Si chiama ‘preabilitazione’ ed una preparazione rivolta ai pazienti che devono affrontare un intervento chirurgico. Si va dall’intensificazione, laddove possibile, dell’attività fisica, fino alla correzione delle carenze nutrizionali a tavola, rinunciando a stili di vita sbagliati come fumo e alcol. In altre parole, lo scopo è quello di trasformare il tempo che separa da un’operazione chirurgica da una semplice attesa a un’opportunità per aumentare le capacità dell’organismo di far fronte all’intervento. La ‘preabilitazione’, un complesso di interventi che comincia ad essere offerto in alcuni ospedali, è al centro di uno studio pubblicato British Medical Journal che ne conferma l’efficacia: riduce infatti i rischi di complicanze e la durata del ricovero di chi si sottopone a un intervento chirurgico. La ricerca ha preso in considerazione 186 sperimentazioni sulla preabilitazione che avevano coinvolto complessivamente oltre 15 mila pazienti.
“Preabilitazione significa preparare attivamente i pazienti all’intervento chirurgico tramite esercizio, potenziamento nutrizionale, supporto psicologico, allenamento cognitivo o una combinazione di questi componenti”, spiegano i ricercatori delle università di Ottawa e Toronto, in Canada, che hanno condotto lo studio. Il suo obiettivo è “aiutare i pazienti a migliorare la loro riserva fisica, fisiologica, psicologica o cognitiva prima dell’intervento chirurgico”. L’esercizio combinato di attività fisica, nutrizione e preabilitazione psicosociale hanno mostrato di avere maggiore probabilità di migliorare la qualità della vita del paziente ed anche il recupero fisico.
I risultati hanno confermato l’efficacia di questa pratica: a seconda del tipo di intervento, nei pazienti si è osservata una riduzione fino al 50% delle complicanze, un ricovero fino a 2,44 giorni più breve, un miglioramento della qualità di vita dopo l’intervento e un recupero più veloce. Gli interventi che si sono dimostrati più efficaci sono stati l’attività fisica e la correzione dell’alimentazione. Prima di dare il via libera a questa pratica, però, sottolineano i ricercatori, sono necessari ulteriori studi, più solidi e in grado di identificare quali sono le persone che ne traggono maggiori benefici.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornati