Sanità 3 Aprile 2025 14:57

Anziani, aumentano i non autosufficienti: “Un milione di badanti sopperisce alle carenze del SSN”

Presentato il settimo Rapporto sullo stato dell'assistenza agli over 65 non autosufficienti in Italia di Cergas Sda Bocconi ed Essity
di I.F.
Anziani, aumentano i non autosufficienti: “Un milione di badanti sopperisce alle carenze del SSN”

La popolazione italiana continua ad invecchiare e mentre aumentano gli anziani non autosufficienti il Sistema Sanitario Nazionale non tiene il passo con le richieste di assistenza e cura in continua crescita. Le residenze per anziani coprono soltanto il 7,6% del bisogno, mentre l’assistenza domiciliare integrata (Adi), pur confermandosi il servizio più diffuso, raggiunge appena il 30,6% degli anziani non autosufficienti e soffre di una riduzione progressiva delle ore medie per utente. I centri diurni offrono una copertura insufficiente, pari allo 0,6% del bisogno. E a sopperire alla carenza nell’offerta dei servizi da parte delle strutture intervengono le badanti, che si stima nel 2023 – tra regolari e irregolari – fossero 1.034.243. Il quadro emerge dal settimo Rapporto sullo stato dell’assistenza agli over 65 non autosufficienti in Italia di Cergas Sda Bocconi ed Essity.

Long Term Care

“Il trend di invecchiamento della popolazione impatta significativamente sul settore Long Term Care (Ltc)”, evidenziano gli autori. Nel 2023 la stima degli anziani non autosufficienti ha superato i quattro milioni (+1,7% rispetto al 2021). Per gli esperti, alla conseguente crescita della domanda di servizi è necessario rispondere creando una connessione sempre più stretta tra residenze per anziani, servizi sanitari ospedalieri e territoriali per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di welfare. Un’integrazione che al momento resta carente. Al centro del report dell’Osservatorio Long Term Car, non a caso, c’è proprio il tema delle interdipendenze tra il settore dell’assistenza agli anziani e altri comparti rilevanti, con l’obiettivo di esplorare, nella prospettiva delle residenze sociosanitarie assistenziali (Rsa), quali siano quelle più rilevanti e come vengano presidiate. I dati raccolti evidenziano “una performance dei servizi carente e inadeguata rispetto alla richiesta degli anziani e delle famiglie”, si legge nel report.

I risultati della survey su 106 residenze per anziani

Un ulteriore aspetto critico evidenziato riguarda le aree di interdipendenza tra Rsa e principali attori sanitari nella presa in carico del paziente anziano. Il Rapporto fa rifermento ai risultati di una survey condotta su 106 residenze per anziani – ognuna delle quali gestisce in media 113 posti letto – che restituisce una fotografia degli scambi e delle connessioni tra Rsa e altri attori del settore. Dall’indagine emergono tre principali evidenze che raccontano alcune criticità del sistema.

  1. La valutazione del bisogno dell’anziano, necessaria per l’accesso in struttura, coinvolge principalmente tre attori: il medico di medicina generale (67,9%), le aziende sanitarie (67,9%), i servizi sociali comunali (69,8%). Emerge che la valutazione del bisogno è parcellizzata e non tiene conto delle caratteristiche dei servizi di cui gli anziani avrebbero bisogno. I rapporti con le strutture avvengono tramite scambi formali e amministrativi, alimentando il rischio di offrire servizi inadeguati o non coerenti con i bisogni dei singoli.
  2. Le residenze per anziani sono lasciate poi autonome nel definire il dettaglio dell’erogazione dei servizi (38% dei casi). Questo fa sì che non si realizzi un’interfaccia strutturata con altri soggetti sanitari, “creando inefficienze e spesso duplicazione dei servizi”. Ciò avviene anche nel caso di attivazione di servizi di urgenza come l’accesso in pronto soccorso o il ricovero ospedaliero.
  3. Le strutture coinvolte affermano che il dialogo è più strutturato su tematiche di governo del sistema e di definizione dei budget, con una relazione strategica con le istituzioni pubbliche su temi specifici e non sul merito dei servizi. In particolare, le residenze socio-sanitarie assistenziali dialogano con l’azienda sanitaria per verifiche sui livelli assistenziali (65%) e sul profilo e caratteristiche degli ospiti (51%), e per la definizione del budget annuale (43%); con la Regione/Provincia autonoma per discussione degli standard di personale (32%) e interlocuzioni sul valore delle tariffe (43%); con i Servizi sociali comunali solo nel 18% dei casi.

Il supporto offerto dalle Rsa

“Le Rsa – commentano Giovanni Fosti, Elisabetta Notarnicola ed Eleonora Perobelli, docenti e ricercatori del Cergas Sda Bocconi – sono diventate punti di riferimento per l’assistenza continuativa. Offrono supporto fondamentale alle famiglie e al sistema sanitario, gestendo anche il fine vita, la demenza e le patologie croniche. Servono, però, approcci innovativi, nuove professionalità specializzate e un’integrazione di servizi e strutture per garantire la sostenibilità del settore Long Term Care nel lungo termine, anche attivando sinergie con altri comparti del sistema di welfare. Nessuna organizzazione può rispondere a queste sfide da sola”, conclude.

Gli esempi virtuosi

Per fortuna, esistono anche delle eccezioni. Il report riconosce alcuni casi virtuosi di innovazione:

  • l’introduzione di un reparto di psico-geriatria negli Istituti riuniti Airoldi e Muzzi (Lecco) per accogliere pazienti con patologie psichiatriche stabilizzate, ma con bisogni sociosanitari cronici;
  • la sperimentazione della funzione di ‘Bed Management’ nell’Asp Golgi Redaelli, attiva nel Milanese, con l’assegnazione di risorse e procedure dedicate per ottimizzare la gestione delle cure intermedie, condividendo informazioni con medici di medicina generale e infermieri di comunità;
  • la creazione di una piattaforma multiservizi, attiva in diverse regioni, per promuovere servizi flessibili e integrati, sia ai cittadini adulti che agli anziani del territorio, attraverso sinergie con professionisti sanitari e altre aziende sociosanitarie;
  • il progetto della residenza per anziani come luogo di inclusione sociale e lavorativa, per favorire l’inserimento di persone con background migratorio, offrendo loro formazione e opportunità di stabilizzazione lavorativa.

 

 

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