L’Italia può vantare un posto di primo piano nella ricerca, nella produzione e nell’innovazione farmaceutica, ma affronta sfide importanti nell’assicurare un accesso rapido, equo e sostenibile alle terapie. Tra iter burocratici complessi e disomogeneità regionali, il sistema necessita di riforme profonde per garantire efficacia, equità e sostenibilità. Temi che sono stati in parte affrontati anche nell’ultima legge finanziaria, che ha allargato l’utilizzo del fondo per i medicinali innovativi, e nel corso degli ultimi mesi di lavoro anche dall’Aifa, che ha attivato un tavolo con le Regioni e ha ridotto i tempi di approvazione centrale di quasi il 50%.
Con l’obiettivo di contribuire a migliorare l’accesso ai farmaci, ridurre le disuguaglianze regionali e ottimizzare i percorsi di rimborsabilità, il think tank Ithaca ha lanciato una serie di soluzioni propositive che vanno nella direzione di una governance trasparente e collaborativa tra istituzioni, aziende, clinici e pazienti. Se ne è parlato nel corso del primo ITHACA DAY, organizzato da Quotidiano Sanità e Daily Health Industry, le testate edite da Homnya, al quale hanno partecipato rappresentanti dei vari stakeholder coinvolti nel garantire un’assistenza farmaceutica di qualità nel nostro Paese.
“Un sistema più equo, efficiente e sostenibile non può che essere una priorità per la nostra società – ha affermato in apertura dei lavori l’on. Nazario Pagano, Presidente della I Commissione Affari costituzionali della Camera e presidente dell’Intergruppo parlamentare Innovazione sanitaria e tutela del paziente – tuttavia, persistono sfide significative per garantire a tutti i cittadini un accesso tempestivo alle cure necessarie. La tutela della salute è sancita dall’articolo 32 della nostra Costituzione, che la definisce un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse dell’intera collettività. In piena attuazione di questo principio il sistema sanitario deve essere in grado di rispondere in modo efficace alle esigenze di cura e di prevenzione, riducendo inefficienze e disuguaglianze. Garantire ai cittadini un accesso rapido alle cure è una sfida cruciale che richiede una visione strategica, ma anche azioni concrete per poter raggiungere gli obiettivi che la nostra Costituzione impone. Bisogna muoversi su quattro pilastri fondamentali: innovazione, equità, trasparenza e sostenibilità”.
“Le istituzioni sono al lavoro sui tempi di approvazione e rimborso dei farmaci, con una particolare attenzione all’innovazione, alle tecnologie e a tutto quello che il futuro ci potrebbe portare – ha ricordato Guido Rasi, consulente del ministro Schillaci sulla farmaceutica, già direttore esecutivo dell’Ema – ma un aspetto fondamentale riguarda la complessità burocratica che ancora c’è, a partire dall’Europa, fino all’Italia e alle sue regioni: tre livelli di complessità che non si aiutano l’uno con l’altro. Oggi abbiamo la necessità di avere un modello di valutazione che non sia limitato alla spesa del singolo atto medico: quell’atto di intervento deve essere inserito in un contesto più grande, perché può generare risparmi e benefici socio sanitari”.
Francesca Patarnello, VP Market Access & Government Affairs AstraZeneca e membro di Ithaca, ha illustrato sia il principio di base che ha ispirato i lavori del think tank, che le principali proposte lanciate relativamente al tema dell’innovazione sostenibile e dei nuovi modelli di accesso e rimborsabilità. “Lo spirito con il quale questo gruppo di aziende si è riunito e ha dialogato in questo anno con politica e istituzioni – ha detto – è la volontà di ricercare soluzioni e non di fare critiche. Siamo consapevoli, essendo tecnici che lavorano nelle aziende, che questo non è un tema facile e che le soluzioni non sono possono essere ricercate semplicemente scrivendosele da soli. Credo che nulla possa cambiare se non ci mettiamo insieme a costruire delle soluzioni che abbiano una base tecnica molto forte. Nelle nostre proposte abbiamo inserito alcuni punti, il primo riguarda la semplificazione e la standardizzazione delle procedure. Negli anni si sono stratificate molte procedure e norme, con un numero di farmaci, di indicazioni e di processi di negoziazione in aumento. In parte questo è dovuto all’arrivo di nuovi prodotti, e questo è un bene, in parte c’è ormai una prassi che aumenta il numero di volte in cui un farmaco viene ‘analizzato’ dagli enti regolatori. Le aziende si aspettano di avere prevedibilità sui propri processi e tutto quello che esce da questi canoni è difficile da controllare, e giustificare a livello internazionale. In Ithaca abbiamo ragionato su questo e pensato che si possa pensare a una sorta di triage nella definizione delle velocità di ingresso e di valutazione dei farmaci, e che si possa lavorare sulle priorità con le quali alcuni dossier vengono valutati dalla Commissione scientifica ed economica dall’Aifa. In questo modo molti altri processi potrebbero essere semplificati, lasciandoli alla gestione degli uffici”.
“C’è poi un punto chiave – ha proseguito – che è il decreto prezzi e rimborsi, sul quale ci fu una grande discussione tecnica all’epoca dell’entrata in vigore, anche con il mondo industriale, e al quale seguì una richiesta di modifica” mai avvenuta. “Credo che questo sia il momento per ripensarlo proprio alla luce di un’esigenza di semplificazione e di maggiore prevedibilità e riproducibilità dei dossier. La proposta relativa all’innovazione l’abbiamo scritta prima della legge di bilancio; quindi, prima della norma che ha definito una data entro la quale verranno rivisti i criteri di innovatività di un farmaco. Anche in questo caso pensiamo che sia molto importante rivedere questi dettami insieme agli stakeholder, perché hanno delle ricadute importanti, anche sul modo in cui noi possiamo nel tempo influenzare i nostri Global nelle decisioni relative a ricerca e sviluppo. Dobbiamo lavorare insieme sui criteri, questo è un elemento al quale ci aspettiamo di poter contribuire avendo avuto un’esperienza di tanti anni e avendo visto diverse modalità con le quali i criteri sono stati utilizzati: ricordiamoci che a livello internazionale siamo considerati come una best practice perché abbiamo un fondo per l’innovatività, considerato un’eccellenza italiana molto importante”.
“Abbiamo poi bisogno di creare dei percorsi accelerati per alcuni farmaci – ha aggiunto Patarnello – e di definire dei modelli che possano consentire di evitare quelle diseguaglianze ancora esistenti, anche se si stanno accorciando i tempi dalla registrazione alla rimborsabilità: una procedura che per alcune situazioni costruisca un percorso di accesso precoce. Infine, l’Health Technology Assessment (HTA) secondo noi è la migliore scelta per affrontare tutte queste tematiche, perché è una metodologia che ha una base molto condivisa e mette insieme la parte economica con la parte scientifica, aiutando il sistema a fare delle scelte condivise e un’analisi chiara del loro impatto, contribuendo ad attrarre investimenti e risorse per la salute”.
Sono questi gli stessi temi su cui sta lavorando Aifa, ha fatto sapere il presidente Robert Nisticò, “pure essendo un’agenzia impegnata in tante cose, ma sottorganico. Certamente accesso, sostenibilità e sanità efficiente sono i tre temi prioritari. Vogliamo tutti che i nostri cittadini abbiano accesso alle terapie, meglio se pagate dal sistema sanitario nazionale. Ma queste terapie sono sempre più costose, perché tecnologicamente complesse. Sono potenzialmente terapie risolutive, cosiddette eziologiche, oppure disease-modifying, che possono avere un grande impatto sulla salute pubblica. Dobbiamo abituarci a regolamentare questo tipo di innovazione: se andiamo ad analizzare tutti i farmaci approvati da Ema l’anno scorso e applichiamo un Horizon scanning per vedere quello che arriverà in futuro, saranno terapie sempre più costose. Per quanto riguarda i tempi, Paesi come la Germania sono molto rapidi, la Francia ha dei modelli avanzati, come la Spagna, l’Inghilterra. E poi ci siamo noi: nel panorama internazionale non siamo messi male per il numero di farmaci autorizzati in commercio dall’Ema che poi arrivano sul mercato italiano. Sono circa l’80% e non è male, siamo tra i Paesi che garantiscono un’offerta molto buona rispetto a tanti altri. Inoltre, come Cse stiamo quasi dimezzando i tempi di approvazione, quei famosi 424 giorni li porteremo a 210-220. Le procedure si sono velocizzate, però poi in Italia esiste il discorso delle Regioni, con una situazione variegata che non favorisce l’equità all’accesso alle cure. Dobbiamo adottare un’ottica di sistema: l’Aifa fa parte di una catena, dove poi ci sono le Regioni, e occorre ragionare tutti insieme, capirci anche col Mef e con la Ragioneria di Stato e superare il concetto di terapie come costo. Per garantire un early access, ad esempio, la Cse deve fare un lavoro per capire a quale popolazione vogliamo dare un determinato farmaco: non è possibile assicurarlo a tutti per una data indicazione terapeutica, perché impatterebbe sulla sostenibilità. Allora identifichiamo una possibile popolazione responsiva. Se un’azienda presenta un dossier, la Cse lo valuta in maniera cogente in un tot di giorni, diamo il farmaco al paziente, ma poi facciamo uno studio: i risultati sono fondamentali, con i registri di monitoraggio da un lato e la real world evidence dall’altro. Aspettiamo 1-2 anni e definiamo il valore del farmaco: come possiamo dare prima il prezzo? Su quale base fissarlo? Definiamo insieme un valore sulla base di parametri condivisi. Insomma, rivediamoci dopo un anno, magari 18 mesi, studiamo insieme come peraltro stiamo facendo con Farmindustria: è in corso un confronto per mettere in piedi proprio questo modello di accesso. Bisogna ragionare in un’ottica di visione globale tutti insieme e noi siamo a disposizione”.
“Molto spesso si parla della quantità della spesa in sanità – è intervenuto il sen. Raoul Russo, componente della 5° Commissione Bilancio di palazzo Madama – io penso che bisognerebbe parlare sempre più della qualità, dell’appropriatezza, di organizzare bene gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Perché è chiaro che non potremo mai dare tutto a tutti, ma la scienza ci dà la possibilità di essere precisi negli obiettivi che ci poniamo. Dobbiamo stabilire priorità: è chiaro che, ad esempio, il tema dell’Alzheimer non è semplicemente un tema socio-sanitario. È un tema di costo e di possibilità di avere persone che rimangono produttive nel tempo. E allora investire in farmaci che hanno come bersaglio le demenze è fondamentale”.
Coinvolti nella giornata anche cittadini e pazienti. Elio Rosati, segretario regionale Cittadinanzattiva Lazio, definisce le prime proposte di Ithaca illustrate nel corso dell’incontro come “assolutamente condivisibili. Credo che la parola guida sia sicuramente ‘innovazione’, che porta con sé alcuni paradossi: da un lato stiamo sperimentando i frutti dell’innovazione tecnologica nella telemedicina e nei farmaci, ma manca un’innovazione nell’organizzazione dei servizi. Questo è il grande tema che purtroppo blocca, limita o rende difficoltosa la gestione. Siamo in uno scenario demografico che vede sempre più persone anziane, con una importante compresenza di patologie croniche nella stessa persona e abbiamo una situazione di carenza di servizi territoriali. Credo che ci sia da fare una riflessione seria su quello che dovrà essere il nuovo modello organizzativo della presa in carico dei pazienti in tutti gli ambiti”.
Secondo Armando Genazzani, presidente Società Italiana di Farmacologia (Sif), “il tema sollevato da Nisticò e Rasi è centrale: l’Agenzia italiana del farmaco deve potenziarsi nel proprio personale. Per avere velocità ed efficienza questo è uno snodo centrale per realizzare tutte queste proposte. C’è una complessità incredibile e un numero molto ridotto di persone a gestire questa complessità. Avere un sistema che abbia una quantità di persone sufficienti per fare quello che gli si chiede è interesse di tutti. Il secondo elemento è la complessità burocratica: avrete notato che attualmente al termine dei Cda Aifa viene pubblicato un comunicato con le molecole che sono state negoziate. Questo equivale a un combattere la burocrazia a costo zero e va nella giusta direzione. Terzo elemento è seguire l’esempio dell’Europa ed entrare in una rete collaborativa: per quante persone noi possiamo mettere all’interno dell’Agenzia non saranno mai sufficienti per andare alla velocità e con le competenze che servono. Quindi bisogna trovare una maniera per fare entrare una rete di collaborazione, ad esempio con le università”.
Rispondendo a una domanda del pubblico che riprende il tema della pianta organica e delle funzioni ‘da rivedere’ internamente ad Aifa, il presidente Aifa Nisticò ha fatto sapere che “la rinegoziazione è forse l’unica leva che abbiamo oggi per calmierare il problema della sostenibilità: facciamo tante rinegoziazioni per cercare di ridurre la spesa. Devo dire che tutti i gangli dell’Agenzia sono importanti, dalla farmacovigilanza alle ispezioni, alla parte l’autorizzazione, alla parte ricerca e sperimentazione. Siamo adesso in una fase di riorganizzazione, abbiamo proposto un modello che va verso la semplificazione, la sburocratizzazione e la velocità, queste sono state le nostre parole chiave per la nuova fase”.
Nel corso della seconda sessione “Semplificazione ed equità: strategie per superare le disuguaglianze regionali nell’accesso alle cure” la rappresentante Ithaca Viviana Ruggieri, External Relations, Market Access & Regulatory Director Servier, ha introdotto il tema ricordando che “2/3 delle regioni italiane hanno dei prontuari, ma non tutte hanno delle commissioni che supportano la creazione di questi prontuari. Addirittura, ci sono regioni che non hanno né prontuari né commissioni, dove il processo decisionale è lasciato all’iniziativa della parte amministrativa. Che cosa implica questo dal punto di vista pratico? Implica intanto uno sforzo organizzativo per poter comprendere le normative, i processi regionali e chi sono gli interlocutori, ma significa anche una grande duplicazione delle attività valutative. Se calcoliamo che ciascuna Regione dedica 10 persone a questa attività, oggi circa 200 persone sono impiegate a livello regionale per fare le stesse cose che fa già l’Aifa. Speriamo che il tavolo che è stato appena creato Aifa-Regioni con una logica di confronto e scambio di informazioni abbia anche l’obiettivo di armonizzare. Non è razionale pensare che Regioni differenti applichino processi differenti anche dal punto di vista puramente amministrativo. Oggi parliamo di digitalizzazione del sistema e fra le nostre proposte prevediamo proprio la creazione di piattaforme di scambio. Esistono già delle infrastrutture attraverso le quali l’Aifa e le Regioni possono dialogare, ma è importante definire cosa dire e quando. Nel 2025 abbiamo le tecnologie ed è solo una questione di volontà politica e tecnica. Infine, non si può prescindere oggi dai percorsi diagnostico terapeutici: sono fondamentali per formalizzare il fatto che il farmaco è un investimento e non un costo, a maggior ragione con terapie che rispondono a bisogni altrettanto elevati di salute, ma anche per le terapie croniche affliggono buona parte della popolazione e che hanno bisogno di essere integrate all’interno di un percorso strutturato a livello nazionale e regionale”.
Riprendendo il tema della spesa, Federico Gelli, Direttore Sanità Welfare e Coesione Sociale Regione Toscana, ha ricordato che “corriamo il rischio, e non solo la Regione Toscana ma tutte le regioni d’Italia, di non chiudere i nostri bilanci perché è esplosa la spesa del farmaco. La spesa farmaceutica nel nostro Paese è completamente fuori controllo. Noi abbiamo avuto un incremento nel 2024 di 130 milioni di euro. Nessuno vuole negare le cure, soprattutto le cure per situazioni che conosciamo bene, per le malattie rare, pazienti oncologici eccetera. Ma è evidente che le politiche nazionali di regolamentazione del farmaco non stanno funzionando. Il Mef ha dichiarato palesemente: o diamo una maggiore e diversa regolamentazione nell’uso di questi farmaci o i bilanci saltano. Quindi l’impegno è quello di omogeneizzare i comportamenti, cercando di ispirarci alle migliori pratiche che nelle singole Regioni sono state in questi anni mutuate. Ma credo ci sia una carenza di normativa nazionale: se da sole le Regioni non riescono ad introdurre dei principi e dei criteri omogenei, c’è bisogno di un intervento normativo nazionale che agisca attraverso linee guida riconosciute su basi ed evidenze scientifiche, che diano la possibilità alle Regioni di poter adempiere a obiettivi condivisi e comuni. Lasciando comunque quell’autonomia costituzionale che, sappiamo bene, è uno degli elementi di forza del nostro modello, o forse la debolezza. Un altro aspetto è che occorrerebbe un osservatorio nazionale indipendente che verifichi la corretta applicazione di queste linee guida nazionali nelle singole regioni. L’Aifa immette sul mercato i farmaci, ma poi chi è che verifica i tempi, le regole di applicazione, la disponibilità ai cittadini di questi farmaci nelle singole Regioni? Esse hanno bisogno di regole chiare, certe e trasparenti. Ci vuole un soggetto esterno che verifichi l’applicazione delle regole e fare in modo che se qualche Regione è inadempiente posso essere richiamata, per fare in modo che tutti i cittadini abbiano gli stessi diritti e gli stessi principi fondamentali di cura nell’accesso al farmaco in tutto il resto del Paese. Oggi non è così”.
Interviene Vito Montanaro, Direttore del Dipartimento Promozione della Salute Regione Puglia e componente del CdA dell’Aifa: “L’accessibilità e l’equità – afferma – fanno il paio con la condizione attuale in cui versano molte regioni italiane. La Puglia è una di quelle in piano di rientro da 13 anni, pur avendo fino ad oggi raggiunto, almeno negli ultimi 5 anni, risultati eccellenti sia nella graduazione Lea, sia dal punto di vista della gestione economica delle risorse. Checché se ne dica, le risorse incrementali del Fondo sanitario di anno in anno non sono neanche sufficienti a pagare i costi incrementali che la quotidianità determina. Il primo tra tutti è quello dei farmaci, che inevitabilmente determina una diversa equità di accesso al sistema. La spesa farmaceutica crea il maggiore disagio ai bilanci delle Regioni e aumenta da un paio d’anni addirittura a doppia cifra. Quest’anno, come esaminato qualche giorno fa in CdA Aifa, abbiamo un incremento medio tendenziale nazionale del 9,1%. Sono cifre iperboliche, che da sole assorbono l’incremento del fondo sanitario di ciascuna Regione. Pertanto lo scopo che il Consiglio di amministrazione di Aifa si è prefissato è quello di interagire con la Commissione scientifico economica, tanto da obbligare, nel senso buono del termine, i componenti a rappresentare, ogni volta che viene approvata l’immissione sul mercato di un farmaco, la spesa tendenziale, che può essere coperta o da un risparmio derivante da una ricontrattazione di prezzi di farmaci che in questo momento sono in erogazione o dalla genericazione di alcuni di essi. Questo esercizio serve perché Aifa possa rappresentare a Ministero della Salute e Ministero dell’Economia quanto sia importante di volta in volta dimostrare la sostenibilità dell’immissione in commercio di un farmaco. Fino a che non saremo in grado di rappresentare questo aspetto continueremo a girare intorno ad un problema di equità, di accessibilità, facendo finta che la sostenibilità sia solo un esercizio statistico e non un esercizio di coerenza delle risorse. In questo ritengo che Aifa, anche attraverso tavoli con le Regioni, debba giocare un ruolo fondamentale, nell’analisi non solo statistica della spesa, ma anche e soprattutto epidemiologica e di coerenza con il mercato. Faccio un esempio: qualche settimana fa abbiamo letto una pubblicazione su un’importante rivista inglese, nella quale era descritto che su 100 nuovi farmaci per la lotta al tumore messi in distribuzione nel mondo, il 48% pur rilevando un indicatore di spesa molto più rilevante, non ha effetti coerenti con l’incremento della spesa. Questo vuol dire che l’analisi prima dell’immissione sul mercato di quei farmaci non è stata un’analisi che ha concesso l’opportunità di mettere in relazione la sostenibilità sotto il profilo clinico assistenziale con la sostenibilità sotto il profilo economico finanziario”.
Per Arturo Cavaliere, Presidente Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera), “i Lea dovrebbero fornire equità nelle prestazioni e nei servizi su tutto il territorio nazionale. Il farmaco di fatto è il cardine essenziale che garantisce la tutela della salute. Detto questo, ci viene da riflettere su come poter far sì che il farmaco approvato a livello europeo, negoziato poi a livello nazionale, non venga purtroppo rinegoziato a livello regionale. Nel caso dei farmaci infungibili, dopo la determina Aifa con il prezzo contrattato, le Regioni con le centrali di committenza sono costrette a fare nuovamente una nuova gara, perché il Codice degli appalti prevede che bisogna stipulare una convenzione contrattuale. Questa sincrasia, assurda da un punto di vista sanitario, per cui centinaia di persone lavorano per fare le stesse cose che ha fatto Aifa, non potrebbe essere risolta con una modifica legislativa del nuovo Codice degli appalti, la legge 36 del 2023? Noi come Sifo abbiamo fatto una proposta in Aifa proprio per risolvere questo annoso problema, che consideriamo superabile e che porterebbe a una riduzione di nuovi farmaci infungibili. Inoltre, le Regioni possono decidere quale farmaco possa essere erogato in distribuzione diretta o sul territorio per il tramite delle farmacie convenzionate. Come Sifo abbiamo pensato che questo tipo di governance dovesse finire, perché le Regioni la stavano sfruttando come governance economica di sostenibilità e non ottemperavano a un criterio scientifico (quali molecole dovessero essere erogate dagli ospedali e quali realmente avessero quei criteri scientifici per poter entrare nel canale della convenzionata). Abbiamo riunito in un tavolo Federfarma nazionale, la Fofi, Aifa, con l’endorsement del ministero, e abbiamo finalmente descritto in un documento tecnico quali sono i criteri scientifici e di sostenibilità per poter distribuire le molecole nell’erogazione diretta, quali in distribuzione per conto e quali possano essere declassificati e possano andare a finire in convenzionata. Essenzialmente si tratta di molecole prescrivibili dai medici di medicina generale. Questo di fatto è già diventata legge. Abbiamo le prime categorie di farmaci, le incretine, che in questo momento sono erogate sul canale della convenzionata: questo significa uniformare l’accesso alle cure”.
Luisa Fioretto, Presidente del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) ha ricordato che “l’oncologia è un settore in cui la dirompenza dell’innovazione si riflette in modo pesante sull’organizzazione del lavoro quotidiano degli oncologi, con delle implicazioni non soltanto sulla cura dei nostri pazienti. Sicuramente l’innovazione diagnostica e terapeutica che sta attraversando l’oncologia è una grande opportunità per i nostri pazienti anche grazie all’applicazione della medicina di precisione, che ci permette di trattare il paziente giusto in quanto positivo a una determinata mutazione: vuol dire che noi trattiamo i nostri pazienti in modo più efficace, con meno effetti collaterali ma soprattutto non trattiamo tutti quei pazienti che non hanno la mutazione, quindi risparmiamo nella gestione complessiva di quella patologia Ed ecco che cominciamo a parlare di investimento e non di spesa. Il cancro è una patologia tempo-dipendente e ad oggi spesso i tempi di approvazione dei farmaci sono incompatibili con l’emergenza clinica. In alcune regioni arriviamo fino a due anni di attesa. A fronte di tutto questo non possiamo non condividere come collegio le proposte che oggi abbiamo sentito. E credo che sia importante che ci sia una collaborazione con le società scientifiche”.
Oltre all’oncologia, il campo della sclerosi multipla rappresenta un unicum per la centralità del farmaco nell’assistenza al paziente. Tommaso Manacorda, Ricercatore welfare, sanità pubblica e advocacy Osservatorio Aism diritti e servizi ha evidenziato che “il modello della sclerosi multipla in questo senso è paradigmatico, sia perché la presa in carico ha dei punti di forza in termini di equità, anche se non mancano problematiche, ma soprattutto perché la SM esordisce in età giovanile e i farmaci ne modificano il decorso consentendo un mantenimento delle attività. Oggi le persone con SM raggiungono disabilità grave e con limitazioni importanti in termini di capacità lavorativa ma anche di autonomia, molti anni dopo rispetto a 20-30 anni fa. Questo perché i farmaci oggi sono più efficaci e sono una colonna portante della terapia SM. Le evidenze scientifiche ci dicono in modo chiaro che l’efficacia è tanto maggiore quanto prima inizia la terapia: oggi si comincia con i farmaci che fino a 15 anni fa venivano utilizzati in seconda linea. Le evidenze scientifiche ci dicono che bisogna iniziare con i farmaci più efficaci e anche più costosi, cosa che però garantisce un controllo della patologia molto migliore. Il problema è che la governance è rimasta a 15 anni fa, a un principio comprensibile e legittimo di precauzione che però viene poi applicato in modo disomogeneo sul territorio. Gran parte dei centri clinici di fatto già adottano questo approccio evidence-based, con un costo immediato più alto, e altri invece rimangono ancorati all’interpretazione più restrittiva. In questo senso è importante che Aifa allinei le proprie indicazioni con la consapevolezza che ridurre i rischi disabilità e allontanarli nel tempo di un decennio significa sgravare la collettività di costi altissimi, perché raggiungere un livello di disabilità elevato 10 anni prima significa lasciare il lavoro, avere bisogno di assistenza, avere ulteriori spese sanitarie ma soprattutto costi sociali diretti e indiretti che non sempre sono considerati”.
Terza e ultima sessione dedicata la tema “Trasparenza dei dati e collaborazione: fondamenti per una governance sanitaria efficace e sostenibile”. “Tutto il progetto Ithaca – ha evidenziato Giampaolo Murri, Executive Director Market Access & Government Affairs BMS – è stato basato sulla collaborazione tra esperti di settore, istituzioni e politica e come tale deve continuare perché il mondo sanitario, quello farmaceutico in particolare, è molto articolato e e le soluzioni possono venire soltanto da un approccio multidisciplinare e multistakeholder. Per quanto riguarda i dati, tra le proposte del gruppo di lavoro è emersa quella di cercare di sviluppare quanto più possibile una piattaforma comune a livello nazionale, e non frammentata a livello di centro ospedaliero o di regione. Ormai siamo in un’epoca di digitalizzazione e intelligenza artificiale che lavorano sui dati; quindi, se vogliamo affrontare questo futuro industriale, scientifico, tecnologico, dobbiamo avere la base di partenza. In Italia siamo stati dei pionieri con la collaborazione e la condivisione dei registri di monitoraggio, abbiamo creato delle piattaforme. La sfida è quella di produrli e utilizzarli anche per decisioni basate sull’evidenza. Un altro punto che, come gruppo di lavoro, abbiamo proposto è che una volta avuti i dati dobbiamo anche condividere ed essere d’accordo su come utilizzarli, con che metodologia e a quali fini, in modo tale che ci sia un utilizzo e delle decisioni che siano prevedibili. La prevedibilità è a vantaggio delle aziende farmaceutiche che devono avere un orizzonte di pianificazione, ma anche del sistema sanitario nazionale: per i politici che devono decidere quali servizi dare ai cittadini e anche per la parte più istituzionale che deve sapere quali risorse allocare e dove allocarle. In un sistema così articolato e complesso, un solo elemento della catena decisionale non può risolvere questa sfida da solo. Quindi bisogna lavorare in maniera proattiva, costruttiva, trasparente e propositiva dove anche i tecnici devono dare delle proposte, devono essere parte della soluzione e devono spronare i decision maker”.
Nel percorso verso la creazione di un sistema che sia in grado di raccogliere e utilizzare dati in sanità Francesco Mennini, Capo Dipartimento Programmazione, dispositivi medici e farmaco del ministero della Salute ha ricordato che “prima dell’estate all’interno del Dipartimento che dirigo abbiamo istituito un ufficio nuovo, che si occupa della tracciabilità dei farmaci e dei dispositivi. Questa era una funzione che prima era parte di un altro Dipartimento e di un’altra direzione generale, ma ci è sembrato logico inserirla all’interno del Dipartimento della programmazione anche nell’ottica di integrare le informazioni che emergono dalla tracciabilità dei farmaci e dei dispositivi medici: potremo avere dati e informazioni che ci fanno vedere come hanno inciso e come incideranno le tecnologie, i farmaci o i dispositivi medici, nel percorso assistenziale del paziente. Garantiremo un miglioramento della trasparenza dei dati e dell’individuazione degli strumenti di analisi per prendere decisioni basate sull’evidenza. La collaborazione, nell’ultimo anno e mezzo, con il Garante della privacy ci ha consentito di superare gli ostacoli interni anche allo stesso Ministero nel trasferimento e nella condivisione dei dati. Questo ha agevolato anche lo sviluppo del modello previsionale. Adesso possiamo attingere anche i dati di tutti i pazienti italiani, mettendo in connessione le informazioni che provengono dalla tracciabilità del farmaco e dei dispositivi. Si deve arrivare a una banca dati nazionale, accessibile condivisa, ma bisogna vedere da chi deve essere utilizzata e con chi deve essere condivisa, però credo che sicuramente che se si riuscirà a creare una banca dati nazionale condivisa tra Ministero, Aifa, Agenas, sarà già positivo”.
Sul tema dei dati è intervenuto anche il direttore scientifico dell’Aifa, Pierluigi Russo: “Il professor Mennini ha tracciato un percorso che è stato intrapreso ormai da diversi anni – ha sottolineato – per passare da una programmazione di tipo normativo ad una programmazione basata sui dati, che è un passaggio epocale. Abbiamo un patrimonio informativo come probabilmente nessun altro Paese europeo, ma c’è una frammentazione di questi dati su base regionale che pone una serie di problemi di natura amministrativa, legati non sono alla detenzione dei dati, ma anche alla gestione degli aspetti di privacy, che devo dire si stanno cercando di superare, anche all’interno del Ministero, a vantaggio delle analisi che potrebbero essere condotte dall’Aifa. Abbiamo la piattaforma dei registri che in questo momento è la più avanzata in ambito europeo sulle terapie ad alto costo. Di fatto è una piattaforma nazionale e il primo e l’unico flusso amministrativo del servizio sanitario nazionale che non vede i confini regionali: li monitora, ma applica degli standard che sono comuni a tutte le regioni. Questa piattaforma stiamo tentando di ampliarla grazie ai fondi del Pnrr, ne aumenteremo le capacità informative e stiamo andando verso la sottoscrizione di un nuovo protocollo di intesa con le aziende farmaceutiche titolari di quei medicinali oggetto di monitoraggio, per incrementare il numero di informazioni a cui loro possono avere accesso. Questo protocollo prevede anche la possibilità per le aziende farmaceutiche di utilizzare questi dati per finalità regolatorie. Se mi arriva una terapia avanzata autorizzata con uno studio a braccio singolo con una valutazione di profilo beneficio rischio, senza dati che permettano di porre nel contesto assistenziale l’efficacia di quel medicinale, nel momento in cui io costruisco una piattaforma nazionale che replica i criteri di inclusione dello studio autorizzativo, di fatto sto costruendo un grandissimo studio di Real Word Evidence a copertura censuaria sul territorio nazionale, di cui restituisco le informazioni statistiche al titolare di Aic, che avrà la possibilità di utilizzarli anche per finalità regolatoria”.
“Occorre trovare delle soluzioni – ha commentato Ilenia Malavasi, componente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati – per facilitare le autorizzazioni nei tempi più rapidi possibili affinché il farmaco, fatta salva la sicurezza ovviamente, possa arrivare a destinazione. E devo dire che in questi due anni siamo stati spesso e volentieri sollecitati da tante associazioni di pazienti proprio su questo tema. Ben venga questo tavolo e le proposte che sono state avanzate perché è evidente che pur avendo ruoli e punti di vista diversi alla fine tutti lavoriamo per fare in modo che ci sia un sistema Paese che funziona che sia efficace ed efficiente nella prestazione o nell’erogazione del farmaco all’interno di una buona politica sanitaria nazionale”.
Gian Antonio Girelli, componente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, ha aggiunto: “Quando si parla di gestione dei dati esistono delle proposte di legge depositate ed è sicuramente un tema che dobbiamo affrontare, non possiamo più rimandare: appare perlomeno strano che i dati girino in tutti i campi, solo in quello sanitario sembra che subentrino mille problemi nel poterli condividere con chi ne ha effettivamente bisogno. Assumiamoci questa responsabilità insieme ad un’altra partita che deve vedere la politica maggiormente responsabile, autorevole: la gestione dell’intelligenza artificiale, che ci può permettere davvero di ottenere risultati incredibili in pochissimo tempo. Ma non possiamo permetterci di utilizzarla con una mancanza di regole”.
Al Think Tank ITHACA partecipa un team di esperti nelle scienze regolatorie e un selezionato gruppo i professionisti esperti in politiche di market Access che operano nelle aziende che sostengono l’iniziativa (AstraZeneca, Beigene, BMS, Boehringer Ingelheim, Csl Vifor, Merck, Pfizer, Servier, Vertex).