«È di una gravità inaudita che sia stata inserita una simile domanda nel Progress test di medicina e chirurgia». Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli in merito alla domanda “quali delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?” presente nel Progress test (test per misurare i progressi dell’apprendimento) […]
«È di una gravità inaudita che sia stata inserita una simile domanda nel Progress test di medicina e chirurgia». Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli in merito alla domanda “quali delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?” presente nel Progress test (test per misurare i progressi dell’apprendimento) svolto in questi giorni nelle università italiane con corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. «È francamente incredibile e a dir poco inaccettabile che l’omosessualità sia stata inserita nella categoria delle malattie. Mi auguro che la Conferenza dei corsi di laurea in medicina provveda ad eliminare dall’elenco delle domande del Progress test quel vergognoso quesito, che le risposte ad esso date non siano tenute in considerazione ai fini della valutazione del progresso nell’apprendimento di studentesse e studenti, e che il responsabile di quanto accaduto sia adeguatamente sanzionato».
Il Progress test viene organizzato dalla Conferenza dei Presidenti dei Collegi didattici dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia delle università italiane e non ha nulla a che vedere con l’esame di Stato in Medicina di cui responsabile è il Miur. È nato negli atenei italiani nel 2008 con l’obiettivo di monitorare, attraverso una serie di domande a risposta aperta, i livelli di acquisizione delle competenze effettivamente e progressivamente raggiunte da studentesse e studenti nel corso degli anni dell’iter universitario.
«Discriminazioni, totale mancanza di rispetto, simili livelli di ignoranza sono elementi con cui mai vorremmo venire a contatto – conclude la Ministra Fedeli – tanto meno nelle università italiane, che sono luoghi deputati non solo alla conoscenza, ma all’alta formazione, con tutto quel che questo significa. In termini culturali e di civiltà».