tutte le malattie. Mi auguro quindi che questa novità della Legge Gelli possa servire ad affrontare tutta la problematica del rischio clinico. Adesso bisogna però vedere come queste buone intenzioni verranno applicate dagli ospedali e dalle Asl, perché non vorremmo che venissero utilizzate per scaricare le responsabilità sui medici. E proprio per evitare questo, nella piattaforma contrattuale unitaria di Cgil, Cisl e Uil abbiamo chiesto che nel contratto si faccia chiarezza sulle assicurazioni delle strutture sanitarie, che dovrebbero avere la possibilità di unificare le risorse com’era un tempo, consentendo loro di stipulare polizze con le compagnie assicurative che siano di maggior tutela per i medici. Quindi, per concludere, bisognerà mettere dei paletti e delle regole per consentire un miglioramento dell’attuale situazione assicurativa».