Dalle Prostate Unit al Percorso Clinico Assistenziale (PCA), fino alla creazione di un vero e proprio Prostate Cancer Research. E’ a quello che punta Bernardo Rocco, nuovo ordinario di Urologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC Urologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS. “Quello della prostata – ricorda Rocco – è il tumore più frequente nell’uomo ed è anche uno dei tumori, per i quali l’intervento chirurgico può fare la differenza in termini di prognosi. Ma il rischio è quello degli effetti indesiderati cosiddetti ‘funzionali’ (incontinenza urinaria e disfunzione sessuale), che possono rivelarsi particolarmente impattanti sulla qualità di vita di una persona”.
“Per questo gli outcome prostatectomia radicale, uno degli interventi più frequenti in oncologia sono considerati un ottimo indicatore di qualità, valutato tanto da Agenas, quanto dalle agenzie internazionali”, sottolinea Rocco. “La chirurgia robotica ha rivoluzionato il trattamento del tumore della prostata. Ma fondamentale per la cura di questo tumore – prosegue – è la multidisciplinarietà, il lavoro di squadra, insieme a oncologi, radioterapisti e medici nucleari. È importante scegliere di andarsi a curare nei centri dove siano presenti tutte le competenze, magari organizzate in Prostate Unit, in analogia con quanto già accade per il tumore della mammella (con le Breast Unit). Abbiamo già definito il nostro PCA (Percorso Clinico Assistenziale) Prostata, che presenteremo a breve. E il nostro obiettivo finale è proprio quello di create un Prostate Cancer Center”.
A Rocco e suo padre, altro urologo di fama, si deve il cosiddetto “Punto di Rocco” (‘Rocco stitch’, ovvero la ricostruzione uretro-vescicale posteriore), una tecnica chirurgica ormai consolidata e diffusa ovunque (è utilizzata da più di metà dei chirurghi nel mondo ed è contemplata sia nelle Linee guida europee, che nell’Atlante chirurgico americano). È una tecnica importantissima nella chirurgia della prostata per massimizzare la ripresa della continenza urinaria.
“Nel 2016 – ricorda Rocco – ho messo a punto dei sistemi di calcolo statistico, dei nomogrammi (PrECE, Predicting Extra Capsula Extension of Prostate cancer), sviluppati insieme al gruppo americano dell’Advent Health Celebration (Florida, Usa) che servono a ‘dosare’ bene il risparmio dei nervi (tecnica chirurgica ‘nerve sparing’); quello della potenza sessuale post-intervento è il secondo dei due grandi temi funzionali, che possono gravare sugli esiti di un intervento di prostatectomia radicale per tumore della prostata. Una possibile evoluzione di questi nomogrammi, potrebbe avvenire attingendo a strumenti di intelligenza artificiale per l’analisi delle immagini RMN; a questo proposito, stiamo mettendo a punto un progetto in collaborazione con la professoressa Evis Sala (ordinario di Diagnostica per immagini e Radioterapia all’Università Cattolica e direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radioterapia della Fondazione Gemelli IRCCS)”.
Rocco è anche presidente del comitato scientifico di Europa Uomo (Italia), la più grande associazione pazienti con tumore della prostata a livello europeo. Quest’anno l’Unione Europea ha finalmente promosso lo screening di questo tumore attraverso il dosaggio del PSA nel sangue. In Italia però finora questo screening è stato implementato solo in Regione Lombardia. “Come presidente di Europa Uomo – ricorda Rocco – ho già avviato dei colloqui con il ministero della Salute, insieme al professor Giuseppe Carrieri, presidente della SIU per discutere dell’estensione di questo screening anche alle altre Regioni italiane. Purtroppo, non essendo ancora il dosaggio del PSA inserito nei LEA, le Regioni in piano di rientro non lo possono proporre ai loro cittadini, nonostante questo introduca un elemento di discriminazione. Certo l’algoritmo dello screening per il tumore della prostata non si esaurisce con il prelievo per il dosaggio del PSA. Se questo dovesse risultare positivo, si deve procedere all’esecuzione della risonanza magnetica multiparametrica, esame che invece ha un costo e un impatto organizzativo importante (anche in termini di liste d’attesa)”.
Insieme ad Evis Sala, Rocco sta realizzando una ricerca per valutare se, in casi di positività allo screening, la RMN possa essere alleggerita del mezzo di contrasto, per essere sostituita da una RMN biparametrica (senza mezzo di contrasto) che rappresenterebbe un’enorme vantaggio, in quanto di più agevole esecuzione. L’introduzione della RMN prostatica dopo il dosaggio del PSA ha fatto di nuovo salire le azioni dello screening mediante PSA, che aveva subito una battuta d’arresto per l’enorme numero di biopsie prostatiche che venivano richieste in caso di test positivo e quindi per il rischio di over-diagnosis e di chirurgie inutili. “Con la RMN invece – spiega l’esperto – si riduce enormemente il numero dei soggetti da avviare a biopsia, che diventa dunque molto più profilata e mirata”.
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