La testimonianza esclusiva del dottor Alessandro Cristaudo
Nei concitati soccorsi direttamente in mare e, subito dopo, nei centri d’accoglienza sono le nostre mani il primo contatto tra i migranti e l’Italia”. Il dottor Alessandro Cristaudo racconta così – in esclusiva a Sanità Informazione – la sua esperienza a Lampedusa con il C.I.S.O.M. (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta).
Proprio in queste ore in cui gli sbarchi si sono intensificati (secondo le stime del Viminale sono 7mila le persone arrivate solo negli ultimi giorni), la figura dell’operatore sanitario, ha visto confermare la sua centralità nelle operazioni di soccorso. Ed in attesa che si trovi una soluzione, anche a livello internazionale, in prima linea – insieme a forze armate e volontari – ci sono proprio i medici. Ed il loro è un ruolo delicato e pieno di insidie oltre che di responsabilità. E nessuno, meglio di chi vive direttamente sul campo quell’esperienza, può raccontare le criticità che si incontrano e offrire una testimonianza diretta di quanto sia complicato districarsi sulla sottile linea che separa uomo e professionista davanti a scene di forte impatto e grande disperazione e a scelte che danzano sulla linea sottile tra la vita e la morte.
E questo trapela con estrema chiarezza dalle parole di Alessandro Cristaudo. “Davanti a numeri di questo genere, le difficoltà logistiche aumentano e spesso ti portano al limite – spiega il medico – e va considerato che ci troviamo a soccorrere 1500 o 1700 migranti su una nave della Marina, equipaggiati con uno zaino e, nelle situazioni migliori, con una medicheria di bordo a disposizione e con la possibilità di garantire nell’immediato, almeno, un pasto caldo ed un riparo dalle intemperie, a chi è stato in balia del mare per giorni e giorni”.
Senza sottovalutare il rischio delle epidemie: difficile non solo da gestire, ma anche da individuare. “La formazione in questo caso è fondamentale – prosegue il dottor Cristaudo – così come le precauzioni da prendere. Può sembrare banale, ma dobbiamo prepararci con attenzione anche nelle operazioni di vestizione e svestizione dalle tute isolanti e dai guanti. Vanno creati, negli spazi angusti in cui dobbiamo muoverci in quelle situazioni, dei percorsi preferenziali dove isolare e smaltire tutto ciò che può innescare dei contagi con effetti incontrollabili”. Accortezze fondamentali mentre resta forte la minaccia di Ebola e di numerosi virus tornati prepotentemente alla carica, come ad esempio la scabbia. “Nel caso di Ebola – spiega Cristaudo – scattano operazioni di bio-contenimento ad hoc, ma ad ogni modo sarebbe necessario oltre che opportuno essere adeguatamente preparati. Il problema è che questo impone spesso tempi lunghi e mezzi adeguati, ma spesso siamo costretti ad operare in situazione di emergenza pura con migliaia di persone, con tante donne e bambini, e si procede con quanto mette a disposizione la Marina e lo Stato”. Formazione e informazione giocano un ruolo fondamentale, ma la missione del medico – davanti al dramma – finisce per andare oltre i limiti. “Lavorando in pronto soccorso sono abituato ai turni massacranti – conclude il dottor Cristaudo – ma queste situazioni non hanno termini di paragone: al tuo fianco vedi marinai che si alternano dormendo per giorni al massimo 2 o 3 ore e viene spontaneo fare quello che anche per noi è un dovere”.
E intanto è stato creato, proprio a Lampedusa, un Istituto, vigilato dal Ministero della Saluto, che da questa settimana al 30 novembre, offrirà assistenza medico-specialista ai migranti. A loro disposizione – sette giorni su sette – due medici, un antropologo e un mediatore transculturale esperto in ambito sanitario, nella sede allestita ad hoc nel Centro locale di primo soccorso e accoglienza.