I risultati della ricerca, pubblicata su Nature, indicano che molto probabilmente i bovini trasmettono l’aviaria anche per via aerea, ma solo tra animali della stessa specie: dalle analisi genetiche condotte finora è emerso che, al momento, il virus non ha caratteristiche tali da permettere il contagio da uomo a uomo
Che il virus dell’influenza aviaria possa fare un ulteriore salto di specie, diventando così trasmissibile da uomo ad uomo, è la maggiore preoccupazione degli scienziati di tutto il mondo. E non si tratta di un’eventualità improbabile. Intanto, nei laboratori Cornell University di Ithaca, i ricercatori sono riusciti a dare una risposta ad uno dei quesiti più dibattuti degli ultimi mesi: come ha fatto il virus H5N1 dell’influenza aviaria a fare il salto di specie dagli uccelli ai mammiferi, acquisendo la capacità di trasmettersi nei bovini? “I dati epidemiologici e genomici indicano un’efficiente trasmissione da mucca a mucca dopo che bovini apparentemente sani sono stati trasportati dall’azienda agricola in cui vivevano in un altro Stato”, si legge nello studio, che la rivista Nature ha pubblicato in tempi rapidissimi e che ha come primo firmatario il genetista Leonardo Caserta, del dipartimento di Medicina veterinaria della Cornell. Quanto agli uccelli selvatici trovati morti nelle fattorie, i ricercatori sospettano che la causa sia una contaminazione ambientale o di aerosol durante la mungitura o la pulizia dei recipienti utilizzati per la mungitura.
I risultati della ricerca indicano che, molto probabilmente, i bovini trasmettono l’aviaria anche per via aerea, ma solo tra animali della stessa specie: dalle analisi genetiche condotte finora è emerso che, al momento, il virus non ha caratteristiche tali da permettere il contagio da uomo a uomo. La capacità acquisita, che ha causato la diffusione anche tra i mammiferi, si deve a “un’interfaccia non tradizionale del virus HPAI H5N1 clade 2.3.4.4b”, spiegano i ricercatori, che offre al virus “la capacità di attraversare le barriere di specie”, aggiungono.
La ricerca ricostruisce l’evoluzione del virus dell’aviaria negli Stati Uniti a partire dal gennaio 2022, con la morte di milioni di uccelli domestici e migliaia di uccelli selvatici. Inizialmente si riteneva che le mucche fossero probabilmente infettate da uccelli selvatici, con sintomi che vanno dalla riduzione dell’appetito a difficoltà respiratorie, fino a una produzione di latte inferiore e ad una qualità del latte che mostrava anomalie. Sempre negli ultimi due anni negli Stati Uniti sono stati identificati 11 casi di influenza aviaria nell’uomo, quattro dei quali collegati ad allevamenti di bovini e sette ad allevamenti di pollame. Il primo risale all’aprile 2022 e i quattro più recenti sono stati segnalati in Colorado. “Questi ultimi si sono ammalati con lo stesso ceppo identificato nello studio come circolante nelle mucche da latte, portando i ricercatori a sospettare che il virus proveniva probabilmente da aziende lattiero-casearie della stessa contea”, spiega il virologo Francesco Broccolo, dell’Università del Salento.
Al momento, aggiunge l’esperto, “il sequenziamento dell’intero genoma del virus non ha rivelato alcuna mutazione nel virus che porterebbe a una maggiore trasmissibilità di H5N1 negli esseri umani, sebbene i dati mostrino chiaramente la trasmissione da mammifero a mammifero, che è preoccupante in quanto il virus può adattarsi nei mammiferi”. I dati indicano inoltre che il virus è in grado di infettare particolati tipi di cellule, come quelle della ghiandola mammaria, tanto che nel latte sono state trovare alte cariche virali, anche la pastorizzazione è in grado di neutralizzare la carica virale. Q. “Lo studio conferma e prova la trasmissione efficiente e sostenuta senza precedenti del virus dell’influenza aviaria H5N1 (clade 2.3.4.4b) altamente patogena da mammifero a mammifero” e che, “mentre il virus ha la capacità di infettare e replicarsi nei bovini, negli esseri umani l’efficienza di tali infezioni è bassa. La preoccupazione – conclude Broccolo – è che potrebbero sorgere potenziali mutazioni in grado di portare all’adattamento ai mammiferi e in futuro alla trasmissione efficiente negli esseri umani”.
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