Sono 116.574 i casi di colera e 1.514 i decessi segnatati in soli tre mesi, dal 1 gennaio al 30 marzo 2025, in 25 Paesi del mondo. Il è Sudan del Sud il Paese più colpito, con poco più di 29mila casi (234 casi ogni 100mila abitanti) e 502 decessi. Seguono l’Afganistan con 21.533 casi e otto decessi), la Repubblica Democratica del Congo con 15.785 casi e 297 decessi e lo Yemen con 11.507 casi e nove morti. I dati sono stati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Conflitti, sfollamenti di massa, disastri dovuti a calamità naturali e cambiamenti climatici hanno intensificato le epidemie, in particolare nelle aree rurali e colpite da inondazioni, dove la carenza di infrastrutture e l’accesso limitato all’assistenza sanitaria ritardano le cure – sottolinea l’Organizzazione -. Questi fattori hanno reso le epidemie di colera sempre più complesse e difficili da controllare”.
Il colera, come spiegato dagli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità nella pagina web dedicata, “è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua trasmissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione”. A contribuire alla sua diffusione sono le scarse condizioni igienico-sanitarie e la cattiva gestione degli impianti fognari e dell’acqua potabile sono le principali cause di epidemie di colera. “Il batterio – specificano gli esperti dell’Iss – può vivere anche in ambienti naturali, come i fiumi salmastri e le zone costiere: per questo il rischio di contrarre l’infezione per l’ingestione di molluschi è elevato. Il periodo d’incubazione della malattia varia solitamente tra le 24 e le 72 ore (2-3 giorni), ma in casi eccezionali può oscillare tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del numero di batteri ingeriti. Nel 75% dei casi le persone infettate non manifestano alcun sintomo. Al contrario tra coloro che li manifestano, solo una piccola parte sviluppa una forma grave della malattia”.
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