Il segretario Giacomo Milillo: “Non sono rivendicazioni economiche, ma organizzative”. È rottura con le Regioni
Ci sono i mesi della prevenzione ed ora anche quelli della protesta. Maggio è quello che vede in trincea i medici di base. Con lo slogan “Io non vado col primo che capita. Il mio medico di famiglia lo scelgo io”, la Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) ha svelato il crono-programma che segnerà le varie fasi della protesta.
Si parte dalla petizione – diretta al premier, al ministro della Salute e ai presidenti delle Regioni – contro “l’abolizione del medico di famiglia” e si arriva – attraverso una lunga serie di iniziative – alla sciopero nazionale del 19 maggio. Sotto accuso lo stallo delle trattativa sul rinnovo della Convenzione con la frattura che si è fatta ancora più netta proprio nelle ultime ore: la Federazione dei medici di famiglia ha infatti lasciato il tavolo con il responsabile Sanità delle Regione, Claudio Montaldo e la Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (la SISAC rappresenta la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale), andando in rotta di collisione con gli altri sindacati. Questo è avvenuto quando è stato ufficializzato – disattendendo l’intesa di marzo – che sarebbero stati toccati gli emolumenti dei Mmg per finanziare le nuove Aggregazione Funzionale Territoriali (Aft) e non si sarebbe più dunque garantita l’autonomia organizzativa dei medici.
I nodi salienti della protesta sono stati illustrati in una conferenza stampa, al termine della quale il segretario Fimmg Giacomo Milillo ha fatto il punto sulla situazione ai microfoni di Sanità Informazione.
Momento particolarmente caldo per i medici di famiglia e la FIMMG, il più grande sindacato dei medici di Medicina Generale, è pronta a mettere in campo una serie di iniziative.
Un momento caldissimo. Vogliamo denunciare all’opinione pubblica e ai cittadini i rischi che si stanno correndo. Innanzitutto lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale e delle sue prestazioni, che le Regioni – per questioni di bilancio – stanno progressivamente tagliando. Vengono ridotti finanziamenti al Ssn piuttosto che intervenire su apparati politici e burocratici. L’altro pericolo enorme è che il cittadino perda la possibilità di scegliere il suo medico di famiglia, e che dunque venga svuotato il rapporto di fiducia. Parliamo di campagna contro l’abolizione del medico di famiglia, perché di fatto la Regione vuole asservirlo agli interessi economici dell’azienda, e non vogliono più che sia tutore degli interessi dei cittadini.
Nel corso della conferenza, insieme alle varie forme di protesta, è stato confermato lo sciopero del 19 maggio.
Sì, anche perché è stata riconfermata la posizione ostativa da parte delle Regioni, per cui riteniamo doveroso fare una corretta informazione. Lo sciopero è rivolto soprattutto alle istituzioni e ci dispiace che possa creare qualche difficoltà ai cittadini. In realtà noi per tutto il mese di maggio, attraverso: manifesti, la consegna di documenti e di volantini e aprendo gli studi il sabato e la domenica, informeremo i cittadini, chiarendo che le nostre non sono rivendicazioni economiche, ma solo ed esclusivamente organizzative.
A proposito dei problemi della categoria, che spesso si ripercuotono sui cittadini, altra situazione delicata è quella degli orari di lavoro. Spesso si va oltre i limiti imposti dall’Unione europea.
Tutti i medici del Ssn, non solo quelli di Medicina Generale sono comunque guidati da un elemento di responsabilità nei confronti del cittadino e di attenzione alla sua salute, dove l’orario e altri aspetti passano in secondo piano. I medici accettano un sovraccarico di lavoro, il problema è che le Regioni ne approfittano perché per risparmiare sono pronti a sovraffaticare un medico con l’aumento anche del rischio di errore.
È opportuno quindi che le istituzioni ne prendano atto e prendano provvedimenti.
Credo che sia un bene che la Conferenza delle Regioni sia esautorata dalla gestione della sanità, e che il governo pur rispettando la flessibilità e l’autonomia periferica riprenda in mano tutta la faccenda: le Regioni stanno ammazzando il Servizio sanitario nazionale.