Una nuova terapia che guarirà 80% dei pazienti che soffrono di stenosi uretrale, un problema frequente negli uomini e meno diffuso tra le donne. Per discutere la nuova tecnica urologi dagli Stati Uniti, Panama, Cina, Vietnam, Africa e Inghilterra s’incontrano all’INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano di Grottaferrata
Sono arrivati da tutto il mondo. Dagli Stati Uniti, Panama, Cina, Vietnam, Africa subsahariana, Inghilterra , per ritrovarsi all’INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano di Grottaferrata per imparare una nuova tecnica per la cura della Stenosi Uretrale. Sono gli urologi che hanno assistito al workshop internazionale urologico che si è svolto nel Centro di eccellenza di Urologia dell’INI. Gli specialisti hanno assistito ad un focus teorico e pratico sull’uso di una nuova protesi per la cura della stenosi uretrale.
La rivoluzione per il trattamento della stenosi dell’uretere in modo mini-invasivo si chiama Allium, una tecnica innovativa che, attraverso l’utilizzo di protesi autoespandibili e un impegno minimo per il paziente, già registra dati promettenti. L’evento nasce dalla collaborazione tra il Centro di Eccellenza di Urologia dell’INI, responsabile dott. Ferdinando De Marco, e il dipartimento di urologia dell’Università di Roma La Sapienza, in particolare nella figura del prof. Gian Piero Ricciuti. Nel Centro INI e dell’Università Sapienza sono state già impiantate circa 100 protesi autoespandibili, con risultati decisamente favorevoli.
Stop a interventi chirurgici a cielo aperto contro le ostruzioni ureterali. Una nuova protesi endoscopica, morbida e resistente nel tempo, permette di dilatare la restrizione in tempi brevi e senza rischi, preservando così la funzione dei reni. “La protesi autoespandibile Allium ha rivoluzionato la storia di patologie che portano all’ostruzione della via escretrice alta e bassa e mettono a rischio la funzionalità renale dei pazienti, con un tipo di chirurgia endoscopica e quindi mini-invasiva e con tempi di degenza operatoria minori di 48 ore – spiega Ferdinando De Marco, responsabile Reparto Urologia INI – Grottaferrata e INI Canistro – La tecnica nasce in Israele, e in Italia noi registriamo la casistica più ampia di pazienti trattati: da settembre 2016 ad oggi, in un anno, circa un centinaio. Di quelli con stenosi dovuta a calcolosi, l’80% ha risolto il problema”.“Le stenosi ureterali possono essere congenite, ma è raro, o acquisite – spiega De Marco – In quest’ultimo caso sono legate, più di frequente, a calcolosi dell’uretere, sono delle cicatrici che occludono il lume dell’uretere, o a compressioni dall’esterno nei pazienti oncologici, con tumori del colon, dell’ovaio, sottoposti a radioterapia. Di solito si interviene con intervento chirurgico a cielo aperto oppure si utilizza un drenaggio interno, uno stent ureterale, che però va sostituito nel tempo.
L’Allium invece è un’endoprotesi studiata per mantenere pervio il lume dell’uretere che si autoespande all’interno dell’uretere e lo dilata”.Rispetto ai trattamenti convenzionali, infatti, Allium presenta diverse novità: “Il vantaggio rispetto ad altri stent è che una volta impiantata la protesi Allium non necessita di essere sostituita – sottolinea l’esperto – e quindi il paziente non deve essere sottoposto a continui interventi chirurgici. Il polimero di cui è ricoperta la maglia di nichel e titanio infatti non consente il formarsi di incrostazioni e facilita il deflusso dell’urina ma, allo stesso tempo, data la struttura in un unico filamento, può essere facilmente rimosso senza traumi, lesioni o ricrescite tissutali. Per di più, nei casi più semplici, risolve il problema”Ma tecnicamente come viene impiantata la protesi? “L’intervento viene eseguito endoscopicamente – spiega De Marco – Le manovre sono molto semplici, si inserisce un filo guida all’interno dell’uretere, si ispeziona per vedere quanto è lunga la stenosi e si sceglie la misura più adatta. Poi, sotto controllo radiologico, si fa espandere la maglia. L’intervento, in anestesia generale o sedazione, dura circa 20 minuti, non ha controindicazioni né da problematiche di rigetto. In ogni caso il paziente deve essere ricontrollato per vedere se la dilatazione del rene che era presente prima è scomparsa. Ma – aggiunge – se nei pazienti oncologici l’intervento è palliativo, l’infiltrazione dall’esterno nell’uretere può andare avanti, quindi la protesi una volta inserita non si tocca, nell’80% dei pazienti con stenosi postcalcolo o postendoscopia l’intervento è stato invece curativo: estraendo la protesi lasciata in sede per 6 mesi-1 anno abbiamo registrato che l’uretere rimaneva allargato”.