Una donna su tre partorisce per via chirurgica, ovvero con parto cesareo, esattamente il 30,3%. Il dato emerge dall’ultimo “Certificato di assistenza al parto-CeDAP” del ministero della Salute, relativo al 2023, pubblicato sul sito internet ministeriale. Dati che denotano un fenomeno a macchia di leopardo in Italia. “Dai numeri emerge una tendenza alla diminuzione, che mostra un’adesione, seppur minima, alle Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo – commenta la Presidente della FNOPO, la Federazione degli Ordini della Professione Ostetrica, Silvia Vaccari -. Tuttavia, tali Linee di indirizzo non sono sufficienti da sole a risolvere l’eccessivo ricorso, talvolta inappropriato, al taglio cesareo. Le cause vanno ricercate in cambiamenti radicali che sono avvenuti sia a livello sociale, che culturale. Mentre il ‘diritto di famiglia’ ha potenziato il ruolo genitoriale dell’uomo, assolutamente lecito e tanto atteso, parimenti il ‘diritto economico’ ha indotto le donne a lavorare quasi fino al termine della gravidanza, cercando di rientrare a lavoro il prima possibile dopo il parto, non permettendo a loro di mettersi in relazione con il proprio bambino, che giorno per giorno cresce e manda messaggi alla mamma e che ha bisogno di entrare in relazione con lei in un rapporto affettuoso e protettivo. E non è solo una questione di realizzazione professionale: in un momento storico come questo, in cui il costo della vita continua ad aumentare, percepire il 30% dello stipendio non è per tutti una condizione sostenibile. In questo contesto di vita, programmare la data del parto, scegliendo il cesareo, significa anche poter conoscere in anticipo sia il giorno in cui si smetterà di lavorare, che quello in cui sarà possibile rientrare’’, spiega la Presidente della FNOPO.
“Il ricorso al taglio cesareo può essere anche una scelta legata all’età materna avanzata, che spinge gli specialisti ad evitare il parto naturale per abbassare i rischi materno-fetali. Non sono da trascurare nemmeno i casi in cui il cesareo venga ‘suggerito’, a prescindere dall’età materna, per prevenire eventuali complicanze neonatali, nonostante non esista nessun dato scientifico o nessuna ricerca che provi come un bambino nato da taglio cesareo sia un neonato necessariamente più sano rispetto a quello nato da parte naturale. Vi è un chiaro effetto di promozione di salute da parte del parto spontaneo per via vaginale, sia a breve che a lungo termine. Ciò deve essere ben conosciuto dagli operatori sanitari e comunicato correttamente alle madri, riservando il taglio cesareo solo in presenza di giustificati motivi medici per ottenere un comprovato guadagno nella salute materna e/o neonatale – evidenzia la Presidente Vaccari -. Anche la famiglia dovrebbe avere un ruolo educativo chiave, evitando di inculcare un modello di vita in cui la perfetta realizzazione della vita professionale è indiscutibilmente al primo posto nella classifica di una donna e di uomo che vogliano sentirsi bene con se stessi. E così, può capitare che una donna o un uomo, realizzatisi a livello professionale e sociale, sentano poi il bisogno di famiglia, di maternità quando sono ormai in un’età biologicamente avanzata. Purtroppo la riserva ovarica si esaurisce man mano che gli anni passano nella donna, mentre negli uomini le patologie anatomo funzionali, ormonali e non solo sono in aumento. La riserva ovarica, oggi, inoltre, appare compromessa anche da fattori esterni, come ad esempio l’inquinamento e determinanti di salute, impedendo di procreare pure in quell’età che normalmente sarebbe risultata consona”.
Dal Report del ministero della Salute è emerso un aumento anche del numero di gravidanze in cui è stata effettuata una tecnica di procreazione medicalmente assistita (Pma): sono state 15.085, in media 3,9 ogni 100. Lo scorso anno erano state 14.364, quindi 3,7 su 100, in aumento di circa il 5% anno su anno. “Anche nei percorsi di Pma il ruolo dell’ostetrica/o appare determinante, se si considera che segue una formazione specifica già dal Corso di Laurea Triennale, che può arricchire con i master universitari. L’ostetrica/o è in grado di accompagnare le coppie nella ricerca di un figlio mettendole a proprio agio, dimostrando empatia e ponendosi in ascolto attivo. Ha un ruolo di accoglienza per la coppia e un ruolo centrale come ‘counselor’. Ancora, le cure ormonali a cui la donna viene sottoposta, gli esami serrati, le consulenze genetiche richiedono la presenza di un professionista sanitario competente e preparato, come l’ostetrica/o, che possa supportare la coppie, in un cammino lungo e a volte tortuoso, che possa accompagnare la donna anche attraverso quelle modificazioni ormonali, fisiche ed emozionali, intrinseche alle terapie al disagio, alle ansie, alle paure, alle aspettative ai successi e ai insuccessi (fallimenti). Il sostegno dell’ostetrica/o in questi casi è volto a promuovere atteggiamenti positivi, attivi, propositivi e indurre nella coppia la possibilità e la capacità di fare le loro scelte consapevolmente. L’obiettivo è stabilire un rapporto più confidenziale, che permetta alla donna e alla coppia di confidare all’ostetrica/o i propri dubbi e le proprie perplessità. Prevedere l’ostetrica/o nei centri di Pma significa, dunque, agevolare il percorso delle coppie, spesso difficile e in salita per le trasformazioni che la donna dovrà subire sia a livello fisico, che psichico-emozionale”, conclude la Presidente Vaccari.
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