La conferma più recente è giunta dall’Australia, ma è noto come il problema sia diffuso. L’impatto delle disuguaglianze economiche e sociali sia sulla diffusione dei fattori di rischio, sia sull’accesso ai percorsi di diagnosi e cura dei tumori è un tema rilevante. Lo è a maggior ragione dal momento che i casi di cancro sono in aumento, quanto meno in numeri assoluti, in tutto il mondo. Su come ridurre queste diseguaglianze la comunità scientifica dibatte da anni, a livello europeo e anche in Italia. Proprio per affrontare il problema, in occasione del World Cancer Day 2025 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha lanciato il progetto EU-Canlneq. Si tratta di una piattaforma digitale sviluppata dalla Commissione europea in collaborazione con l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam (Olanda). Lo scopo è potenziare la raccolta dei dati, con l’obiettivo ultimo di sviluppare ed espandere gli indicatori delle disuguaglianze socioeconomiche per la mortalità oncologica.
Con il progetto EU-Canlneq la IARC, l’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità che si occupa di portare avanti la ricerca epidemiologica in oncologia, punta a creare una mappa dettagliata dell’impatto delle disuguaglianze socioeconomiche sulla mortalità per cancro nei diversi Paesi europei. Attraverso i rapporti che saranno elaborati nel tempo si punterà a “offrire una guida personalizzata con cui i singoli Stati potranno rafforzare i programmi nazionali di controllo del cancro, migliorando l’allocazione delle risorse al fine di affrontare le sfide più importanti”, è quanto riferito dall’agenzia di Lione in una nota stampa. Dare un ordine ai dati raccolti è infatti un passaggio fondamentale, se si considera che “i fattori socioeconomici sono il determinante più significativo che spiega la distribuzione dell’impatto del cancro tra e all’interno dei diversi Paesi”, per dirla con l’epidemiologo Salvatore Vaccarella, ricercatore del Centro di sorveglianza oncologica della IARC e coordinatore del progetto. “Le prove che raccoglieremo dovranno rappresentare la base delle future politiche per la prevenzione oncologica.”
Come punto di partenza, i ricercatori considerano i dati già raccolti in 15 Stati (Italia compresa) da cui emerge una conclusione incontrovertibile: peggiore è lo stato socioeconomico di partenza di un paziente oncologico e minori sono le possibilità che riesca a superare la malattia. Il problema è trasversale a tutte le diagnosi di cancro, ma emerge in maniera più significativa per i tumori maggiormente prevenibili grazie a comportamenti individuali. È il caso per esempio dei tumori del polmone e di quello della cervice uterina: per il primo l’astensione o la rinuncia al fumo e per il secondo la combinazione di prevenzione (vaccino HPV) e diagnosi precoce (screening) possono ridurre in maniera drastica sia i nuovi casi, sia la mortalità. Il ritardo diagnostico è peraltro associato a una prognosi peggiore per tutti i tipi di cancro. Solide prove in questo senso, le ultime riportate sulla rivista The Lancet Regional Health Europe in un articolo del 2023, riguardano anche altre forme di cancro prevenibili con stili di vita salutari: è il caso delle neoplasie che interessano lo stomaco e il colon-retto. Anche l’adesione ai programmi di screening, per esempio per la diagnosi precoce del tumore del seno, è influenzata da fattori socioeconomici.
Indipendentemente dal Paese oggetto dell’analisi, le differenze socioeconomiche risultano avere l’impatto minore sulle fasce più abbienti della popolazione. “Si tratta non soltanto di una questione di capacità di spesa, ma anche di una consapevolezza maggiore dei rischi e delle opportunità oggi disponibili per ridurre l’impatto sociale di queste malattie”, fa sapere la IARC. C’è inoltre anche una questione di genere da considerare. Il divario nei tassi di mortalità oncologica si rileva soprattutto tra le donne ed emerge anche in Paesi, come quelli scandinavi, in cui i servizi sanitari e di welfare sono considerati un modello a cui ispirarsi per promuovere l’uguaglianza anche nella tutela della salute. Questo aspetto è confermato dai dati pubblicati nella letteratura scientifica, ma la consapevolezza tra gli esperti evidentemente ancora non basta a limitare l’impatto di tali fattori sulla mortalità oncologica femminile.
La questione disuguaglianze in oncologia è di estrema attualità pure in Italia, dove circa un quarto delle morti per tumore è associata a bassi livelli di istruzione. Secondo i dati di uno studio sostenuto da Fondazione AIRC, pubblicati nel 2023 sul Journal of Public Health, quasi 30.000 decessi per cause oncologiche registrati nel nostro Paese nella popolazione adulta (30-84 anni) sono risultati associati a scarsa scolarizzazione. Inoltre, un basso livello di istruzione spesso condiziona anche la successiva capacità di reddito. Si tratta di elementi che si combinano tra loro in un circolo vizioso, dando infine luogo alla cosiddetta tossicità finanziaria, ovvero la difficoltà economica che (se non già presente) può emergere o aggravarsi a seguito di una diagnosi oncologica.
A questo problema, che è sia causa sia effetto delle disuguaglianze, nel contesto italiano concorrono anche debolezze specifiche del Paese: dal ricorso più o meno frequente alla sanità privata ai trasferimenti da una Regione all’altra soprattutto per sottoporsi a interventi chirurgici, fino al ricorso a terapie integrate (attività fisica, integratori, fisioterapia) che è di fatto quasi impossibile effettuare a spese del servizio sanitario in tempi compatibili con quelli della malattia.
(fonte: www.airc.it)