Salute 17 Marzo 2025 13:28

Diabete, ecco perché l’internista ha un ruolo chiave

Si stima che circa il 30-50% dei diabetici sia seguita da medici internisti che svolgono un ruolo cruciale nella gestione del paziente dal momento che talvolta è il primo medico a diagnosticare la malattia e a valutare l’eventuale presenza di complicanze d’organo
Diabete, ecco perché l’internista ha un ruolo chiave

Coordina la rete assistenziale in ospedale e gestisce le complicanze, grazie alla capacità di fornire una valutazione globale propria della specializzazione. Il medico internista è una figura chiave nella gestione del paziente diabetico, soprattutto in presenza di comorbidità. Lo è ancora di più in uno scenario in cui la prevalenza del diabete è in costante aumento: in Italia si stima che siano quattro milioni le persone affette. “Il lavoro dell’internista – spiega Nicola Montano, Presidente della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), – è per sua natura multidisciplinare, aperto alla condivisione delle competenze con gli altri specialisti. È come un direttore d’orchestra che deve coordinare i vari strumenti (gli specialisti) per produrre armonia. Senza strumenti, non è possibile fare musica e senza direttore d’orchestra ogni strumento andrebbe per conto suo”, aggiunge Montano che approfondirà l’argomento in occasione degli Stati generali del diabete, in programma il 19 marzo a Roma, nel corso della tavola rotonda “Reti interdisciplinari e presa in carico delle comorbidità”.

Il ruolo dell’internista

Ad oggi, si stima che una parte significativa (circa il 30-50%) dei diabetici sia seguita da medici internisti che svolgono un ruolo cruciale nella gestione dal momento che talvolta è il primo medico a diagnosticare la malattia e a valutare l’eventuale presenza di complicanze d’organo. Moltissimi internisti inoltre hanno competenze diabetologiche, si occupano della prescrizione e della gestione delle terapie farmacologiche, non solo per il paziente ospedalizzato, ma anche per quello assistito in ambulatorio. La presa in carico del paziente diabetico in medicina interna è difatti caratterizzata da un’ampia collaborazione con gli endocrinologi e i nutrizionisti. Ma per migliorare le reti interdisciplinari, occorrerebbe investire in programmi di formazione e nell’aggiornamento dei medici internisti su nuove tecnologie, approcci terapeutici e gestione integrata del diabete, inclusa la telemedicina.

La prevalenza del diabete di tipo 2

La forma più comune (il 90%) è rappresentata dal diabete di tipo 2, strettamente legata a stili di vita sedentari e abitudini alimentari scorrette. Il tipo 1 invece si verifica quando il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina, e colpisce circa 300mila persone (0,5% della popolazione). C’è inoltre una quota rilevante di casi non diagnosticati che si stima siano circa 1,5 milioni di persone abbiano il diabete senza saperlo. Una recente survey della SIMI ha analizzato le caratteristiche dei pazienti ricoverati in reparti ospedalieri di Medicina Interna, evidenziando come il 29% sia affetto da diabete tipo 2 in linea, con l’epidemiologia presente in letteratura. Sono pazienti destinati a lunghe peregrinazioni – tra visite specialistiche e relative lungaggini burocratiche – ripetuti ricoveri e accessi al pronto soccorso e reparti ospedalieri. “Lo specialista Internista – spiega il Presidente della SIMI – è lo specialista di riferimento per questi pazienti. L’unicità della sua connotazione ‘specialistica’ risiede nella capacità di vedere il paziente ‘complesso’, non come un insieme di singole patologie d’organo, ma come un unicum e di curarlo occupandosi di tutti i suoi bisogni di salute, accompagnandolo nel suo intero percorso di cura, in fase acuta, nelle riacutizzazioni, e nelle fasi avanzate e terminali di malattia, non trascurando gli aspetti legati al suo contesto sociale e familiare. Pertanto, l’internista si inserisce a pieno titolo nel modello italiano di cura della malattia in quanto è lo specialista deputato alla gestione della persona con diabete durante le fasi di ospedalizzazione per patologie acute legate alla malattia diabetica e per la gestione del paziente diabete complesso con multi-morbilità”.

I costi per il SSN

La spesa sanitaria diretta e indiretta legata al diabete è elevata. Si stima che in Italia si spendano oltre 20 miliardi di euro l’anno. Secondo l’International Diabetes Federation (IDF), la federazione mondiale che include tutte le società di diabetologia internazionali e le associazioni delle persone con diabete, le proiezioni per l’anno 2045 stimano una spesa di oltre 1,054 miliardi di dollari. La maggior parte della spesa associata alla malattia diabetica è determinata dal trattamento delle complicanze, non solo nell’anno di insorgenza della complicanza stessa, ma anche stabilmente negli anni successivi. Le complicanze del diabete che determinano il maggiore impatto sui costi assistenziali risultano essere le nefropatie, le amputazioni e le rivascolarizzazioni degli arti inferiori, seguiti dalle patologie cerebrovascolari e cardiovascolari.

Peso su famiglie e SSN

Circa un diabetico su sei viene ricoverato almeno una volta l’anno, l’89% dei ricoverati entra in ospedale per almeno un ricovero ordinario e il 16% per almeno un ricovero in day hospital. Il tasso di ricovero ordinario nei diabetici è più che doppio rispetto ai non diabetici (235 contro 99 per 1000 persone) e il numero medio di ricoveri nei diabetici è del 15% più alto rispetto ai non diabetici. La degenza media è superiore nei diabetici di circa 1,5 giorni. Nel complesso questi dati dimostrano il peso enorme che la malattia comporta per le persone affette, le loro famiglie e il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). In Italia si contano 1137 ospedali e 1052 strutture complesse di medicina interna, 28.989 posti letto, pari al 15.3% del totale (188.451), e 995.951 ricoveri annuali per acuti (16.2% sulla totalità dei ricoveri (6.139.586), secondo il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero Dati SDO 2018. Le medicine interne sono pressoché ubiquitarie in tutti gli ospedali italiani rappresentando la specialità con il maggior numero di ricoveri e posti letto.

 La presa in carico e lo sviluppo dei PDTA

“Andrebbe implementato l’uso di piattaforme digitali e applicazioni per il monitoraggio non solo del diabete ma delle condizioni di salute generale della persona – afferma il Professor Montano -.Un altro passo importantissimo – continua – sarebbe la partecipazione degli internisti allo sviluppo e all’implementazione dei Piani diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) e delle Linee guida, ampliando quanto già accaduto per la stesura delle Linee Guida dell’Istituto superiore di sanità sul diabete nel paziente ospedalizzato”.
Il medico internista offre infine un contributo anche nella valutazione dell’interazione tra i farmaci utilizzati per il diabete e quelli per le altre patologie. Per formazione, è sempre portato alla valutazione delle possibili interazioni negative tra farmaci, quindi ciò non solo non rappresenta un ostacolo ma può condividere questa competenza con gli altri specialisti. “Resta tuttavia – conclude il Professor Montano – il problema della possibilità di prescrivere i farmaci antidiabetici: non in tutte le regioni infatti gli internisti possono prescrivere i nuovi farmaci antidiabetici e ciò non comporta solo un ostacolo amministrativo, ma anche una riduzione dell’accesso ai farmaci più innovativi da parte dei pazienti”.

 

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