È legittimo offrire ad un medico una cena a base di pizza e birra al posto dell’onorario che gli spetta di diritto? E uno stipendio di 3,50 euro all’ora? E il medico, cosa deve fare quando riceve proposte del genere? «Nel momento in cui un collega accetta una tariffa che viola il tariffario minimo dev’essere […]
È legittimo offrire ad un medico una cena a base di pizza e birra al posto dell’onorario che gli spetta di diritto? E uno stipendio di 3,50 euro all’ora? E il medico, cosa deve fare quando riceve proposte del genere? «Nel momento in cui un collega accetta una tariffa che viola il tariffario minimo dev’essere sanzionato dall’Ordine. Nessuno dev’essere messo in condizioni di prender parte a una sanità low cost». La dottoressa Lucrezia Trozzi, fondatrice del gruppo Facebook “Gmas, Giovani medici anti sfruttamento”, intervistata da Repubblica.it espone la sua proposta per combattere una deriva che negli ultimi tempi si sta facendo sempre più pesante: quella di pagare con moneta diversa dal denaro corrente, o comunque ben al di sotto del minimo, le prestazioni dei camici bianchi: «Mi sentivo in un suq arabo – ha raccontato ancora –. Mi sono ritrovata a dover contrattare il mio onorario per una prestazione di 118, un servizio di emergenza per il quale seguiamo un corso di formazione di oltre mille euro. La responsabile della cooperativa che mi aveva chiamato voleva pagarmi ancora meno della tariffa praticata a Roma, che è di 16 euro l’ora. Poi, tramite passaparola, mi è arrivata un’altra offerta: servizio di ambulanza a una corsa di cavalli. Hanno cercato di convincermi che 13 euro l’ora fossero un compenso adeguato. È stata la prima volta che ho rifiutato un’offerta di lavoro. Mi sono detta che non potevo essere la sola in questa situazione e ho creato il gruppo su Facebook».
«Cari colleghi e care colleghe – si può leggere nella descrizione del gruppo Facebook fondato da Lucrezia Trozzi e dal collega Nicola Pescetelli ad inizio novembre e che conta già 2.800 membri –, abbiamo creato questo gruppo con lo scopo di condividere tra noi le proposte di lavoro che siano risultate inadeguate, come compenso e condizioni, per dei professionisti quali siamo. Chi aderisce al gruppo pensa che un medico sia un professionista, che merita un trattamento in linea con la sua preparazione e le sue responsabilità. Vi preghiamo di ricordare chi siete ogni volta che accettate un incarico, e ci auguriamo che ognuno lotterà, supportato dai colleghi, affinché non esistano più giovani medici sfruttati sul territorio. Se non ci aiutiamo fra noi, nessuno lo farà».
«Ho aperto il gruppo perché mi sentivo sola e impotente – continua Lucrezia su Repubblica.it -, ho scoperto invece che ci sono tantissimi colleghi che la pensano come me. L’obiettivo non è denunciare chi ci fa queste proposte, ma tutelare la professione. Quello che ci interessa è avere l’attenzione degli Ordini provinciali dei medici».