Nella città di Deir Al Balah, al centro della Striscia di Gaza, grazie al progetto Inclusive Community Kitchen – la cucina comunitaria – ogni giorno 250 famiglie sfollate (circa 1.750 persone) possono contare su pasti caldi e nutrienti. Nei Paesi nel pieno di una crisi umanitaria chi sopravvive ai bombardamenti soffre la fame. E in questo momento, la popolazione della Striscia di Gaza vive una situazione estremamente critica che, per alcuni aspetti, potrebbe essere definita senza precedenti. Secondo i dati ONU oltre l’80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari e chi sopravvive ai bombardamenti soffre la fame. In situazioni di emergenza come questa, le persone con disabilità sono ancora più vulnerabili poiché spesso non sono incluse nei piani di salvataggio, i loro ausili (come bastoni o sedie a rotelle) possono danneggiarsi, strade e infrastrutture non sono percorribili, non riescono ad accedere agli aiuti. Un altro fattore di rischio riguarda il tasso di occupazione, infatti, secondo gli ultimi rapporti della Banca Mondiale (organizzazione internazionale per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà), il 90% delle persone con disabilità è senza lavoro a causa del conflitto in corso.
La cucina comunitaria è sostenuta da CBM Italia, organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia, insieme ad Atfaluna Society for Deaf Children, partner sul territorio, che promuove l’inclusione sociale, educativa ed economica delle persone sorde nella Striscia di Gaza. A organizzare le operazioni quotidiane, preparare e consegnare i pasti – da giugno 2024 e fino alla fine di aprile di quest’anno – ci sono 20 giovani (10 uomini e 10 donne) con disabilità uditive, diplomati in corsi di cucina, regolarmente assunti. L’Inclusive Community Kitchen è una vera e propria cucina dotata di tutte le attrezzature necessarie per preparare e conservare i pasti, un luogo di supporto per le famiglie, ma anche uno spazio di realizzazione personale in cui i giovani uomini e donne sordi sono al centro della risposta emergenziale.
Il progetto permette loro di acquisire competenze preziose e raggiungere l’indipendenza economica necessaria a prendersi cura delle proprie famiglie, poiché spesso sono gli unici a poterlo fare. Come nel caso di Wafa, una giovane donna sorda, mamma di quattro figli sordi, che non riusciva a trovare un impiego a causa della sua disabilità, fino a quando Atfaluna le ha offerto un posto nella cucina comunitaria e ha ricominciato a sperare nonostante le difficoltà: “Lavorare nella cucina comunitaria è stato un punto di svolta per me, ho ritrovato la fiducia e mi ha garantito un pasto quotidiano e un reddito stabile per prendermi cura dei miei quattro figli, che come me sono sordi, e poi sono molto felice di essere utile a tutta la comunità”. La cucina comunitaria dimostra che la disabilità non è un ostacolo: se vengono offerte opportunità, le persone con disabilità possono guidare, ispirare e generare cambiamenti sociali significativi anche nelle circostanze più difficili.
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