Il punto di vista del senatore FI Luigi D’Ambrosio Lettieri
La terza lettura, quella che adesso spetterà al Senato, potrebbe ancora cambiare il testo approvato dalla Camera, ma solo nelle parti già rielaborate a Montecitorio”.
Apre a nuove modifiche il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, intervenendo sul tema della riforma del Titolo V appena approvata dai colleghi deputati. La strada battuta pare dunque quella giusta, ma si può sempre fare meglio. Si tratta di un testo che, al momento, pare infatti venire incontro ad una problematica riconosciuta come tale un po’ da tutti gli addetti ai lavori: quella dell’eccessiva frammentazione del nostro Ssn.
“Sono convinto – spiega il senatore di Forza Italia – che l’errore di base risalga alla riforma datata 2001. Quando, in sostanza, i ruoli e le competenze in ambito sanitario vennero ripartiti in un modo evidentemente troppo sbrigativo e disordinato tra Stato e Regioni”. Fatto, questo, che avrebbe generato, a suo dire, “una quantità davvero enorme di contenziosi, almeno per quanto riguarda l’ambito specifico della gestione, pianificazione e programmazione della Sanità. Per fortuna, però, abbiamo ancora la possibilità di rimettere a posto le cose”.
Il prossimo passaggio a Palazzo Madama servirà dunque a completare il lavoro e “restituire una maggiore autonomia a livello centrale sulla definizione delle politiche sociali”. Un passo necessario, a dire del senatore, “per approcciare in modo più concreto le politiche socio sanitarie e assistenziali” e per “adoperarsi al fine di mantenere il difficile equilibrio tra due fattori: da un lato l’autonomia e la responsabilità a livello regionale, dall’altro la necessaria uniformità dell’azione politica a livello centrale. Tutto ciò – spiega ancora D’Ambrosio Lettieri – serve non solo per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza, ma anche per mantenere immutato quel modello di Servizio Sanitario Nazionale che trova nel principio di universalità il suo punto fermo. Si può – conclude il senatore – e si deve intervenire per evitare questa frammentazione dell’assistenza, che non può più oscillare a seconda dell’efficienza e della capacità delle singole amministrazioni regionali”.