In Italia solo un bambino su due, in età prescolare, segue la dieta mediterranea, e negli anni successivi la percentuale addirittura decresce. L’allarme è stato lanciato dalla Società Italiana di Pediatria, secondo cui nella nutrizione dei più piccoli è bene seguire la regola dei 5 pasti al giorno. La scarsa aderenza dei bambini alla dieta mediterranea è stata dimostrata […]
In Italia solo un bambino su due, in età prescolare, segue la dieta mediterranea, e negli anni successivi la percentuale addirittura decresce. L’allarme è stato lanciato dalla Società Italiana di Pediatria, secondo cui nella nutrizione dei più piccoli è bene seguire la regola dei 5 pasti al giorno.
La scarsa aderenza dei bambini alla dieta mediterranea è stata dimostrata dallo studio multicentrico noto con l’acronimo Idefics (Identification and prevention of dietary- and lifestyle-induced health effects in children and infants), finanziato dall’Unione Europea. I principi da seguire, sottolinea la Sip, sono quelli della “piramide alimentare” che, in occasione dell’ultimo congresso della Sip, è stata trasformata in senso transculturale, con l’introduzione di alimenti propri anche di altre culture seguendo lo slogan ‘Il cibo unisce’.”La regola d’oro è quella dei 5 pasti al giorno – afferma Elvira Verduci, consigliere nazionale della Società’ Italiana di Pediatria -. La prima colazione, il carburante per la mattina, dovrebbe assorbire il 15% delle calorie giornaliere. Lo spuntino al mattino e la merenda di metà pomeriggio, che devono assicurare rispettivamente il 5% e il 10% delle calorie giornaliere, non vanno mai saltati”.
Nella sua nuova versione la piramide accosta ad esempio al riso e alla pasta, cereali di altre tradizioni, dal sorgo alla quinoa. Nella scelta della frutta poi si potrebbero valutare anche frutto della passione, mango o guava. “Il pediatra – sottolinea il presidente Sip Giovanni Corsello – deve conoscere queste tradizioni e tenerne conto affinché possa garantire il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali del bambino, nel rispetto delle esigenze culturali e religiose dei popoli di appartenenza, evitando i rischi di squilibri nutrizionali”.