A dimostrarlo è un maxi studio durato 43 anni e pubblicato su Neurology. Proposta anche una soluzione al problema: sostituire la carne rossa lavorata con fonti proteiche, come frutta secca e legumi o pesce, può ridurre il rischio di demenza di circa il 20%
Una sola porzione di carne rossa al giorno, dal peso di 85 grammi e dalle dimensioni non più grandi di una saponetta, è sufficiente ad accelerare l’invecchiamento cognitivo di circa 1,6 anni. Gli effetti sono ancora più inevitabili se si predilige la carne lavorata, come wurstel e hamburger. La dimostrazione arriva da un maxi studio durato 43 anni e condotto dagli epidemiologi del Mass General Brigham, Harvard T.H. Chan School of Public Health, e Broad Institute of MIT e Harvard University di Boston, pubblicato su Neurology. Ma non è tutto: i ricercatori non si sono limitati ad accertare i danni che un consumo giornaliero di carne rossa può causare alle nostre capacità cognitive, ma hanno proposto una soluzione al problema. Lo stesso studio, infatti, mostra che sostituire la carne rossa lavorata con fonti proteiche, come frutta secca e legumi o pesce, può ridurre il rischio di demenza di circa il 20%. La ricerca ha coinvolto 133.771 individui che, all’inizio dello studio, aveva un’età media di 49 anni. Nel corso degli anni, più precisamente entro il 43esimo anno successivo all’inaugurazione dell’analisi, 11.173 partecipanti hanno ricevuto una diagnosi di demenza.
Tutte le persone reclutate, oltre a sottoporsi a visite periodiche e test della funzione cognitiva, hanno anche compilato questionari sulle proprie abitudini alimentari. È emerso che coloro che consumavano una media giornaliera di un quarto o più di una porzione di carni rosse lavorate (all’incirca due fette di pancetta, una fetta e mezza di mortadella o un hot dog), rispetto a coloro che ne consumavano una quantità minima (meno di un decimo di porzione al giorno), avevano un rischio del 13% più elevato di sviluppare demenza. I ricercatori hanno scoperto anche che i punteggi ai test cognitivi erano più bassi tra coloro che consumavano più carne lavorata, con un’accelerazione dell’invecchiamento cognitivo di circa 1,6 anni per porzione media giornaliera. Esaminato anche il declino cognitivo soggettivo auto-riferito, che può precedere la comparsa di segni di declino cognitivo nelle valutazioni standard.
Un rischio maggiore di declino cognitivo auto-riferito è stato associato al consumo di carni lavorate o non lavorate (come manzo, maiale e hamburger). Il rischio di declino cognitivo soggettivo auto-riferito è aumentato del 14% per coloro che consumavano un quarto o più porzioni di carne lavorata al giorno rispetto al gruppo con un consumo minimo e del 16% per coloro che consumavano una o più porzioni giornaliere di carne non lavorata rispetto a coloro che ne consumavano meno di mezza porzione. “Un’assunzione maggiore di carne rossa, in particolare di carne rossa lavorata – scrivono i ricercatori nelle conclusioni della pubblicazione – è stata associata ad un rischio più elevato di sviluppare demenza e ad un peggioramento delle capacità cognitive”. Alla luce di questi risultati, gli scienziati sono convinti che “la riduzione del consumo di carne rossa dovrebbe essere inclusa nelle linee guida dietetiche volte a promuovere la salute cognitiva”. Tuttavia, gli stessi studiosi ammettono anche i limiti della propria ricerca, sottolineando che saranno “necessarie ulteriori ricerche per valutare la possibilità di generalizzare questi risultati anche a popolazioni di etnie diverse”.
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