In Italia, le strutture che si occupano di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna), tra centri di cura e associazioni, censite sulla piattaforma disturbi alimentari dell’Istituto Superiore di Sanità, hanno raggiunto quota 214. Sono 34 in più rispetto all’ultima rilevazione effettuata nell’ottobre del 2024. Nel dettaglio si tratta di 132 centri appartenenti al Servizio sanitario nazionale, 32 del privato accreditato convenzionato e 50 associazioni. Non del tutto omogenea la distribuzione sul territorio: 79 sono al Nord, 34 al Centro Italia e 51 tra Sud e Isole.
Dalla mappatura dell’Iss, coordinata dal Centro nazionale dipendenze e doping e realizzata con il supporto tecnico e finanziario del Ministero della Salute-CCM, si rileva anche che tra i vari centri uno su cinque è attrezzato anche per la presa in carico dei bambini con meno di sei anni. Nella maggioranza dei casi le strutture sono attrezzate per prendere in carico persone dai 13 ai 45 anni, anche se poco più della metà – il 51% – può occuparsi anche bambini tra i 7 e 12 anni, il 21% di 6 anni o meno e il 76% anche chi ha un’età superiore ai 45 anni.
Per accedere ai servizi nel 48% dei casi va prenotata la prima visita tramite Cup, nel 32% senza libera impegnativa medica. Psicologi, medici specialisti in psichiatria o neuropsichiatria infantile, dietisti e infermieri sono le figure principali presenti nelle équipe multidisciplinari. Le associazioni sono composte da familiari per il 90%, da cittadini volontari per il 68%, da volontari professionisti per il 56% e da persone con disturbi dell’alimentazione e nutrizione per il 30%. Nella metà dei casi i volontari sono appositamente formati sulla tematica.
“La mappatura- spiega Luisa Mastrobattista, del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – è in continuo aggiornamento, per rendere visibile in tempo reale le informazioni dei servizi e agevolare l’accesso alle cure e agli interventi più appropriati”.
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