La Confederazione Parkinson Italia lancia la nuova campagna istituzionale per testimoniare, attraverso storie vere, come il Parkinson sia ‘Una malattia che è 100 malattie’
Carla si arrampica, Paolo vola con il suo simulatore, Valentina è diventata mamma e Massimiliano lavora in radio. Sono solo alcune delle storie di chi, nonostante i limiti imposti da una malattia aggressiva come il Parkinson, non molla e continua a godersi le cose belle della vita. Sono le storie protagoniste della nuova campagna istituzionale della Confederazione Parkinson Italia, lanciata in occasione della Giornata nazionale, che si celebra il 30 novembre, testimonianza di come il Parkinson sia ‘Una malattia che è 100 malattie’.
Il Parkinson non è una malattia, ma cento. Accanto al tremore, che è di gran lunga il sintomo più conosciuto, ne esistono altri – oltre 40 – che si combinano tra di loro in modo e con intensità differente in ogni persona. Si può quindi affermare che oggi, in Italia, ci sono almeno 300mila Parkinson: uno per ciascun paziente. Ne possono risentire così anche l’umore, il sonno e la digestione, ma in tutti i casi emerge un punto fermo: la voglia di reagire alla malattia. La maggior parte delle persone sottovaluta la complessità del Parkinson e lo etichetta come ‘malattia del tremore’, una semplificazione che la nuova campagna punta a sfatare. “Ancora oggi c’è molta confusione sul Parkinson e si pensa che le sue uniche conseguenze siano i tremori, i problemi di movimento e di equilibrio – osserva Giangi Milesi, presidente Confederazione Parkinson Italia – false convinzioni con cui io stesso mi sono scontrato quando – dopo la diagnosi – ho sperimentato le tante e diverse manifestazioni della malattia. Eppure, in questa molteplicità di situazioni c’è un minimo comune denominatore: la voglia di reagire e di perseguire i proprio obiettivi di vita e le proprie passioni. Da qui la scelta di dar vita a una campagna istituzionale che grazie al racconto di storie vere di reazione possa rivelare i tanti, diversi volti del Parkinson e sfatare così i luoghi comuni che lo caratterizzano”.
Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa a più rapida crescita, con una prevalenza che è raddoppiata negli ultimi 25 anni e caratterizzata da una molteplicità di sintomi che rendono difficile la sua gestione. “Ad oggi la comunità medica identifica molteplici sintomi del Parkinson, che spaziano dalla rigidità muscolare, alla lentezza e al tremore a riposo fino agli effetti sull’umore, sul sonno, sulla digestione, sulla pelle e sull’olfatto. Una complessità di manifestazioni che rende difficile la diagnosi e la gestione quotidiana della malattia. Come medici – spiega Paolo Calabresi, ordinario di Neurologia, Università cattolica e direttore della Uoc Neurologia al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs – siamo dunque chiamati ad aiutare le persone con Parkinson a trovare la chiave giusta per poter affrontare al meglio la propria situazione. In questo senso è molto importante che i pazienti continuino a coltivare le proprie passioni e le proprie relazioni: ciò, infatti, può contribuire ad andare oltre gli ostacoli della malattia e a mantenere un atteggiamento attivo e positivo verso il futuro”.
Le testimonianze di reazione di Carla, Paolo, Valentina e Massimiliano sono immortalate nelle fotografie di Giovanni Diffidenti e sono protagoniste dei soggetti pubblicitari e dello spot sociale con le voci di Claudio Bisio e Lella Costa che andrà in onda nel 2025. La campagna della Confederazione Parkinson Italia è stata sviluppata dai creativi Roberto Caselli, che convive con la malattia da 16 anni, e da Elisa Roncoroni. “C’è Carla che sfida i limiti dell’altezza e del Parkinson con l’arrampicata sportiva, mentre Paolo usa il simulatore di volo per librarsi sempre più in alto – raccontano -. Valentina si accarezza la pancia durante la maternità, mentre Massimiliano guarda dritto negli occhi, senza paura, la malattia. Per portare alla luce i veri, molteplici volti del Parkinson e sfatare i falsi miti che lo accompagnano abbiamo scelto di concentrarci su ciò che li accomuna tutti. Ci siamo dunque focalizzati su storie vere di coraggio e di reazione dei pazienti per mostrare – concludono – la vera natura della malattia e restituirne la complessità”.
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