A rivelarlo una ricerca pubblicata su Jama Pediatrics, condotta da Erin Von Klein del Monroe Carell Jr. Children’s Hospital del Vanderbilt
Mettere al mondo un bambino prematuro o che abbia un peso eccessivamente basso alla nascita, nella maggior dei casi, può richiedere un periodo di ospedalizzazione nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale. Un’esperienza drammatica per la coppia, non di rado costretta a modificare il proprio quotidiano, rinunciando persino al lavoro. Una realtà che solo in Italia riguarda circa 500mila bambini ogni anno, 13,4 milioni nel mondo. I genitori di questi neonati, insomma, affrontano significative sfide economiche e lavorative legate alle problematiche di salute del bambino: in media quasi uno su tre modifica la propria vita lavorativa per assistere il figlio. A rivelarlo una ricerca pubblicata su Jama Pediatrics, condotta da Erin Von Klein del Monroe Carell Jr. Children’s Hospital del Vanderbilt.
Dallo studio emerge che il 30% dei genitori di un bambino con peso molto basso alla nascita, ovvero inferiore a 1.500 grammi, ha dovuto prendere decisioni lavorative in base alla salute del proprio figlio e alle cure continue necessarie dopo le dimissioni dall’unità di terapia intensiva neonatale. “Più basso è il peso alla nascita, maggiore è la probabilità che la vita lavorativa di uno dei genitori venga impattata – afferma Von Klein -. Tra le coppie di genitori di un bambino con un peso molto basso alla nascita, il 20% ha visto uno dei due genitori abbandonare completamente il lavoro a causa delle necessità sanitarie del bambino”. Anche avere un bambino prematuro costringe spesso i genitori a considerare l’abbandono del lavoro, una decisione che di solito comporta diversi cambiamenti nel nucleo familiare.
Le ripercussioni economiche riguardano anche i bambini con un peso alla nascita tra 1.500 e 2.499 grammi: pure il 20% di questi genitori modifica la propria vita lavorativa per occuparsi della salute del proprio figlio. In confronto, la salute di un bambino nato a termine influenza le decisioni dei genitori nel 13,4% dei casi. “Ho notato che molti genitori lasciavano il lavoro, abbandonavano il percorso di specializzazione o non completavano gli studi universitari quando il loro bambino riceveva una diagnosi di complessità medica. Spesso le persone hanno figli prima di raggiungere il massimo potenziale economico, quindi, se il loro bambino ha una complessità medica permanente, i genitori restano indietro nel lavoro, con un impatto sulla loro salute e su quella dei figli che persiste per tutta la vita”, conclude Von Klein.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato