Nel 2023 hanno partecipato agli screening il 55% della popolazione target al carcinoma mammario, il 34% a quello del colon-retto e il 41% alla cervice uterina. Cognetti (FOCE): “Dati in miglioramento ma vi sono ancora una scarsa informazione dei cittadini e problemi burocratici-organizzativi nei programmi regionali”
Migliorano i dati degli screening oncologici nel nostro Paese anche se risulta ancora lontano l’obiettivo del 90% entro il 2025 richiesto dalle istituzioni europee. Nel 2023 per la diagnosi precoce del tumore della mammella il 55% delle donne si è sottoposto alla mammografia (nel 2018 lo ha fatto il 46%). Il 34% degli uomini e delle donne over 50 ha svolto la ricerca del sangue occulto nelle feci per il carcinoma del colon retto (era il 35% nel 2018). Per la neoplasia alla cervice uterina invece lo scorso anno il 41% delle donne, come nel 2022, ha fatto l’HPV o il Pap Test (nel 2018 il Pap Test fu eseguito dal 35%). “Sono dati in miglioramento dopo i difficili anni della pandemia durante i quali molti esami di prevenzione oncologica secondaria sono stati interrotti e rinviati. Tuttavia, rimangono ancora bassi i tassi d’adesione e soprattutto si registrano grandi differenze a livello regionale”. Con queste parole, il prof. Francesco Cognetti, Presidente di FOCE (Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi) commenta i recenti dati del 2023 pubblicati dall’Osservatorio Nazionale Screening (ONS).
Nell’anno 2023 l’adesione allo screening colorettale ha mostrato valori più bassi in Calabria (6%), Sicilia (14%) e Lazio (19%). I più alti sono stati registrati in Veneto (64%), Valle D’Aosta (63%) e Friuli-Venezia Giulia (52%). Nello screening cervicale i tassi di adesione minori si registrano in Sicilia e Molise (22%) e nel Lazio (26%). I valori più alti sono invece in Friuli-Venezia Giulia (77%), Provincia Autonoma di Trento (67%) ed Emilia-Romagna (63%). Infine, nell’adesione allo screening mammografico le Regioni con i numeri peggiori sono Calabria (16%), Molise (32%), Campania (33%) ma anche Sicilia (34%) e Lazio (41%). Sul podio invece arrivano la Provincia Autonoma di Trento (78%), Veneto (76%) e Umbria (73%).
“Alcuni dati di singole Regioni sono francamente inaccettabili e spesso riscontriamo differenze vistose anche tra ASL confinanti – prosegue il prof. Cognetti-. Rimangono tuttavia forti le disuguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese e preoccupano molto i tassi decisamente bassi registrati nel Lazio, la seconda Regione italiana. Infatti, per il carcinoma del colon-retto e quello della cervice uterina i dati sono solo rispettivamente del 19% (19° posto su 21 tra Regioni e Provincie Autonome) e del 27% (19°) come anche per il carcinoma della mammella solo 41% (17° posto) e quindi nettamente inferiori alla media nazionale. Vi è ancora una sottovalutazione generale da parte della popolazione dovuta anche ad una scarsa informazione. Vi sono però anche problemi burocratici ed organizzativi che non sempre favoriscono la partecipazione da parte della popolazione target. Le nuove tecnologie, offerte dal web e dalle telecomunicazioni, dovrebbero essere maggiormente sfruttate per coinvolgere i cittadini come già avviene in alcuni territori”.
Solo nel 2023 le tre neoplasie hanno fatto registrare in Italia più di 108mila nuovi casi. “La diagnosi precoce dei tumori è fondamentale – conclude il presidente di FOCE-. È dimostrato da numerosissime pubblicazioni scientifiche come gli screening siano in grado di ridurre i tassi di mortalità per i carcinomi del colon-retto, della cervice uterina e della mammella. Va perciò ribadita e incentivata in tutto il Paese la prevenzione secondaria di tumori molto diffusi, ma il cui impatto può essere ridotto. Servono anche campagne d’informazione e di sensibilizzazione rivolte all’intera popolazione. Queste devono essere condotte sia a livello nazionale che dalle singole Regioni”.
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