Foad Aodi: “Ambulatori per i codici bianchi, Creazione dei cosiddetti ‘punti soccorso’ in provincia, rafforzamento della sanità territoriale con ancora maggiore sinergia tra medici di base, specialisti ambulatoriali, ospedali, sanità pubblicata e sanità privata accreditata. Ecco le soluzioni per fermare questa emergenza nazionale”
Le aggressioni al personale sanitario in Italia non si fermano: nel 2024 i casi sono aumentati del 33% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati diffusi da Amsi ,UMEM e Uniti per Unire è il Nord Italia l’area più colpita, con il 63% degli episodi di violenza, mentre il Sud registra il 26% e il Centro l’11%. Lombardia, Campania, Puglia, Lazio e Sicilia emergono come le regioni con il maggior numero di aggressioni, ma la piaga delle violenze si fa sentire anche in Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Calabria. Questa crisi è alimentata da una combinazione di fattori: sovraffollamento dei pronto soccorsi, liste d’attesa interminabili e una cronica carenza di personale, nonché una sanità territoriale sempre più debole che non riesce a snellire i carichi degli ospedali. La frustrazione dei cittadini, esasperati dai ritardi e dalla difficoltà di accesso ai servizi, si riversa spesso in atti di violenza contro gli operatori sanitari, che vivono ormai quotidianamente situazioni di pericolo e insicurezza. “Le aggressioni al personale sanitario sono una ferita aperta per il nostro Paese. È essenziale adottare misure immediate per garantire sicurezza e dignità agli operatori, nonché un accesso più rapido e organizzato alle cure per i pazienti – sottolinea il Prof. Foad Aodi, presidente di AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea) e del Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE -. Se non interveniamo, questa situazione rischia di sfociare in un’emergenza ancora maggiore. Il personale sanitario sta facendo un lavoro straordinario, ma è sempre più difficile garantire sicurezza e qualità. Bisogna agire subito”.
Tra le soluzioni proposte da Aodi spiccano l’istituzionalizzazione dei codici bianchi, la creazione di ambulatori dedicati e il rafforzamento della collaborazione tra ospedali e medici di base. “Dobbiamo decongestionare i pronto soccorsi, liberandoli dai casi meno urgenti, e creare un sistema integrato che possa rispondere alle esigenze dei cittadini senza compromettere la sicurezza del personale sanitario,” aggiunge. Codici bianchi negli ospedali, rafforzamento della collaborazione con la sanità territoriale e della sanità privata accreditata, e ancora i cosiddetti Punti Soccorso, da allestire nei municipi e Paesi di Provincia che sono lontani dagli ospedali: ecco le proposte per un sistema più efficiente per arginare sul nascere le aggressioni e le fughe del personale dalle aree d’emergenza. La proposta di Aodi prevede la creazione di ambulatori per la gestione dei codici bianchi, dedicati ai pazienti con patologie non urgenti. Questi ambulatori potrebbero essere collocati in prossimità dei pronto soccorsi o all’interno delle ASL e delle strutture accreditate, con un focus particolare sui giorni di maggiore affluenza, come fine settimana e festività. “Un modello efficace noi di Amsi lo abbiamo già sperimentato presso il Pertini di Roma, dove la collaborazione tra ospedale, medici Amsi e medici di famiglia, ha contribuito a migliorare la gestione dei casi meno urgenti e diminuire il costo della medicina difensiva”, racconta. Inoltre, i cosiddetti punti soccorso sono molto importanti nei paesi di provincia, come è già avvenuto, su nostra iniziativa, a Santa Severa, grazie alla sinergia tra ASL Roma 4, Croce Rossa di Santa Severa ed il Presidente Fabio Napolitano e la stessa Amsi. Grazie a strutture come questa, nei paesi di provincia lontani dai pronto soccorsi ospedalieri è possibile salvare vite e intervenire prontamente. Aodi propone di estendere questo approccio a livello nazionale, con investimenti mirati per potenziare il personale e migliorare l’organizzazione dei servizi.
Le vittime di queste aggressioni sono principalmente le donne (73%), con infermieri e fisioterapisti tra le categorie più colpite. Gli episodi non riguardano solo le grandi città, ma anche le aree periferiche, dove la carenza di risorse si fa sentire con maggiore intensità. Gli aggressori, nella maggior parte dei casi, sono pazienti o familiari esasperati dalla lentezza o dalla mancanza di risposte adeguate da parte del sistema sanitario. A livello internazionale, le aggressioni contro i professionisti sanitari sono in netto aumento. Nel 2024, si è registrato un incremento del 32% in Europa e del 39% a livello mondiale. Paesi come gli Stati Uniti (con un aumento del 40%) e il Regno Unito (aumento del 35%) sono tra i più colpiti. Anche in Egitto, il fenomeno ha preso piede con gravi conseguenze, tanto da spingere il governo a proporre leggi più severe contro gli aggressori. In Giordania, i medici stanno protestando per leggi che non proteggono adeguatamente i professionisti sanitari. In medio oriente ed in africa il numero più alto di violenza ed aggressione fisica ed arresti nel 2024. “Purtroppo, oltre alle aggressioni, abbiamo, anche dal punto di vista legislativo, un nemico in più – aggiunge Aodi -. Molti paesi stanno mettendo limiti o impedimenti all’uscita dei medici dai loro paesi per combattere la carenza dei professionisti o la fuga. La fuga dei cervelli sta riguardando anche il settore medico, che sta vivendo una grande emorragia. Questo crea diserti sanitari internazionali ed una situazione ancora più difficile per i sistemi sanitari in tutta Europa. Inoltre, non è stato preso in considerazione il sacrificio enorme dei professionisti della sanità durante la pandemia – continua -. Le leggi non difendono adeguatamente i medici e non riconoscono la loro dedizione. Questo è un altro fronte su cui è urgente intervenire, prima che la situazione diventi ancora più critica”. Le donne sono le vittime principali, con le infermiere che subiscono il 73% delle aggressioni. In molte aree del mondo, specialmente in zone di conflitto e nei paesi con risorse sanitarie insufficienti, le aggressioni superano il 70%. Inoltre, in alcune regioni, i professionisti della sanità affrontano leggi che limitano la loro capacità di lavorare all’estero, complicando ulteriormente la situazione.
AMSI e UMEM, attraverso l’impegno del Prof. Aodi, chiedono una riforma strutturale per garantire un sistema sanitario più sicuro, accessibile ed efficiente. “Il personale sanitario non può più essere lasciato solo. Serve un impegno serio e condiviso per invertire questa tendenza e restituire dignità al nostro sistema sanitario,” conclude Aodi.
Incrementi percentuali delle aggressioni per regione nel 2024 (classifica delle prime 10 regioni):
◦ Lombardia: +25%
◦ Campania: +22%
◦ Puglia: +20%
◦ Lazio: +19%
◦ Sicilia: +18%
◦ Veneto: +17%
◦ Piemonte e Liguria: +16%
◦ Emilia-Romagna: +15%
◦ Toscana: +14%
◦ Calabria: +13%
Distribuzione geografica:
◦ Nord Italia: 63%
◦ Sud Italia: 26%
◦ Centro Italia: 11%
Vittime:
◦ 73% donne
◦ Professioni più colpite: infermieri e fisioterapisti
Altri Dati significativi del 2024
Il 72% delle vittime non denuncia per paura o addirittura rassegnazione; 25.940 sono state le aggressioni totali nel 2024 (i casi ufficialmente denunciati, che non includono il sommerso) tra sanità pubblica e privata. Se nel 2023 le aggressioni ufficiali erano state 18mila solo nella sanità pubblica, solo in quest’ultima si registra nel 2024 un aumento di ben 5940 aggressioni (+33%).
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