Salute 20 Gennaio 2025 13:09

La farmacologa Ghelardini: “Con l’Intelligenza artificiale nuove frontiere di cura contro il dolore cronico”

L’intelligenza artificiale sta rapidamente trasformando il panorama della medicina, offrendo nuove e promettenti soluzioni per il trattamento del dolore cronico. A parlarne è la neuroscienziata Carla Ghelardini dell’Università di Firenze

La farmacologa Ghelardini: “Con l’Intelligenza artificiale nuove frontiere di cura contro il dolore cronico”

L’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando il panorama della medicina, offrendo nuove e promettenti soluzioni per il trattamento del dolore cronico, una condizione che affligge milioni di persone in tutto il mondo. A parlarne è Carla Ghelardini del dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA), Università di Firenze, e coordinatore del gruppo di studio sul dolore della SIF. Secondo l’esperta, la ricerca recente e le applicazioni tecnologiche stanno aprendo a nuovi approcci, più efficaci e personalizzati, nella gestione di una problematica che incide profondamente sulla qualità della vita di chi ne soffre.

Il 20% della popolazione mondiale soffre di dolore cronico

Inoltre sono allo studio nuove molecole in aggiunta ai farmaci per terapie più efficaci contro quello che è considerato un problema di salute globale, con un impatto significativo sia a livello individuale sia economico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa il 20% della popolazione mondiale soffre di dolore cronico, con una stima di 1,5 miliardi di persone affette a livello globale. In Europa, il dolore cronico riguarda circa il 19% della popolazione adulta, mentre in Italia si stima che oltre 10 milioni di persone soffrano di dolore cronico, con un impatto diretto sulla qualità della vita e una perdita economica stimata in circa 30 miliardi di euro all’anno, tra costi sanitari e perdita di produttività.

L’Intelligenza artificiale è una risorsa fondamentale per migliorare diagnosi e cure

“Il dolore cronico, che può essere il risultato di condizioni come l’artrite, le neuropatie, le malattie autoimmuni o traumi pregressi, rappresenta – sottolinea Ghelardini – una delle sfide più difficili della medicina contemporanea. Le terapie tradizionali, seppur utili, non sempre sono in grado di offrire sollievo duraturo e presentano effetti collaterali significativi. È in questo contesto che l’intelligenza artificiale emerge come una risorsa fondamentale per migliorare la diagnosi, il trattamento e la gestione del dolore cronico”. Infatti uno degli sviluppi più innovativi riguarda l’uso dell’IA per analizzare enormi quantità di dati provenienti da cartelle cliniche, dispositivi indossabili e sensori, permettendo una diagnosi più rapida e accurata. Algoritmi avanzati sono in grado di riconoscere schemi e correlazioni invisibili agli occhi dei medici, migliorando così la precisione diagnostica e aiutando a identificare la causa sottostante del dolore.

Allo studio nuove molecole contro il dolore cronico

“Grazie all’analisi dei dati e al machine learning, l’intelligenza artificiale – dichiara Ghelardini – consente anche lo sviluppo di trattamenti personalizzati. Le terapie, infatti, possono essere ottimizzate in base alle caratteristiche individuali di ogni paziente, creando un piano di trattamento su misura che prende in considerazione la specificità del dolore e la risposta del corpo a diverse terapie”. E continua: “Ciò che risulta molto interessante è lo studio di nuove molecole in grado di contrastare lo sviluppo di tolleranza agli oppioidi. Uno dei fronti più promettenti è l’uso combinato di PEA, sostanza lipidica prodotta dall’organismo, e presente in vari alimenti sia di origine animale che vegetale”.

Una sostanza lipidica ritarda lo sviluppo della tolleranza agli oppioidi

“Siamo stati tra i primi gruppi italiani a utilizzare nelle nostre ricerche una particolare forma di PEA, cosiddetta ultramicronizzata”, spiega Ghelardini. “L’abbiamo scelta perché maggiormente biodisponibile quando assunta per bocca, la via di somministrazione preferita, soprattutto per terapie a lungo termine, necessarie in caso di dolore cronico. Abbiamo sorprendentemente scoperto, ormai qualche anno fa, che l’aggiunta di PEA in forma ultramicronizzata – continua – ritarda lo sviluppo di tolleranza a vari oppioidi, come la morfina, l’ossicodone e il tramadolo. Non solo, ma potenzia l’effetto antalgico degli oppioidi in condizioni di dolore neuropatico e contrasta, anche quando usata come unico intervento, il dolore cronico associato a neuropatia da chemioterapico“.

La neuroinfiammazione è una delle principali cause alla base del dolore cronico

“Si tratta di una sostanza capace di coadiuvare l’effetto di vari farmaci usati per il dolore cronico (non solo oppioidi), come il paracetamolo, i gabapentinoidie i classici FANS”, afferma l’esperta. “Inoltre, è l’unica forma di PEA con provata capacità di raggiungere le ‘centrali del dolore‘ (midollo spinale e cervello) e l’unica a disporre di solidi dati di sicurezza e tollerabilità. La neuroinfiammazione è una delle principali cause alla base del dolore cronico. Quando il sistema nervoso centrale viene attivato da uno stimolo doloroso o da una patologia cronica, si innesca – continua – una risposta infiammatoria che può diventare persistente e autoalimentarsi”.

Una soluzione ideale senza effetti collaterali gravi

“Questo processo, noto come neuroinfiammazione, è spesso alla base di dolori di lunga durata, come quelli legati a malattie neurodegenerative, neuropatie e artriti”, sottolinea l’esperta. “In questo contesto la PEA ultramicronizzata si rivela estremamente utile. Agisce come modulatore dell’infiammazione, riducendo la neuroinfiammazione senza alterare il normale funzionamento del sistema nervoso. Questo meccanismo d’azione – conclude – la rende una soluzione ideale per trattare il dolore cronico senza ricorrere a farmaci con effetti collaterali potenzialmente dannosi”.

 

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