Paolo Cola, Segretario Nazionale dell’Associazione Nazionale Professionisti Osteopati, si dice soddisfatto del via libera della Camera ma mette in guardia il Ministero sul rischio di osteopati con una formazione al di sotto degli standard internazionali
«Dopo 30 anni di attesa e dopo che un terzo degli italiani si rivolge all’osteopatia, finalmente lo Stato si è reso conto di quanto fosse necessario regolamentare la professione e la formazione dell’osteopata». A commentare il Ddl Lorenzin, il cui articolo 7 individua l’osteopatia come professione sanitaria, è Paolo Cola, Segretario nazionale dell’Associazione Nazionale Professionisti Osteopati (Anpo). Il provvedimento ha ottenuto il via libera della Camera e attende adesso l’approvazione del Senato. «Siamo ancora a due terzi del lavoro, ma siamo fiduciosi. Ora attendiamo l’approvazione definitiva del testo e poi potremmo dirci realmente soddisfatti e felici».
Non tutto il mondo sanitario ha tuttavia accolto con favore il riconoscimento dell’osteopatia: «Ma si tratta di una minoranza – commenta Cola -. Di fatto la maggior parte dei medici e dei fisioterapisti collabora con gli osteopati. La professione comunque è stata riconosciuta in tutto il mondo, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha emanato delle direttive volte a regolamentarne l’esercizio e la formazione dell’osteopata: l’OMS ha infatti stabilito che servono 4200 ore di formazione per far sì che un osteopata sia tale e sia capace di mettere le mani sulle persone, fare un’anamnesi osteopatica e quant’altro. Inoltre – prosegue il Segretario – alcune sentenze del Tar hanno già messo in evidenza che l’osteopatia non è una professione che si sovrappone con quella del medico o del fisioterapista, ad esempio, ma si tratta di una cosa diversa». Difficile comprendere allora, a detta di Cola, la levata di scudi di parte del mondo medico contro questo articolo del Ddl Lorenzin, che pare stia per giungere al termine di un iter parlamentare particolarmente travagliato. «La Costituzione prevede la libertà di cura, quindi non capiamo perché, se rispetta delle regole, l’osteopata non debba operare, cosa che fa tranquillamente da anni», sottolinea Cola.
Ma chi può definirsi osteopata? Qual è il percorso formativo da seguire per intraprendere questa professione? «Al momento il Ddl Lorenzin non prevede nulla in tema di formazione. Se il testo verrà approvato, la Conferenza Stato-Regioni definirà, entro tre mesi dalla promulgazione della legge, i titoli equipollenti, e le associazioni come l’Anpo dovranno partecipare a questo processo, cercando di coinvolgere il più possibile anche le scuole. Poi sarà il Ministero, sentito il parere del Consiglio Superiore della Sanità e il Consiglio Universitario Nazionale, a decidere sulla formazione. In queste fasi occorrerà fare molta attenzione – avverte Cola -: in un quadro non normato come quello attuale è infatti possibile che ci siano anche realtà formative non adeguate, che non assicurano una formazione sufficiente e che non sono in linea con gli standard internazionali. Chiederemo al Ministero di fare un’attenta analisi dei profili dei diplomati nelle scuole private osteopatiche, valutando l’effettiva formazione di 4200 ore, che devono includere lezioni di anatomia, di fisiopatologia, di neuroanatomia e di altre materie di base insegnate da medici o comunque da laureati in medicina e chirurgia. E ci tengo a precisare questo: le materie mediche devono essere insegnate dai medici, le materia osteopatiche dagli osteopati».
Tra le regole principali da rispettare per poter iscriversi all’Anpo emergono proprio quelle legate alla formazione e all’aggiornamento continuo: «Noi chiediamo ai nostri iscritti di certificare almeno 16 ore di corso d’aggiornamento. La nostra commissione didattico scientifica valuterà poi se quel determinato corso formativo è utile o meno, altrimenti non rinnoviamo l’iscrizione. E questo è a garanzia del consumatore e del paziente, che può quindi essere sicuro che tutti gli osteopati che trova sul nostro sito web hanno adempiuto a questi doveri. D’altro canto – conclude Cola – come in tutte le professioni, dopo la formazione obbligatoria occorre che ci si aggiorni, soprattutto nelle materie mediche, in cui ogni giorno si scoprono cose nuove di cui prima non eravamo a conoscenza. Dunque, per concludere, occorre che il professionista si aggiorni per poter valutare sempre meglio e per curare sempre meglio il cittadino».