Italia e USA a confronto tra il comma 566 e la nuova legge dello Stato di NY
Sono coloro che assistono in casa i nostri anziani, che accompagnano nel tempo i pazienti affetti da malattie croniche, sono sempre in prima linea nella gestione della emergenze sanitarie.
Sono gli infermieri, categoria professionale che negli ultimi 20 anni, in tutto il mondo, ha conosciuto un’impressionante evoluzione. L’aumento dell’aspettativa di vita e i successi della medicina hanno portato ad una progressiva cronicizzazione delle patologie, e l’esigenza di prevenzione e informazione da un lato e di assistenza domiciliare dall’altro sono diventati primari al pari dei processi diagnostici e terapeutici.
Il conto è presto fatto: la figura dell’infermiere professionista si ritaglia in sempre più occasioni un ruolo autosufficiente. Un’attività non più subordinata a quella dello specialista, ma spesso complementare ad essa. Di certo, non c’è più una così netta separazione di mansioni tra le due figure. Le istanze dei rappresentanti della categoria infermieristica parlano chiaro: perché la professione decolli definitivamente è necessario che ai nuovi ruoli ricoperti nella prassi segua un riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni. E, in Italia, questo riconoscimento in parte c’è stato: il comma 566 della nuova legge finanziaria attribuisce nero su bianco agli infermieri una serie di competenze e di autonomie già esercitate de facto, con il plauso della presidente Ipasvi Annalisa Silvestro, che alza la posta e chiede ora “più medicina di iniziativa e più infermieri sul territorio”.
Uno scenario analogo si sta delineando negli USA, dove lo Stato di New York ha di recente approvato una legge che permette agli infermieri di fornire cure primarie senza la supervisione del medico, aggiungendosi ad altri 17 Stati che già prevedevano tale autonomia. Le rimostranze dei medici a stelle e strisce non si sono fatte attendere: com’era da aspettarsi, la resistenza a cedere se non lo scettro una parte di esso, non è di natura puramente deontologica ma anche economica. Per i medici statunitensi, la norma sarebbe frutto di una sovrastima del rapporto costo – efficacia degli infermieri, ed un risparmio di spesa, a conti fatti, potrebbe non esserci. Perché se è vero che gli infermieri costano meno, è vero anche che prescrivono più esami ed indagini diagnostiche. Un gioco a somma zero di cui il sistema sanitario USA farebbe volentieri a meno.