«A queste condizioni noi non abbiamo intenzione di avvicinarci al tavolo contrattuale. Collaboreremo solo se il Governo cambia strategia e decide di investire nella sanità». L’intervista al Presidente CIMO Guido Quici
«Il governo deve dirci una volta per tutte se crede nella sanità oppure no». È laconico il commento di Guido Quici, Presidente della Cimo. A pochi giorni dall’emanazione dell’Atto di indirizzo per la dirigenza e mentre la discussione sulla legge di bilancio si incendia sempre più, la Cimo, per voce del suo Presidente, focalizza l’attenzione su due elementi ritenuti essenziali per poter continuare con la trattativa per il rinnovo del contratto della categoria. È questo infatti l’altro grande tema su cui i sindacati dovranno continuare a lavorare nei prossimi giorni: «Se il governo crede nella sanità allora deve investirvi, altrimenti non si capisce perché le strutture pubbliche sono ritenute un costo e le strutture private un fattore produttivo. Il secondo aspetto – precisa Quici – è che le professioni vanno valorizzate: se si continua a mortificare la professione medica, così come tutte le altre professioni, arriveremo all’esodo o verso la pensione o verso le strutture private. E questo probabilmente è lo stadio terminale verso il quale ci stiamo avvicinando».
«Nessuno ha il coraggio di dire, con chiarezza, che la sanità italiana è in fase di dismissione e che quella pubblica è in saldo» si legge in una nota della Cimo, sottolineando il concetto già espresso dal Presidente ai nostri microfoni. Quello dei fondi per la sanità è stato argomento oggetto di un serrato botta e risposta tra Massimo Garavaglia (Presidente del Comitato di settore Regioni – Sanità) e il Ministro della salute Beatrice Lorenzin, che si sono rimpallati la responsabilità della mancanza di soldi per il SSN. E per il rinnovo del contratto.
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«Assistiamo, davvero con grande sconcerto, al rimpallo di responsabilità tra Governo e regioni su chi dovrà sotto finanziare il rinnovo del contratto di lavoro dei medici e sanitari del SSN», prosegue la nota, che evidenzia anche «la drastica cura dimagrante a danno delle strutture ospedaliere», «l’enunciazione di un piano delle cronicità non operativo perché non finanziato», «l’aumento esponenziale dell’out of pocket a danno dei cittadini» e la« progressiva riduzione dell’offerta sanitaria nei presidi ospedalieri e negli ambulatori». L’ultimo tratto di quello che Quici definisce «un disegno perverso» è «demotivare il personale sanitario per aprire definitivamente la strada alla sanità privata e a chi ha interessi correlati».
«Come CIMO non abbiamo alcuna intenzione di avvicinarci a un tavolo contrattuale a queste condizioni – chiarisce Quici -. E per raggiungere questo obiettivo cercheremo di convincere anche le altre organizzazioni sindacali. Alcune di queste forse la pensano diversamente, e ritengono che l’importante sia mettere una firma e chiudere una questione che poi creerà dei danni a tutti i colleghi. Poi, per carità, se il governo cambia strategia e decide di investire nella sanità saremo i primi a collaborare», prosegue il Presidente.
Intanto, sono poche e dirette le domande che il sindacato dei medici rivolge alle regioni e al governo: «Che fine hanno fatto i risparmi dei fondi aziendali? E il tesoretto delle Regioni sulla mancata sostituzione del personale? Come sono stati utilizzati?».