In occasione del mese di ottobre dedicato alla prevenzione oncologica, la Lice, Lega Italiana Contro l’Epilessia, con il suo Gruppo di Studio Epilessia e Tumori, accende i riflettori sull’epilessia legata ai tumori cerebrali
Sintomo di esordio o complicanza successiva, l’epilessia costituisce una comorbidità frequente in chi è affetto da tumore cerebrale. L’ epilessia tumore-relata costituisce il 6-10% di tutti i casi di epilessia e il 12% di quelle acquisite ed è il sintomo più comune nelle persone con tumore cerebrale. Esistono tumori cerebrali che di per sé presentano un basso rischio di evoluzione sfavorevole, ma sono molto frequentemente causa di crisi epilettiche spesso farmacoresistenti. In molti di questi casi, è possibile intervenire chirurgicamente, anche e soprattutto per ottenere il controllo delle crisi. Purtroppo, le crisi epilettiche sono spesso associate anche a tumori cerebrali con vari gradi di malignità; in questo caso, l’intervento chirurgico riveste un duplice ruolo terapeutico: oncologico ed epilettologico. In occasione del mese di ottobre dedicato alla prevenzione oncologica, la Lice, Lega Italiana Contro l’Epilessia, con il suo Gruppo di Studio Epilessia e Tumori, accende i riflettori su questo delicato tema e diffonde una serie di raccomanzioni.
“In questi casi, l’epilessia, quando presente, incide sfavorevolmente su una qualità della vita già spesso precaria: le crisi sono talora difficili da controllare, e oltre che un problema medico sono motivo di ulteriori restrizioni nella vita quotidiana”; sottolinea Carlo Andrea Galimberti, presidente Lice. “I farmaci anticrisi sono necessari ma, a volte, accentuano il disagio psicologico e i problemi cognitivi già legati alla presenza del tumore e agli esiti dei provvedimenti chirurgici. Inoltre, la scelta dei farmaci anticrisi – continua – deve tener conto delle prospettive terapeutiche (chemioterapia e radioterapia) ed esistenziali del singolo paziente”.
L’epilessia-tumore relata ha, infatti, caratteristiche peculiari: “Innanzitutto, le persone affette da questo tipo di epilessia – ricorda Giada Pauletto, responsabile Gruppo di Studio Epilessia e Tumori cerebrali, LICE – sono più a rischio di ridurre la terapia o di sospenderla per effetti collaterali da farmaci anticrisi non tollerabili. Non sappiamo bene perché questo avvenga, probabilmente per caratteristiche intrinseche, per l’interazione con altri farmaci, ad esempio con i corticosteroidi, oppure per una minore tollerabilità proprio a livello psicologico. Ci sono, inoltre, dei limiti terapeutici nell’utilizzo di alcuni farmaci anticrisi a nostra disposizione, proprio perché possono interagire con gli steroidi, i chemioterapici e la radioterapia. Infine, è da sottolineare un’aumentata farmacoresistenza in questo tipo di pazienti”.
Se consideriamo globalmente la farmacoresistenza, nelle persone affette da epilessia si arriva ad un’incidenza di circa il 30%, mentre nei casi di epilessia tumore-relata si può arrivare sino a un 40%. “La terapia antiepilettica nelle persone con tumore cerebrale è il frutto di una decisione complessa che deve tener conto di più fattori”, dice Eleonora Rosati, referente Lice del gruppo di studio su Epilessia e Tumori. “Se, in prima battuta, si raccomanda l’impiego di farmaci indicati per l’epilessia focale, le caratteristiche che principalmente orientano il clinico verso una scelta mirata nel singolo paziente – aggiunge – sono l’efficacia e la tollerabilità, vista la possibile farmacoresistenza e l’alta incidenza di eventi avversi in questa popolazione di individui”.
Per minimizzare il rischio di interazioni farmacologiche con le terapie oncologiche o quelle usate per altre comorbidità, i farmaci che non siano induttori o inibitori enzimatici sono, in generale, da preferire. Un altro criterio di scelta è rappresentato dalla disponibilità di formulazioni per somministrazione endovenosa o in soluzione per via orale, utili, ad esempio, nella gestione delle urgenze. Anche la possibilità di un rapido aggiustamento del dosaggio di un farmaco fino al raggiungimento dell’effetto terapeutico desiderato può rappresentare un vantaggio, considerando che la necessità di un rapido cambiamento terapeutico o di trattare crisi subentranti sono, in questi casi, tutt’altro che infrequenti. Gli effetti sulle comorbidità come quella psichiatrica o cognitiva hanno, inoltre, un ruolo importante nella selezione di un farmaco e fanno propendere per l’impiego di farmaci con bassa probabilità di influire sfavorevolmente sulle performance cognitive e sull’umore.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato