Uno studio pubblicato su Lancet Neurology offre una panoramica completa di come l’incidenza della malattia sia aumentata in modo esponenziale dagli anni ’90 ad oggi
Ogni anno sette milioni di persone nel mondo perdono la vita a causa di un ictus, altri cinque milioni riescono a sopravvivere, spesso con gravi forme di disabilità. Dei 12 milioni di ictus che si verificano annualmente a livello globale in tre casi su quattro si tratta di individui che vivono in Paesi a basso e medio reddito. L’ictus è, attualmente, considerata la terza causa di morte a livello mondiale. Gli esperti non escludono che la patologia possa scalare ulteriormente la classifica, considerando che l’inquinamento atmosferico, le alte temperature e i fattori di rischio metabolici – come sovrappeso e pressione alta – stanno alimentando l’aumento globale degli ictus.
Uno studio pubblicato su Lancet Neurology offre una panoramica completa di come l’incidenza della malattia sia aumentata in modo esponenziale dagli anni ’90 ad oggi. Tra il 1990 e il 2021, il numero di persone che hanno avuto un nuovo ictus è cresciuto del 70%, sfiorando quota 11,9 milioni nel 2021. I morti per ictus, invece, sono aumentati del 44%, nel 2021 sono stati 7,3 milioni. Anche la quantità complessiva di disabilità in seguito all’ictus ha subito un notevole incremento: con un +32% si è passati dai 121,4 milioni di anni di vita sana persi nel 1990 ai 160,5 milioni nel 2021. Lo studio è basato sull’analisi del Global Burden of Disease, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) che a ottobre sarà presentata al World Stroke Congress ad Abu Dhabi. “La rapida crescita del numero di persone che sviluppano ictus, muoiono o restano disabili a causa dell’ictus suggerisce fortemente che le attuali strategie di prevenzione non sono sufficientemente efficaci”, commenta Valery Feigin, autore principale, dell’Università di Tecnologia di Auckland.
In Italia l’ictus è la seconda causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore: è responsabile del 9-10% di tutti i decessi e rappresenta la prima causa di invalidità. Ogni anno, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, si registrano nel nostro Paese circa 90mila ricoveri dovuti all’ictus cerebrale, di cui il 20% sono recidive. Il 20-30% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese dall’evento e il 40-50% entro il primo anno. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza. L’ictus è più frequente dopo i 55 anni, la sua prevalenza raddoppia successivamente ad ogni decade; il 75% degli ictus si verifica nelle persone con più di 65 anni. La prevalenza di ictus nelle persone di età 65-84 anni è del 6,5% (negli uomini 7,4%, nelle donne 5,9%).
L’ictus è altamente prevenibile, con l’84% del carico di ictus nel 2021 attribuibile a 23 fattori di rischio modificabili, tra cui l’inquinamento atmosferico, il sovrappeso, l’ipertensione, il fumo e l’inattività fisica. I fattori di rischio metabolici, in particolare il sovrappeso, la pressione alta e l’alto livello di colesterolo cattivo, contribuiscono al 66-70% del carico di ictus in tutti i paesi nel 2021, seguiti dai fattori di rischio ambientali, ad esempio, inquinamento, bassa/alta temperatura, esposizione al piombo. Nel 2021, i cinque principali fattori di rischio globali per l’ictus sono quindi la pressione alta, l’inquinamento da polveri sottili, il fumo, il colesterolo alto e l’inquinamento domestico. È emerso anche che l’inquinamento da polveri sottili è un fattore di rischio per l’emorragia subaracnoidea (emorragia cerebrale fatale) paragonabile al fumo di sigaretta.
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