Advocacy e Associazioni 23 Gennaio 2025 09:23

Alzheimer, AIMA compie 40 anni. La Presidente Spadin: “I decisori politici non tengono il passo della ricerca scientifica”

La Presidente dell’AIMA: “La condizione dei malati di Alzheimer e dei familiari che se ne occupano è rimasta purtroppo immutata nel corso degli anni. Urge creare un regia centrale efficace, finanziamenti adeguati e una rete di cura degna di questo nome, omogenea e accessibile in tutto il territorio nazionale”

Alzheimer, AIMA compie 40 anni. La Presidente Spadin: “I decisori politici non tengono il passo della ricerca scientifica”

“L’idea di fondare AIMA, l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, è nata da un’esperienza personale, quando nel novembre 1983 diagnosticarono a mia madre la malattia di Alzheimer. All’epoca questa malattia e le sue implicazioni erano sconosciute non solo per l’opinione pubblica, ma anche per la maggior parte del mondo scientifico. L’Alzheimer era relegato a poche righe nei testi di neurologia specialistica delle università italiane, sebbene già allora riguardasse circa 300mila persone. Al momento della diagnosi, l’unica informazione che mi diedero è che la malattia sarebbe peggiorata nel tempo. Le famiglie vivevano un senso di smarrimento totale, senza sapere cosa fare, né dove cercare aiuto. Questa consapevolezza si trasformò in azione: coinvolsi un gruppo di medici e insieme decidemmo di fondare l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA) nel gennaio 1985. Fu il primo passo per dare voce alle famiglie, affiancarle in un percorso di informazione e fornire il nostro supporto, oltre a sensibilizzare la società civile”. È con queste parole che Patrizia Spadin, Fondatrice e Presidente dell’AIMA, ricorda la nascita dell’Associazione.

Primo obiettivo: sdoganare l’Alzheimer tra l’opinione pubblica

Sono trascorsi quarant’anni da allora, quattro decenni di impegni, ostacoli e traguardi tagliati. “Negli anni Ottanta il primo obiettivo era di ‘sdoganare’ l’Alzheimer presso l’opinione pubblica, raccontando la malattia e portandola al centro del dibattito, e al tempo stesso, iniziare a creare una rete di competenza all’interno del mondo medico – racconta ancora la Presidente Spadin -. Il passo successivo è stato dare vita a iniziative concrete e strutturate, ispirate ai modelli già esistenti all’estero. È negli Anni Novanta che AIMA ha creato iniziative come gli Alzheimer caffè, i gruppi di auto-mutuo aiuto e i corsi di formazione per familiari e operatori. Nel 1997 è nata la Linea Verde Alzheimer 800 679 679, unica linea telefonica nazionale gratuita che fornisce supporto alle famiglie colpite dalla malattia e che fino a oggi ha risposto a oltre 250mila chiamate”.

Il progresso della ricerca scientifica

Contemporaneamente, mentre la malattia di Alzheimer era sempre più conosciuta nel mondo civile, anche la ricerca scientifica cominciava a raccogliere i primi frutti, con l’arrivo delle prime molecole per il trattamento dei sintomi (gli inibitori della colinesterasi). Tra i più recenti risultati c’è quello raggiunto da un team italiano che ha scoperto un nuovo gene coinvolto nella malattia. “Siamo felici per ogni piccolo o grande risultato positivo della ricerca, ma conosciamo bene la lunghezza dei tempi nei quali la ricerca si traduce in applicazione pratica – commenta la Presidente AIMA -. È un piccolo tassello ‘di speranza’ in più, che fa brillare un po’ di più la luce in fondo al tunnel”.  La ricerca scientifica in questione ha dimostrato che la malattia è il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e numerosi fattori ambientali, quali ipertensione, obesità, diabete, depressione ed isolamento sociale. Questi fattori favoriscono la deposizione nel cervello di due proteine tossiche, la beta amiloide e la proteina tau, responsabili della neurodegenerazione.

L’impegno dell’AIMA

“AIMA è stata in prima linea per rendere accessibili i trattamenti per tutti i pazienti – spiega la Presidente dell’Associazione -. Organizzammo una grande raccolta di firme nel Natale del 1999, ottenendo un sostegno incredibile: oltre 35mile firme raccolte in pochi giorni tra Natale e Capodanno, inviate direttamente al Ministero della Salute. Questo sforzo portò alla nascita del progetto CRONOS, che creò la rete di centri U.V.A. specializzati per la gestione dell’Alzheimer, oggi chiamati CDCD (Centri per il deterioramento cognitivo e le demenze). Da allora, si è continuato a lavorare per strutturare una rete di supporto sempre più ampia, sebbene con molte difficoltà e disomogeneità tra le regioni. Nei primi Anni Dieci del Duemila è stato istituito il Tavolo delle Demenze, che ha poi dato il via al Piano Nazionale Demenze nel 2014: fu un passo importante verso la definizione di linee guida e strategie per affrontare il problema. Tuttavia, questo piano non è mai stato finanziato e, allora come oggi, la mancanza di una regia centrale e l’estrema disomogeneità di applicazione nelle regioni hanno rappresentato ostacoli significativi alla creazione di una rete effettiva ed efficace. Ma AIMA può affermare senza tema di smentite di aver davvero ‘fatto la differenza’ nel raggiungimento di ogni piccolo o grande miglioramento per i malati di Alzheimer avvenuto in questi 40 anni”.

Un impegno senza fine…

Nonostante quarant’anni di progressi e obiettivi raggiunti, sono ancora tanti i bisogni che restano insoddisfatti tra pazienti e caregiver. “La condizione dei malati di Alzheimer e dei familiari che se ne occupano è rimasta purtroppo immutata nel corso degli anni – aggiunge la Presidente Spadin -. Oggi, la consapevolezza politica di ciò che sarebbe necessario è sufficientemente diffusa, ma non mantiene il passo della ricerca che negli ultimi anni ha raggiunto straordinari risultati con l’identificazione di molecole che promettono di intervenire sulla malattia e non sui sintomi: grazie alla ricerca riusciamo a vedere la luce in fondo al tunnel. Tuttavia, la rete di supporto continua a essere insufficiente in molte regioni e il carico ricade ancora in gran parte sulle famiglie, non adeguatamente supportate. Abbiamo l’urgenza che sia creata una regia centrale efficace, finanziamenti adeguati e una rete di cura degna di questo nome, omogenea e accessibile in tutto il territorio nazionale. La riorganizzazione e il potenziamento dei CDCD (Centri per il deterioramento cognitivo e le demenze) deve essere il punto di partenza obbligatorio. Dobbiamo fare in modo che si crei la competenza necessaria per rendere possibile la diagnosi tempestiva e la diagnosi precoce, così da saper gestire in tutta Italia i malati di oggi e quelli di domani, per i quali si stanno aprendo concrete speranze di cura legate proprio alla precocità della diagnosi. È necessario anche migliorare la qualità dell’assistenza attraverso la formazione di caregiver professionali e operatori sanitari, senza imporre questo compito ai familiari, il cui unico ‘dovere’ è di sostenere il loro caro, per quanto possibile. Se non ci saranno finanziamenti adeguati sulle infrastrutture e sulle risorse professionali, gli sviluppi della ricerca – conclude la Presidente Spadin – non arriveranno mai ai pazienti, cancellando così ogni speranza di cura”.

 

 

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