L’infezione è stata diagnosticata, e poi confermata dalle analisi di laboratorio, in una persona che aveva viaggiato di recente in Africa orientale, curata poco dopo il suo rientro negli Stati Uniti in una struttura medica locale e dimessa
Il Dipartimento Sanità pubblica della California conferma il primo caso di clade 1 del virus Mpox negli Stati Unit, correlato ad un’epidemia attualmente in corso nell’Africa centrale e orientale. L’infezione è stata diagnosticata, e poi confermata dalle analisi di laboratorio, in una persona che aveva viaggiato di recente in Africa orientale, curata poco dopo il suo rientro negli Stati Uniti in una struttura medica locale e dimessa. Da allora il paziente è stato in isolamento a casa, non è sotto trattamento specifico per Mpox e i sintomi stanno migliorando, informano i Centri americani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc).
Sulla base della cronologia dei viaggi riportata dalla persona e dei sintomi segnalati, sono stati condotti test per il virus Mpox clade 1 e hanno dato esito positivo. Al momento, i campioni sono stati inviati ai Cdc per un’ulteriore caratterizzazione virale e l’agenzia Usa sta collaborando con lo Stato californiano per identificare e seguire i potenziali contatti. “Il rischio di clade 1 Mpox per il pubblico rimane basso”, sottolineano i Cdc, e intanto “continuano a esserci casi sporadici di clade 2 Mpox negli Stati Uniti”. Sebbene quest’ultimo circoli dal 2022, il clade 1 non era mai stato segnalato negli Stati Uniti prima d’ora, ribadiscono i Cdc. Casi della nuova variante 1b associati ai viaggi sono stati segnalati in Germania, India, Kenya, Svezia, Thailandia, Zimbabwe e Regno Unito.
Storicamente, il clade 1 di Mpox ha causato malattie più gravi e più decessi rispetto al clade 2, “ma – precisano i Cdc – dati recenti dimostrano che le infezioni da clade 1 Mpox nell’attuale focolaio potrebbero non essere clinicamente gravi come nei focolai precedenti”. Mentre i focolai di clade 1 Mpox avevano tassi di mortalità stimati intorno al 3-11%, i più recenti hanno avuto tassi di mortalità bassi fino a circa l’1% quando i pazienti hanno ricevuto una buona supervisione medica e cure cliniche di supporto. “Si prevede che i tassi di mortalità saranno molto più bassi nei paesi con sistemi sanitari e opzioni di trattamento più forti, compresi gli Stati Uniti”, rassicura l’agenzia Usa, aggiungendo anche che “i dati attuali supportano il fatto che il subclade 1b abbia un tasso di mortalità inferiore, pari a meno dell’1%, sia all’interno che all’esterno dell’Africa”.
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