Non solo i giochi su tablet e pc, ma anche la visione passiva di video può nuocere al fisiologico sviluppo del linguaggio, rallentandone, se non addirittura, compromettendone l’apprendimento. A dimostrarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Plos One, frutto della collaborazione di ricercatori provenienti da 20 nazioni. Gli studiosi hanno anche appurato che i bambini superano i limiti di tempo raccomandati per l’uso di schermi e che televisione e smartphone sono i dispositivi più utilizzati. Secondo le Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ai bambini da zero a due anni dovrebbe essere posto un divieto assoluto di restare fermi davanti a uno schermo, mentre dai due ai quattro anni i bimbi non dovrebbero essere mai lasciati per più di un’ora a guardare passivamente lo schermo televisivo o di altro genere, come cellulari e tablet. La ricerca, coordinata da Susana Azzollini della Universidad de Buenos Aires (UBA), evidenzia che una maggiore esposizione a schermi si associa a punteggi più bassi nelle scale usate per valutare lo sviluppo del linguaggio, mentre l’esposizione ai libri e il tempo condiviso con gli adulti sono stati collegati a migliori capacità linguistiche.
A confermare i dati della ricerca argentina anche la logopedista Anna Giulia de Cagno, componente della Commissione d’Albo dell’Ordine TSRM e PSTRP di Roma e Provincia: “Non vogliamo demonizzare l’uso dei device, ma deve essere chiaro a tutti che la comunicazione e il linguaggio si sviluppano all’interno della relazione. Ancora prima di produrre e comprendere le parole i bambini e le bambine imparano a regolarsi e co-regolarsi interagendo con i caregivers che attraverso lo sguardo, l’empatia la voce e il corpo interagiscono con il bambino”. La ricerca mostra anche come l’uso di schermi da parte dei bambini sia aumentato soprattutto in seguito alla pandemia, sollevando preoccupazioni circa il suo impatto sullo sviluppo cognitivo e motorio precoce. Già altri studi precedenti avevano gettato un’ombra sugli effetti potenziali dell’uso dello schermo sull’acquisizione precoce del linguaggio, sullo sviluppo socio-emotivo e sulle capacità di autoregolazione dei bambini. “È nello spazio della relazione che emergono le parole e, soprattutto, i significati condivisi – continua la logopedista -. Si tratta, dunque, di un processo cognitivo, emotivo e linguistico in cui potremmo dire che input e output – ovvero linguaggio in entrata e uscita – viaggiano continuamente nelle due direzioni, permettendo all’adulto e al bambino di adattarsi e modularsi reciprocamente. In questa relazione non emerge l’apprendimento di un vocabolario statico, ma un processo dinamico di acquisizione di parole e significati, che permettono al piccolo di elaborare anche la sua teoria della mente, riconoscere l’altro e sintonizzarsi con il mondo esterno. Si interagisce con l’ambiente attraverso il linguaggio”.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.878 bambini, di età compresa tra i 12 e i 48 mesi, tra agosto 2021 e marzo 2023. I partecipanti sono stati valutati utilizzando informazioni riferite dai genitori sull’uso dello schermo, l’impegno nell’uso condiviso dei media, l’esposizione ai libri, le competenze linguistiche e le tappe dello sviluppo. I risultati hanno mostrato che la TV, anche quando fruita solo in sottofondo durante altre attività, resta il mezzo più usato, in media oltre un’ora al dì. I contenuti di intrattenimento sono i più visti, seguiti dalla musica. L’esposizione agli schermi variava minimamente in base allo stato socioeconomico della famiglia, ma quelle con stato più basso tendono ad utilizzare meno libri e meno risorse educative. Ebbene, è emerso che all’aumentare del tempo trascorso davanti a uno schermo diminuisce il livello di sviluppo del linguaggio, in particolare per quanto riguarda la TV in sottofondo e la visione generale della TV. Una maggiore esposizione allo schermo è stata correlata a una minore densità lessicale e a un più tardivo raggiungimento delle tappe linguistiche. Al contrario, l’esposizione ai libri e l’impegno condiviso sullo schermo con gli adulti sono stati collegati positivamente alle competenze linguistiche. I risultati non sorprendono se si considera che “utilizzando i device il bambino è bombardato di input a prescindere dalla risonanza che hanno in lui: non c’è modulazione e l’attivazione che ne deriva non è accolta e rimodellata dall’adulto. Non c’è uno spazio immediato di produzione e condivisione del significato. L’input che il bambino riceve non trova uno spazio per essere rielaborato in un rispecchiamento che è lo spazio di crescita”, conclude la dottoressa De Cagno.
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