I risultati del rapporto ‘Review of Evidence on Alcohol and Health’ della Nasem, uno dei più autorevoli organi scientifici statunitensi, che presenta una revisione completa delle evidenze sugli effetti del consumo di alcol sulla salute, distinguendo in modo chiaro tra moderato e abuso
Un drink al giorno fa bene o male alla salute? Sono numerose le ricerche condotte al fine di offrire una risposta esaustiva a questo interrogativo e sono altrettanto numerose le discordanze emerse. Esiti contraddittori che trovano un’ulteriore conferma nel rapporto ‘Review of Evidence on Alcohol and Health‘ della Nasem – National Academies of Sciences, Engineering and Medicine – uno dei più autorevoli organi scientifici statunitensi, che presenta una revisione completa delle evidenze sugli effetti del consumo di alcol sulla salute, distinguendo in modo chiaro tra moderato e abuso. Il comitato che ha redatto il Rapporto ha esaminato le prove sulla relazione tra consumo moderato di alcol e otto risultati specifici sulla salute, tra cui malattie cardiovascolari, mortalità per tutte le cause e alcuni tipi di cancro. Il Documento definisce l’assunzione moderata di alcol come due drink al giorno per gli uomini e uno per le donne, come raccomandato dalle attuali ‘Linee guida dietetiche’ americane pubblicate nel 2020. Tuttavia, la revisione scientifica non offre un confronto degli esiti che i diversi tipi bevande alcoliche hanno sulla salute.
Un consumo moderato di alcol può essere associato a benefici cardiovascolari e a una riduzione del rischio di mortalità generale del 16% negli uomini e del 23% nelle donne rispetto ai non consumatori. Allo stesso tempo, il Rapporto conferma anche un aumento del rischio di tumore al seno e sottolinea la necessità di ulteriori ricerche per approfondire il legame con altre patologie oncologiche. Il lavoro è frutto di un processo di consenso tra esperti, sottoposto a peer review da parte di dieci scienziati indipendenti, e costituirà la base delle future Dietary Guidelines for Americans in materia di nutrizione. “Il nostro rapporto delinea quali prove sono disponibili su alcol e salute per guidare le prossime ‘Linee guida dietetiche americane’ e sottolinea le lacune nella ricerca che, se affrontate, potrebbero rafforzare le informazioni a nostra disposizione”, spiega Ned Calonge, professore di epidemiologia presso la Colorado School of Public Health e professore di medicina di famiglia presso la University of Colorado School of Medicine.
Il consumo moderato di alcol (≤14 g/die per le donne, ≤30 g/die per gli uomini) risulta protettivo nei confronti di malattie cardiovascolari, con una riduzione significativa di infarto miocardico e ictus ischemico. Effetto che sembra legato all’aumento del colesterolo HDL e a una migliore funzione endoteliale. Il rapporto, infatti, conclude con moderata certezza che, rispetto al non consumo di alcol, il consumo moderato di alcol è associato a una mortalità per tutte le cause inferiore. La mortalità per tutte le cause si riferisce al numero totale di decessi in una popolazione dovuti a qualsiasi causa. Per quanto riguarda il rischio oncologico come per quello del colon-retto, invece, le evidenze sono meno solide e richiedono ulteriori approfondimenti. Non emergono, invece, prove scientifiche di una correlazione tra consumo moderato di alcol e rischio di demenza senile.
Il rapporto sottolinea l’importanza di distinguere tra consumo moderato ed eccessivo. I principali rischi per la salute, inclusi i sette tipi di tumore associati all’alcol, “sono strettamente legati all’abuso e non al consumo moderato”, si legge nel rapporto. Secondo Attilio Giacosa, presidente di Irvas, Istituto per la ricerca su vino, alimentazione e salute, “i principali rischi per la salute sono in relazione a un consumo eccessivo e prolungato e allo stesso tempo, il rapporto evidenzia la necessità di approfondire ulteriormente i potenziali rischi associati al consumo moderato, in particolare per alcune patologie oncologiche. Questo approccio si discosta dalla posizione più cautelativa del Surgeon General Usa, che estende il rischio a qualsiasi livello di consumo senza distinzione”, conclude Giocosa.
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