In particolare, ricercando i quantitativi di cadmio, tungsteno, uranio, cobalto, rame e zinco: livelli elevati di questi metalli nelle urine, infatti, sono associati ad un aumento dell’incidenza di malattie cardiovascolari e di mortalità
Un esame delle urine potrebbe rivelare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. In particolare, ricercando i quantitativi di cadmio, tungsteno, uranio, cobalto, rame e zinco. Livelli elevati di questi metalli, infatti, sono associati ad un aumento dell’incidenza di malattie cardiovascolari ed alla mortalità per queste stesse patologie. A rivelarlo un nuovo studio della Columbia University Mailman School of Public Health, pubblicato sulla rivista Circulation. “Si tratta del più grande studio prospettico sull’associazione tra i metalli presenti nelle urine e il rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari”, commenta Irene Martinez-Morata, autrice principale dello studio. Gli studio condotti finora, come spiegato dagli stessi scienziati nell’introduzione della ricerca, si sono limitati “all’analisi degli effetti di arsenico, cadmio e piombo”.
Nello studio sono stati coinvolti 6.599 adulti statunitensi, il 53% sono donne e l’età media generale è 62,1 anni. Tutti i partecipanti sono stati seguiti per quasi 20 anni, dal 2000 al 2019. La presenza nelle urine dei sei metalli insieme valutati dai ricercatori – cadmio, tungsteno, uranio, cobalto, rame e zinco – sono stati associati ad un aumento del 29% del rischio di malattie cardiovascolari e a un aumento del 66% del rischio di morte nel periodo di durata dello studio. Durante il follow-up, 1.162 partecipanti hanno sviluppato malattie cardiovascolari e 1.844 sono deceduti.
“Questo studio epidemiologico su adulti statunitensi indica che i livelli di metallo urinario sono associati ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e mortalità”, scrivono i ricercatori nelle conclusioni della ricerca. Successivamente, è stato identificato un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e mortalità anche per ogni singolo metallo. “I nostri risultati possono guidare nuove strategie di previsione del rischio e di prevenzione per migliorare la salute cardiovascolare, inducendo ad una riduzione di esposizione ai metalli in diverse popolazioni”, conclude Martinez-Morata.
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