Salute 22 Gennaio 2025 13:01

Farmaci anti-obesità “assolti”, nessun legame con pensieri suicidi. Sinpf: “Promettenti anche contro depressione e Alzheimer”

Gli esperti della Società di Neuro Psico Farmacologia fanno il punto sugli effetti dei nuovi farmaci anti-obesità sulle patologie neuropsichiatriche, assolvendoli dai timori iniziali sul rischio di ideazione suicidiaria

Farmaci anti-obesità “assolti”, nessun legame con pensieri suicidi. Sinpf: “Promettenti anche contro depressione e Alzheimer”

Le evidenze scientifiche non solo confutano l’esistenza di un nesso di casualità tra i nuovi farmaci antiobesità (GLP-1), come la semaglutide, liraglutide e dulaglutide, e l’insorgenza di pensieri suicidi, ma estendono potenzialmente le possibili applicazioni di questi medicinali contro alcune patologie neuropsichiatriche, come i disturbi dell’alimentazione, la depressione, le dipendenze e l’Alzheimer. A fare il punto sull’argomento sono gli esperti della Società di Neuro Psico Farmacologia (SINPF), riuniti da oggi a Milano per il XXVI congresso nazionale dedicato agli “Orizzonti della Neuropsicofarmacologia nell’era dell’intelligenza artificiale: dal genoma alla clinica”, fino al 24 gennaio.

I farmaci anti-obesità utili anche contro le patologie neuropsichiatriche

“Si tratta di composti simili ad ormoni naturalmente presenti nel nostro organismo, detti agonisti o analoghi del glucagon like peptide 1 (GLP-1), per i quali sono disponibili evidenze crescenti in termini di efficacia, oltre che per il trattamento del diabete e dell’obesità, anche per altre patologie neuropsichiatriche”, spiega Bernardo Maria Dell’Osso, professore di psichiatria all’Università di Milano e direttore del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano. “La ricerca ha evidenziato infatti una serie di effetti di particolare interesse a livello del sistema nervoso centrale, con implicazioni nell’area della salute mentale potenzialmente non inferiori – continua – a quelli visti in endocrinologia. Sempre più numerosi report nel trattamento dei disturbi depressivi, neurocognitivi e del comportamento alimentare, solo per menzionarne alcuni, portano la comunità scientifica ad interessarsi in misura crescente ai trials che stanno testando l’uso dei GLP-1 agonists nella terapia di alcuni disturbi psichiatrici”.

I farmaci anti-obesità dimezzano il rischio di ideazione suicidiaria

“I timori iniziali circa gli effetti collaterali stanno iniziando a essere progressivamente sostituiti da nuove speranze”, evidenzia Claudio Mencacci, direttore emerito di psichiatria all’ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente SINPF. Uno studio del National Institute on Drug Abuse (NIDA), americano, pubblicato recentemente sul Nature Medicine, ha dimostrato come le persone che assumono semaglutide – e che non hanno una storia pregressa di ideazione suicidaria – hanno fino a quattro volte di probabilità in meno di avere pensieri suicidari. Mentre i pazienti con una storia di ideazione suicidaria che assumono semaglutide, hanno un rischio dimezzato. “In sostanza, non si è solo dimostrato che questi farmaci non aumentano il rischio di pensieri suicidari come precedentemente ipotizzato, ma che ne riducono il rischio nei soggetti più vulnerabili”, aggiunge Mencacci.

I disturbi dell’alimentazione: effetti contro il Binge Eating Disorder

“Si sta studiando la possibilità di utilizzare i GLP-1 anche nel trattamento del Binge Eating Disorder, il disturbo da alimentazione incontrollata”, precisa Matteo Balestrieri, già ordinario di Psichiatria all’Università di Udine e co-presidente della SINPF. “Le prime ricerche suggeriscono che i GLP-1 possono fornire un nuovo approccio farmacologico, agendo sulle vie di segnalazione della sazietà e della ricompensa alimentare coinvolte nell’ingestione di grandi quantità di cibo. Piccoli studi pilota e case report – prosegue – indicano riduzioni promettenti della frequenza delle abbuffate, del peso corporeo e delle comorbidità con GLP-1”. È importante notare che questi agenti dimostrano un profilo di effetti collaterali psichiatrici favorevole rispetto alle opzioni esistenti. “I primi risultati sono incoraggianti – aggiunge Balestrieri – ma la fattibilità dei GLP-1 come nuova direzione terapeutica per il Binge Eating Disorder non può essere confermata senza ulteriori ricerche cliniche di alta qualità”.

L’impatto delle molecole dimagranti contro ansia e depressione

Uno studio pubblicato da Epic Research ha concluso che la semaglutide può ridurre le probabilità di soffrire di ansia o depressione. Nel dettaglio i pazienti non diabetici che assumevano semaglutide avevano il 37% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di depressione, mentre i pazienti diabetici che assumevano il farmaco avevano un rischio ridotto del 45%. La differenza più significativa nell’incidenza dell’ansia è stata notata tra i pazienti diabetici che assumevano tirzepatide, altro farmaco GLP-1, che è stato collegato a una riduzione del 60% del rischio di ansia. “I dati di questo studio suggeriscono che i farmaci GLP-1 potrebbero avere un effetto positivo sulla salute mentale“, commenta Mencacci. “Tuttavia, non identificano una chiara relazione causale tra l’uso di questi farmaci e una riduzione dell’incidenza di ansia e depressione. Sono necessarie ulteriori informazioni per valutare i fattori che contribuiscono a queste correlazioni”, conclude.

L’impatto sulla dipendenza da uso di alcol

Più solide sembrano essere le conclusioni di un altro studio della Case Western Reserve University School of Medicine (Cleveland, Ohio), pubblicato sulla rivista Nature Communications. Qui i ricercatori hanno scoperto che i pazienti obesi che assumono semaglutide hanno un rischio ridotto di sviluppare disturbi da abuso di alcol. “Lo studio ha dimostrato che il farmaco può influenzare il rilascio e l’attività di neurotrasmettitori come la dopamina, il cosiddetto ormone del ‘benessere’ del cervello, facendo sì che i pazienti non associno più l’alcol e altre droghe al piacere”, spiega Mencacci. “In particolare, nello studio i pazienti obesi che hanno assunto semaglutide hanno beneficiato di una diminuzione tra il 50% e il 56% del rischio di disturbo da uso di alcol e di ricadute”, aggiunge. I ricercatori hanno replicato lo studio anche su pazienti con diabete di tipo 2 e hanno trovato risultati simili. “I GLP-1 mediano anche le risposte allo stress, quindi i ricercatori ritengono che la semaglutide possa agire da tampone per il consumo di alcol correlato allo stress”, aggiunge Balestrieri.

Si riduce il rischio di overdose perché cala il desiderio di oppioidi

Un altro studio della stessa università, pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, ha dimostrato che la semaglutide riduce il rischio di overdose da oppioidi. Dall’analisi delle cartelle cliniche elettroniche di oltre 33mila persone a cui era stato prescritto semaglutide o altri farmaci per il diabete, è emersa una riduzione di circa la metà delle overdosi di oppioidi. “Lo studio non spiega il perché la semaglutide abbia questo effetto protettivo“, dichiara Mencacci. “Ma è possibile che le persone che assumono questo farmaco desiderino meno oppioidi e che quindi semplicemente non ne usino così tanto. Questo – aggiunge – li renderebbe meno a rischio overdose. Sono dunque necessari altri studi che approfondiscono questo aspetto”

Gli studi sull’Alzheimer

Ancora preliminari, ma comunque promettenti, sono i dati circa il legame dei farmaci GLP-1 con l’Alzheimer, dopo anni in cui molti tentativi di trovare cure per rallentare la malattia sono falliti. In uno studio pubblicato a ottobre scorso sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, sempre i ricercatori della Case Western Reserve University, hanno analizzato le cartelle cliniche di oltre 1 milione di persone affette da diabete di tipo 2, considerato un fattore di rischio per l’Alzheimer, e hanno scoperto che coloro a cui era stato prescritto solo semaglutide avevano un rischio inferiore del 67 per cento di sviluppare la malattia durante un follow-up di tre anni rispetto a coloro che assumevano solo insulina.

Gli agonisti del GLP-1 riducono l’infiammazione

“Non è del tutto chiaro perché gli agonisti del GLP-1 sembrano rallentare o addirittura prevenire l’Alzheimer”, dicono Mencacci e Balestrieri. “Potrebbe dipendere ad esempio dal miglioramento della funzione metabolica nel cervello, che è la capacità dei neuroni di usare il glucosio per produrre energia. Le persone con Alzheimer – continua – hanno delle compromissioni del metabolismo cerebrale, che possono contribuire al loro declino cognitivo. Altre possibili spiegazioni includono la riduzione dell’infiammazione da parte del semaglutide o il miglioramento dei fattori di rischio associati all’’Alzheimer, come il diabete di tipo 2”.

 

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