Esami del sangue, radiografia al torace, elettrocardiogramma, consulenza anestesiologica e chi più ne ha, più metta. La lista degli esami di laboratorio e strumentali e delle visite specialistiche eseguite prima di un intervento chirurgico è davvero lunga. Ma tutte queste prestazioni sono davvero necessarie? Per i ricercatori dell’Università del Michigan e del Brigham and Women’s Hospital la risposta è “No”. Una presa di posizione che hanno accuratamente supportato con uno studio scientifico ad hoc, pubblicato su Jama Surgery: il 37% dei pazienti che stanno per essere operati viene sottoposto ad almeno un esame non necessario. Secondo lo studio questa quota può essere più che dimezzata.
L’analisi ha coinvolto 1.143 pazienti con un’età media di 58 anni, visitati presso le tre cliniche pre-operatorie dell’U-M Health. Si è trattato di pazienti a basso rischio che dovevano essere sottoposti all’asportazione di noduli al seno o di cistifellee malate, o alla correzione di ernie. Lo studio ha testato un programma progettato per ridurre gli esami preoperatori non necessari. Il programma si è concentrato sulla riduzione di quattro esami. Ai medici è stato chiesto di seguire un diagramma di flusso e una griglia, detti documenti di supporto decisionale, per determinare quali esami un paziente dovesse fare prima dell’intervento, in base alle sue caratteristiche individuali. Gli esami in questione sono stati selezionati perché anni di ricerche e raccomandazioni di gruppi nazionali e internazionali per la qualità dell’assistenza sanitaria li hanno ritenuti non necessari per alcuni pazienti. Sono stati presi in considerazione gli esami del sangue chiamati emocromo completo (CBC), pannelli metabolici di base (BMP) e pannelli metabolici completi (CMP), nonché gli elettrocardiogrammi.
Ad ogni paziente è stato assegnato un punteggio su una scala utilizzata per valutare il rischio di complicanze durante l’anestesia. I pazienti che si trovavano sui due gradini più bassi potevano rinunciare a tutti e quattro gli esami, a meno di una richiesta da parte di uno specialista. Ma anche i pazienti che si trovavano all’estremità superiore della scala, chiamata ASA Physical Status, potevano evitare alcuni esami a seconda del caso clinico. Ebbene, è emerso che la percentuale complessiva dei test – la percentuale di tutti i pazienti che hanno ricevuto i quattro test prima di sottoporsi agli interventi – è scesa dal 51% al 27%. La riduzione dei test operatori è avvenuta in totale sicurezza per il paziente, infatti i tassi di visite al pronto soccorso e di ricoveri ospedalieri sono rimasti invariati nelle settimane successive all’intervento, suggerendo che la riduzione dei test non necessari non ha peggiorato la sicurezza o i risultati dell’intervento.
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