Nel sangue dei piccoli pazienti con tumore circolano liberamente frammenti di DNA, ormai degradato e inservibile, che contengono importanti informazioni. Precisamente, contengono segnali genetici, chiamati biomarcatori, che indicano le possibili cause di resistenza alle terapie e le possibili evoluzioni future di un tumore pediatrico. Questo è quanto emerge da uno studio internazionale coordinato dai ricercatori dello Human Technopole (HT) di Milano, dell’Institute of Cancer Research (ICR) di Londra e del Royal Marsden Hospital di Londra, come parte del più ampio programma di medicina di precisione del Regno Unito “Stratified Medicine Paediatrics” (SMPaeds), che ha l’obiettivo di identificare potenziali fattori del genoma umano che potrebbero avere un ruolo attivo nella ricomparsa della malattia e nuovi possibili bersagli terapeutici.
I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cancer Discovery, dimostrano che un’analisi dettagliata del cosiddetto “DNA libero circolante” (cfDNA) – cioè tutti quei frammenti di materiale genetico degradati e rilasciati dalla cellula nei fluidi corporei come il plasma sanguigno – permette di individuare parti di DNA di cellule tumorali, anche già morte, e rilevare al loro interno quelle caratteristiche genetiche che contraddistinguono tumori pediatrici più aggressivi. Invece di prelevare parti del tessuto tumorale attraverso la biopsia, una pratica invasiva e che nei bambini risulta particolarmente difficoltosa, basterebbe quindi un semplice prelievo del sangue per potere ottenere numerose informazioni sulle caratteristiche di un tumore pediatrico, come le possibili cause di resistenza alle terapie e l’evoluzione del tumore nel tempo.
La ricerca ha inoltre confermato nuovamente il ruolo significativo nell’insorgenza e nell’evoluzione dei tumori dell’epigenetica, cioè il modo in cui il materiale genetico è “ripiegato” all’interno del nucleo della cellula. Sequenziando il cfDNA di alcuni pazienti, i ricercatori hanno infatti osservato che questi frammenti di DNA presenti nel plasma avevano assunto delle forme particolari che in passato erano già state studiate e associate alla presenza di diversi tipi di tumore. “Lo sviluppo di resistenze alle terapie nei tumori pediatrici sono spesso associate a specifiche mutazioni nei geni e fattori epigenetici”, dichiara Andrea Sottoriva, responsabile del Centro di ricerca in biologia computazionale di Human Technopole e corresponding author dello studio.
“Confrontando il tessuto tumorale di numerosi pazienti affetti da tumori pediatrici recidivi con i frammenti di DNA rilasciati dalle loro cellule nel plasma, abbiamo osservato – continua Sottoriva – che a un maggiore numero di mutazioni presenti sul cfDNA corrispondeva una maggiore varietà tra le cellule che costituivano il tessuto tumorale e, di conseguenza, una maggiore possibilità che non tutte queste cellule rispondessero positivamente alla stessa terapia, rigenerandosi e portando così a un ritorno della malattia. Abbiamo quindi concluso che il cfDNA dei pazienti affetti da tumore pediatrico può essere analizzato per ottenere informazioni molto preziose sulle caratteristiche genetiche del tumore e sulla sua capacità di resistere alle terapie”.
“Questo studio conferma l’importanza di una ricerca costante di nuovi marcatori che possano aiutare a predire il comportamento dei tumori, oltre che di nuovi potenziali bersagli terapeutici, soprattutto in casi complessi e delicati come quello del cancro infantile”, sottolinea Marino Zerial, direttore dello Human Technopole. “La ricerca ha inoltre permesso di confermare ancora una volta il ruolo centrale dell’epigenetica nell’insorgenza e nello sviluppo dei tumori, che a Human Technopole abbiamo spesso indagato in diverse patologie e attraverso vari progetti di ricerca pubblicati nel corso degli anni”, aggiunge.
Per questo studio è stato preso in considerazione un ampio set di dati genomici provenienti da pazienti con tumori pediatrici recidivati e aggressivi. In particolare, da ciascuno di questi pazienti sono stati estratti un campione di tessuto tumorale e uno di DNA libero circolante. I campioni sono stati successivamente analizzati, sequenziati in laboratorio e comparati tra loro. I ricercatori hanno quindi osservato che quando sul cfDNA del paziente erano presenti alcune determinate mutazioni, le cellule del suo tessuto tumorale presentavano una grande eterogeneità, erano cioè molto diverse l’una dall’altra e, quindi, più difficili da eliminare contemporaneamente con una singola terapia: la presenza di cellule tumorali molto diverse tra loro è infatti un fattore chiave nella capacità di un tumore di ripresentarsi anche a distanza di tempo. Inoltre, a una maggiore presenza di mutazioni sul cfDNA corrispondeva una maggiore eterogeneità del tessuto tumorale, e viceversa.
Analizzando il cfDNA, i ricercatori hanno inoltre notato che alcune specifiche sequenze di questi frammenti avevano una conformazione identica a quella del materiale genetico presente all’interno del nucleo delle cellule tumorali del paziente, confermando così il ruolo attivo dell’epigenetica – la forma specifica che assume il materiale genetico all’interno del nucleo della cellula – come fattore chiave per l’insorgenza e lo sviluppo dei tumori.
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