Fronte comune internazionale con OMS ed Ue. Intanto report allarmante dall’UK: “Rischio di 80mila morti in 20 anni”. Ruolo sempre più chiave per formazione ed informazione
Stati Uniti all’attacco delle infezioni resistenti agli antibiotici. Proprio per contrastare un fenomeno in drammatico aumento, la Casa Bianca ha varato un piano nazionale ad hoc, finanziandolo con 1,2 miliardi di dollari.
Un investimento notevole, inevitabile in un momento in cui la minaccia dei virus rappresenta un allarme sempre più preoccupante; non solo per Ebola ma anche per la diffusione della dilagante epidemia causata dal morbillo. Proprio nelle ultime ore è stato lanciato l’allarme anche dalla Gran Bretagna. Secondo il report sui grandi rischi del Cabinet Office del governo Cameron: “Nei prossimi 20 anni potrebbero esserci 80mila morti e se non si troveranno soluzioni o farmaci alternativi, potrebbero esserci problemi seri ad oltre 200mila cittadini”.
Tornando agli States, dopo aver lanciato la task force a fine 2014, nei giorni scorsi il presidente Barack Obama ha reso noti i dettagli del piano d’azione, fissando gli obiettivi da raggiungere entro il 2020. Saranno messe sotto controllo le infezioni più rischiose che provocano in media ogni anno oltre 2 milioni di malattie e più di 23mila morti l’anno in America e decine di migliaia nel resto del mondo. Il “National action plan for combating antibiotic-resistant bacteria” ha tra gli obiettivi dimezzare l’incidenza di Clostridium rispetto al 2011; ridurre del 60% le infezioni ospedaliere dovute alle Enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemi e del 35% quelle causate dalle specie Pseudomonas multiresistenti.
Si procederà attraverso cinque linee d’azione e per raggiungere una maggiore efficacia sarà fondamentale il ruolo della formazione e dell’informazione per gli operatori sanitari. In prima battuta si punterà a rallentare la comparsa di batteri resistenti e prevenire la diffusione delle infezioni, attraverso un utilizzo più consapevole degli antibiotici in ambito sanitario e nell’agricoltura. Poi si rafforzerà la vigilanza secondo un approccio integrato, migliorando rilevamento e controllo. Un peso specifico determinante lo avrà anche la ricerca: dovrà portare allo sviluppo e all’uso di test diagnostici rapidi e innovativi, volti a migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni. I ricercatori dovranno inoltre sviluppare nuovi antibiotici e trattamenti alternativi e si proverà a semplificare il processo di sviluppo e aumento dei farmaci in tutte le fasi del ciclo di sviluppo. Nella quinta ed ultima direttrice del piano è infine programmato un miglioramento della collaborazione a livello internazionale.
E infatti l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità, è già da tempo attiva per contrastare la diffusione dell’antibiotico-resistenza. Il tema è stato al centro anche di un rapporto realizzato – su mandato della Commissione europea – dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema), dal Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dall’Autorità Europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA), per analizzare le possibili relazioni tra consumo di antimicrobici e verificarsi dell’antibiotico-resistenza negli uomini e negli animali destinati alla produzione alimentare. I Paesi europei presentano però differenze nell’uso di antimicrobici: l’Italia è quello col più alto consumo complessivo (esseri umani e animali) di antimicrobici (2.155,9 tonnellate di principio attivo), seguita da Spagna, Germania e Francia, e il secondo dietro la Francia per consumo negli esseri umani (621,6 tonnellate). Oltre a Stati Uniti ed Oms, ovviamente anche in Gran Bretagna era stata evidenziata – già prima degli allarmanti dati del report – la necessità di incentivi urgenti e consistenti per arginare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, evidenziando l’importanza di una “necessaria azione internazionale coordinata per affrontare le antibiotico resistenze” e ponendo l’attenzione sulla ricerca per “lo sviluppo di nuovi antibiotici” e al fine di “modificare i metodi per il trattamento di malattie infettive”. E la necessità di affrontare la questione a livello globale è stata rimarcata anche dal ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin in occasione della Giornata Mondiale della Salute. “La resistenza agli antibiotici è una priorità mondiale”, ha affermato a margine della conferenza stampa, ricordando inoltre: “Del problema ne parlammo già al G8, ma abbiamo aspettato le notizie del Regno Unito per avere il tema in prima pagina”.