Salute 6 Settembre 2024 14:43

Semaglutide e rischio suicidi: “Chi lo prescrive informi il paziente su possibili effetti collaterali e valuti il suo stato mentale”

Un nuovo studio ha esaminato il database globale dell’Oms sulle sospette reazioni avverse ai farmaci: individuati 107 casi di persone con ideazione suicidaria collegati a semaglutide

Semaglutide e rischio suicidi: “Chi lo prescrive informi il paziente su possibili effetti collaterali e valuti il suo stato mentale”

I farmaci antidiabete dimagranti, come la semaglutide, possono provocare pensieri suicidari? All’interrogativo, che già ha scatenato un ampio dibattito nel mondo scientifico nei mesi scorsi, offre un’ulteriore risposta – parzialmente positiva – uno studio pubblicato su ‘Jama Network open’. Per condurre questa nuova ricerca gli studiosi hanno attinto al database globale dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle sospette reazioni avverse ai farmaci. “Nello specifico – spiegano gli autori – sono state analizzate le segnalazioni di eventi avversi che comportavano pensieri suicidi, di autolesionismo e comportamenti o tentativi suicidari/autolesionistici associati a semaglutide e liraglutide, raccolte tra novembre 2000 e agosto 2023. Sono stati individuati 107 casi di persone con ideazione suicidaria collegati a semaglutide e 162 legati a liraglutide”. Al lavoro hanno partecipato Corrado Barbui e Chiara Gastaldon dell’università di Verona  (UniVr), oltre a Georgios Schoretsanitis, psichiatra e ricercatore dello Zucker Hillside Hospital di New York negli Usa.

Il ruolo di antidepressivi e benzodiazepine

Alla luce dei risultati ottenuti, gli autori italiani invitano alla prudenza e sottolineano la necessità di nuovi studi per chiarire il nesso causale tra questi farmaci e le ideazioni suicidarie. Un rapporto causa-effetto, infatti, al momento non è dimostrato. “Un risultato rilevante dello studio – spiegano i ricercatori dell’ateneo veronese – è stato che semaglutide è associata in modo sproporzionato a segnalazioni di ideazione suicidaria. Questa associazione è rimasta statisticamente significativa anche quando i pazienti assumevano altri farmaci come antidepressivi o benzodiazepine, mentre non era significativa in persone che non assumevano antidepressivi, suggerendo un possibile aumentato rischio in persone con depressione o storia di depressione oltre che diabete e obesità. Inoltre, la sproporzione era notevolmente più elevata per semaglutide rispetto ad altri farmaci antidiabetici per il diabete di tipo 2 e l’obesità come dapagliflozin, metformina e orlistat. Lo studio ha evidenziato questo aumento delle segnalazioni di idee suicidarie legato alla semaglutide, ma necessita di ulteriori indagini urgenti per chiarire i potenziali rischi e stabilire se esista davvero un nesso causale in questa correlazione”, precisano gli esperti che comunque ritengono il risultato del lavoro “particolarmente preoccupante dato l’uso diffuso e in espansione di semaglutide sia per la gestione del diabete che per la gestione dell’obesità”.

Informare i pazienti sui possibili rischi prima di prescrivere il farmaco

“Sulla base di questi risultati – afferma Chiara Gastaldon, che ha coordinato lo studio della Sezione di Psichiatria del Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e scienze del movimento dell’università di Verona – suggeriamo che i medici che prescrivono semaglutide informino i loro pazienti sui rischi dei farmaci e valutino la storia psichiatrica e lo stato mentale dei pazienti prima di iniziare il trattamento con semaglutide, agendo con prudenza, valutando approfonditamente rischi e benefici in chi soffre di depressione o ha sofferto di depressione, ideazione suicidaria o tentati suicidi”. Inoltre “incoraggiamo gli operatori sanitari a monitorare e consigliare i pazienti che utilizzano semaglutide a segnalare depressione nuova o in peggioramento, pensieri suicidari o eventuali cambiamenti insoliti dell’umore o del comportamenti. Studi futuri dovrebbero fornire uno sguardo più attento al rischio di ideazione suicidaria associata a semaglutide in persone con precedenti di disturbi psichiatrici o in persone con disturbi psichiatrici in comorbidità”, prosegue l’esperta. “Anche la tirzepatide – aggiunge – un duplice agonista dei recettori Gip e Glp-1 recentemente approvato per il trattamento dell’obesità, dovrebbe essere monitorata da operatori sanitari ed esperti di farmacovigilanza. Scoraggiamo l’uso di questo farmaco per impiego diverso da quello per il quale è stato autorizzato e senza alcuna supervisione medica, come successo in diversi Paesi”.

La farmacosorveglianza continua…

“I medici e i pazienti – puntualizza  Gastaldon – non dovrebbero interpretare questi risultati come prova della relazione causale tra ideazione suicidaria e semaglutide, poiché gli studi di farmacovigilanza non possono dimostrarlo, ma mostrano solo un’associazione tra l’uso di semaglutide e segnalazioni di ideazione suicidaria”. Le ricerche in corso su semaglutide e rischio suicidi, rimarcano da UniVr, confermano “l’importanza di una tempestiva sorveglianza post-marketing proattiva. La farmacovigilanza raccoglie e analizzai casi di eventi avversi, fornendo un quadro sulla sicurezza dei farmaci nella vita reale, dove i soggetti possono essere esposti a una serie di farmaci aggiuntivi e possono avere comorbilità (notevoli criteri di esclusione degli studi clinici pre-marketing)”. Sia l’Agenzia del farmaco americana Fda che l’europea Ema stanno proseguendo la sorveglianza sul tema utilizzando diversi dati post-marketing.

 

 

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