Allo “Spallanzani” di Roma, nella giornata mondiale dedicata alla Tbc, la parola al direttore scientifico Giuseppe Ippolito
Il bacillo scoperto da Robert Koch nel 1882 continua, nonostante i progressi della scienza e della ricerca, a rappresentare la più diffusa causa di morte a livello globale, seconda solo al virus dell’HIV, dovuta ad un unico agente patogeno.
La tubercolosi, infatti, solo nel 2013 ha colpito 9 milioni di persone, uccidendone 1 milione e mezzo. La buona notizia, tuttavia, è che l’OMS in occasione del World Tuberculosis day 2015 dello scorso 24 marzo, ha annunciato “il rovescio della medaglia”, che riguarda il numero di vite salvate negli ultimi 15 anni: ben 37 milioni. Ma non finisce qui. Nella stessa sede, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è sbilanciata con quella che suona a metà tra una previsione e una speranza: debellare completamente la malattia entro il 2035.
Sanità Informazione ha intervistato il prof. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma dove, nella giornata dedicata alla Tbc, si è tenuto un summit internazionale per fare il punto sulla situazione. “Proprio qualche giorno fa il Centro europeo per il controllo delle malattie ha segnalato che ogni giorno in Europa ci sono mille nuovi casi di tubercolosi – sottolinea il direttore scientifico – e cento vittime: cifre che fanno riflettere sull’esigenza di attivare appositi sistemi di sorveglianza, di garantire che la diagnostica venga effettuata secondo il nuovo standard di microbiologia dell’OMS, con l’utilizzo di laboratori di biocontenimento, e – continua Ippolito – che preveda l’accesso ai nuovi farmaci contro la tubercolosi multiresistente. Il tutto, naturalmente, in strutture adeguate che vedano almeno duecento casi l’anno”.
Un’attenzione che si concentra sia sul mondo occidentale sia su altre aree, e che richiede approcci differenziati. “Se si parla dell’Africa, è ovvio che in tema di tubercolosi gli interventi devono essere prima di tutto sociali – osserva Ippolito – e che presuppongono un’organizzazione difficile da trovare in quelle aree. L’Italia è tra i 30 paesi al mondo che potrebbe arrivare ad un controllo totale della tubercolosi – conclude il professore – da qui una rinnovata attenzione nel controllo e nella gestione di questa patologia.”