A dare voce ai pazienti e agli specialisti che li curano, coinvolgendo anche rappresentanti delle istituzioni, è la nuova puntata di The Patient’s Voice, il format di Sics e Popular Science dedicato all’ascolto delle esigenze dei pazienti e al confronto con le istituzioni e i clinici.
Diagnosi tempestive, presa in carico completa e accesso alle cure equo in tutto il territorio nazionale. È quello che oggi il nostro Servizio sanitario nazionale non riesce sempre a garantire ai pazienti con psoriasi pustolosa generalizzata (GPP) ed è quello che a gran voce chiedono coloro che sono costretti a convivere con questa forma rara, grave e invalidante di psoriasi. A dare voce ai pazienti e agli specialisti che li curano, coinvolgendo anche rappresentanti delle istituzioni, è la nuova puntata di The Patient’s Voice, il format di Sics e Popular Science dedicato all’ascolto delle esigenze dei pazienti e al confronto con le istituzioni e i clinici. Ospiti della puntata Valeria Corazza, presidente dell’Apiafco, Associazione psoriasici italiani, amici della Fondazione Corazza; Maria Concetta Fargnoli, vicepresidente della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e di Malattie Sessualmente Trasmesse (SiDeMaST) professore ordinario di dermatologia all’Università degli Studi dell’Aquila; il Senatore Orfeo Mazzella della 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale.
La psoriasi pustolosa generalizzata è una forma rara e grave di psoriasi. Si caratterizza per la presenza di pustole giallo-brune e sferiche in varie parti del corpo. Si caratterizza anche per prurito, dolore e bruciore. “Non conosciamo bene la reale prevalenza della malattia“, spiega Fargnoli. “È una malattia che è caratterizzata da un’attivazione della componente innata del sistema immunitario e si presenta con dei ‘flair’, cioè con delle riacutizzazioni. È una patologia cronica – continua – che definiamo auto-infiammatoria con delle pustole sterili che sono costituite da cellule che si chiamano neutrofili. Le pustole, di solito, compaiono così all’improvviso, spesso su un’area che è più eritematosa o in forma generalizzata, quindi sull’intero corpo. Le manifestazioni cutanee si associano a bruciore e a dolore. Poi possono comparire anche febbre e malessere generale”.
Visto che la GPP può manifestarsi all’improvviso, è importante che il medico, che per primo approccia il paziente, riesca a identificare correttamente la malattia perché tende poi ad aggravarsi rapidamente. “Il paziente può andare incontro anche a complicanze di tipo infettivo e a disturbi elettrolitici”, spiega Fargnoli. “Può dare delle complicanze a livello anche d’organo, quindi a livello epatico e renale e dà una morbilità importante con un impatto notevole sulla qualità di vita”, aggiunge. Il secondo problema riguarda il fatto che è una malattia con un andamento cronico che ha varie possibili riacutizzazioni. “Non è sempre facile arrivare alla diagnosi perché qualche volta il paziente può avere una storia di psoriasi a placche classica che poi, in determinati momenti, con dei trigger specifici che possono essere le infezioni, la gravidanza oppure anche quando sospendiamo bruscamente i corticosteroidi assunti per via orale, può dare luogo a manifestazioni tipiche della GPP”, sottolinea l’esperta. “Altre volte il paziente non ha proprio una storia di psoriasi a placche e quindi questo rende molto più difficile la diagnosi. Ma una diagnosi certa e rapida – aggiunge – è importantissima per instaurare una terapia precocemente in modo da evitare le complicanze”.
La classe medica è tutt’ora impegnata nel dare una corretta definizione di questa malattia. “Stiamo lavorando su una classificazione e per dare ai colleghi di altre discipline dei ‘red flags‘ che possano aiutarli a identificare precocemente i pazienti”, dice Fargnoli. “Quando parliamo di GPP abbiamo due necessità. La prima – continua – è quella di far fronte alle riacutizzazioni importanti: lo dobbiamo fare presto in maniera rapida ed efficace, cercando di determinare una remissione della fase acuta. La seconda necessità è quella di cercare di garantire un controllo della malattia nel tempo perché sono pazienti che possono avere anche 3, 4, 5 recidive in un anno e questo ha un impatto in termini di qualità di vita“. Quindi è necessario intervenire in due momenti.
Ad oggi non esiste una terapia mirata contro la GPP. “Ma speriamo di averla da qui a poco”, dice Fargnoli, specialmente grazie ai progressi della ricerca. “Si è visto che nella psoriasi pustolosa generalizzata – spiega l’esperta – è coinvolta una via di segnalazione particolare, l’interleuchina-36. Quello che facciamo oggi è di mutuare i trattamenti della psoriasi a placche, chiamiamola ‘normale’, nella psoriasi pustolosa generalizzata che ha un meccanismo patogenetico diverso. Quindi i trattamenti che utilizziamo, siano essi tradizionali o biologici, non sono specifici per questa malattia”. Ne consegue che le terapie attualmente disponibili per la GPP non danno sempre i risultati sperati. “Non ci consentono il controllo completo del flare e molto spesso il paziente, tra una flare e l’altro, continua ad avere dei sintomi. Quindi non riusciamo ad avere una remissione completa delle manifestazioni cliniche e di mantenerla nel tempo. Questo è il motivo per cui noi abbiamo oggi bisogno di una terapia specifica che ci aiuti e abbia come target specifico il meccanismo patogenetico di questa malattia”, conclude Fargnoli.
Uno degli ostacoli che i pazienti con GPP incontrano prima di arrivare a una diagnosi dipendono molto spesso da una scarsa formazione dei medici. “Capita purtroppo che un’esplosione improvvisa della malattia spinga i pazienti ad andare in pronto soccorso dove, invece di chiamare subito un dermatologo, a causa della presenza delle pustole vengono presi in carica da immunologi, i quali se non sono a conoscenza di questa patologia, possono dare al paziente terapie controproducenti, che possono addirittura peggiorare la situazione”, spiega Corazza. “Il nostro obiettivo è dunque continuare a fare moltissima sensibilizzazione”, aggiunge. E questo verso l’opinione pubblica, verso le istituzioni e verso la classe medica per cercare di eradicare lo stigma da cui ancora oggi la psoriasi, in tutte le sue forme, è colpita.
Dello stesso avviso è il Senatore Mazzella. “È necessario, prima di tutto, comprendere a fondo di che cosa stiamo parlando perché se non lo comprendi non sei neanche in grado di legiferare”, dice, ricordando che, proprio grazie alla presidente di Apfiaco, la GPP è stata già portata all’attenzione del Senato. “Le istituzioni possono fare molto, in primo luogo sul riconoscimento della patologia dai medici perché non si è ancora stratificata in campo universitario una conoscenza diffusa a 360 gradi delle malattie rare, di cui la GPP fa parte. Adesso esistono, fortunatamente, tutta una serie di master di primo e di secondo livello – continua – a cui possono accedere diverse figure che consentiranno gradualmente di riconoscere anche tutta una serie di malattie rare. Ma il ruolo fondamentale svolto dalle associazioni non può essere vicariato in questo momento neanche dalle università. Credo che le associazione debbano essere prese da esempio e che le stesse possano essere inserite nei percorsi formativi all’interno delle università”.
E ancora, “è importante formare il personale medico, ma è anche molto importante formare il paziente”, aggiunge Corazza. “Questa è una cosa che abbiamo molto a cuore e per questo facciamo moltissima formazione e informazione. Inoltre – continua – cerchiamo di dare molto spazio alla tutela dei diritti delle persone con psoriasi. Perché, pur essendo moltissime – circa 2 milioni, di cui almeno 150.000 con una forma gravissima – questa patologia cronica con tutte le comorbidità che l’accompagnano, non fa ancora parte del Piano nazionale della Cronicità”. L’auspicio della presidente è che nei prossimi anni la patologia possa essere inserita per un più tempestivo intervento e presa in carico soprattutto dei casi più gravi.
L’accesso alle cure per chi soffre di psoriasi, compresa la GPP, non è uguale in tutto il territorio italiano e spesso è difficile. “Non è così facile accedere ai farmaci che sappiamo che possono cambiare la vita”, evidenzia Corazza. “I motivi sono molteplici perché in realtà in Italia abbiamo 21 diversi Servizi Sanitari Nazionali e quindi, a seconda di dove nasci, puoi già considerarti più fortunato o sfortunato di un’altra persona. C’è ancora un grande pellegrinaggio per la salute – continua – e questi sono tutti ostacoli che devono assolutamente essere eliminati in un paese civile come il nostro. Ed è per questi motivi che noi siamo sulle barricate, giorno dopo giorno: non per fare delle battaglie, ma per cercare nelle istituzioni, che sono quelle che possono prendere delle decisioni che ci cambiano la vita, un modo di collaborare e di renderli consapevoli come certe patologie come la psoriasi possano essere veramente devastanti per chi le ha”.
“È necessario sicuramente raccordarsi e coordinarsi”, risponde il Senatore Mazzella. “Il problema dell’accesso alle cure oggi evidente per le malattie croniche o per altre malattie potrebbe addirittura acuirsi nel momento in cui le Regioni dovessero acquisire ulteriori forme di autonomia. Questo è un monito”. E aggiunge: “Avere una visione unitaria delle malattie rare a livello istituzionale è una necessità”. Secondo Mazzella, tutti insieme “istituzioni, stakeholder, mondo della ricerca scientifica e sanitari dobbiamo andare nella stessa direzione e dobbiamo reclamare due cose: maggiori risorse e anche un aumento del personale”.