In occasione della riunione annuale del Board Scientifico di dermatologi e oncologi “Il Corpo Ritrovato”, presentate nuove soluzioni all’alopecia
La paura di perdere i capelli a causa dei trattamenti oncologici porta l’8% delle donne a rifiutare le terapie o a sceglierne di meno efficaci. Per il 47% delle donne che ne soffrono, l’alopecia è l’aspetto più pesante della chemioterapia, con un impatto addirittura maggiore della mastectomia. La tossicità delle terapie oncologiche provocano infatti un’estrema varietà di sintomi fisici ma hanno anche manifestazioni ‘estetiche’ che preludono a gravi ripercussioni sulla vita sociale e di relazione, nonché sulla psiche dei pazienti.
«La chemioterapia, di norma, agisce distruggendo tutte le cellule, sia quelle cancerose che quelle sane», spiega la dottoressa Adele Sparavigna, Specialista in Dermatologia e Presidente dell’Istituto di ricerche dermatologiche Derming, in occasione della riunione annuale del Board Scientifico “Il Corpo Ritrovato” in corso a Roma. «Le cellule normali più sensibili all’azione tossica della chemio sono quelle in rapida crescita. Dal momento che le cellule responsabili della crescita dei capelli tendono a dividersi molto rapidamente per riprodursi, esse possono essere frequentemente uccise dalla chemioterapia, causando l’assottigliamento dei capelli e, molto spesso, la caduta totale dei capelli, ovvero l’alopecia da chemioterapia».
L’alopecia del cuoio capelluto insorge da 1 a 8 settimane dall’inizio della chemioterapia, compare nel 65% dei pazienti sottoposti a chemioterapia e di solito è reversibile: in generale i capelli ricrescono completamente entro poche settimane dalla conclusione del ciclo di terapia.
L’alopecia permanente invece è rara, ma occasionalmente è stata osservata dopo la somministrazione di alte dosi di ciclofosfamide, thiotepa e carboplatino (CTC), farmaci che vengono usati per tumori maligni ematologici e in associazione a trapianto di midollo.
Tra le soluzioni più avanzate all’alopecia c’è una alternativa non chirurgica esteticamente più naturale della classica parrucca: si tratta di un presidio medico personalizzato realizzato con una pelle di sintesi di circa 700 micron di spessore, modellata sul cranio del paziente e sulla quale vengono innestati da 150 a 400 capelli naturali per 2 centimetri. «Si chiama ‘epitesi del capillizio’ e permette un risultato molto confortevole ed esteticamente naturale: ondulazione, lunghezza, colore, calibro e verso del capello infatti sono uguali a quelli naturali del paziente. Il dispositivo viene adeso alla cute con appositi prodotti dermocompatibili e viene comunemente utilizzato per alopecia parziale o areata causata da terapie oncologiche o meno. La gestione dell’epitesi è molto semplice: viene rimossa ogni 3-4 settimane da personale specializzato e sottoposta a procedure di igienizzazione. L’intera operazione dura circa un’ora. Per il resto, il soggetto può fare sport, sudare, nuotare, fare lo shampoo ed andare dal parrucchiere in maniera del tutto naturale. I materiali utilizzati, resine e colle, sono materiali di qualità chirurgica e certificati, quindi caratterizzati da elevatissima tollerabilità, traspirabilità ed aspetto uguale a quello della cute normale», conclude la dottoressa Sparavigna.